L’Ucraina prova a sfondare in un altro punto del confine: per ora le difese nemiche sembrano tenere. Secondo il «Guardian», Volodymyr Zelensky vorrebbe un attacco dimostrativo nella capitale russa. I suoi inviati illustreranno agli Usa la lista dei target da colpire.
L’Ucraina prova a sfondare in un altro punto del confine: per ora le difese nemiche sembrano tenere. Secondo il «Guardian», Volodymyr Zelensky vorrebbe un attacco dimostrativo nella capitale russa. I suoi inviati illustreranno agli Usa la lista dei target da colpire.Siamo tornati alle guerre napoleoniche: Russia e Ucraina vogliono chiudere la contesa conquistando (o distruggendo) la capitale nemica, proprio come accadeva a suon di cannonate durante i conflitti di inizio Ottocento. E per riuscirci gli eserciti l’un contro l’altro armati mettono in campo i sistemi più sofisticati dell’industria bellica. Il Cremlino, che ormai controlla il 27% del territorio ucraino, da due giorni sta martellando con decine di ondate missilistiche e bombardamenti, che hanno provocato 4 morti e 16 feriti. Offensive con legioni di droni kamikaze si sono registrate anche nei cieli di Kiev, rimasta però impenetrabile grazie all’efficacia dei sistemi di difesa e all’utilizzo dei primi caccia F16 forniti dagli alleati occidentali.I russi hanno comunque dichiarato di aver conquistato una nuova località, Orlivka, nell’Ucraina orientale, a circa 15 chilometri dalla città di Pokrovsk, un importante snodo logistico per le truppe rivali. L’Ucraina, dal canto suo, sta provando a sfondare il confine di Belgorod, dopo l’offensiva del 6 agosto scorso a Kursk, mentre ci sarebbero stati combattimenti nei pressi di Nekhoteyevka e di Shebekino (a Zaporizhzhia, invece, sarebbe morto un bambino per una granata lanciata contro l’auto su cui viaggiava insieme alla famiglia). La situazione, secondo il comando russo, sarebbe «preoccupante» ma non «disperata». Le truppe di Mosca starebbero tenendo la linea respingendo gli assalti nemici.Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, vorrebbe però osare di più: il Guardian ha riferito, infatti, citando alti funzionari a lui vicini, che il leader in maglietta mimetica intenderebbe lanciare un «attacco dimostrativo» su obiettivi vicino a Mosca o San Pietroburgo usando missili da crociera Storm Shadow forniti dal Regno Unito per «spingere una rivalutazione al Cremlino». Gli Stati Uniti non avrebbero, tuttavia, dato ancora il via libera all’iniziativa. Intanto, secondo Politico, gli inviati ucraini, il ministro della Difesa Rustem Umerov e il consigliere senior del presidente Andriy Yermak, attesi questa settimana a Washington, presenteranno agli americani una lista di target a lungo raggio di alto valore da colpire in Russia.Un programma bollato dal ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov come un «ricatto». «Kiev sta scherzando con il fuoco», ha aggiunto il falco di Mosca. «Queste richieste», ha aggiunto, «servono a dimostrare che l’Occidente vuole evitare un’eccessiva escalation, ma in realtà è un inganno. L’Occidente non vuole evitare l’escalation». E, rivolgendosi direttamente agli Usa, ha scandito: «La terza guerra mondiale non riguarderebbe soltanto l’Europa». A fargli eco il suo vice, Sergey Ryabkov, che ha definito «un fatto evidente» il (presunto) coinvolgimento degli Usa nell’organizzazione dell’offensiva ucraina a Kursk. «Si stanno osservando le conseguenze pratiche di quella che non è un’accusa, ma una realtà oggettiva», ha ribadito, nonostante Washington sostenga di non essere stata informata dell’attacco. Sul raid del 6 agosto, voluto da Zelensky, ha espresso perplessità anche la Cina, da tempo ormai vicina al Cremlino e allo zar. Li Hui, rappresentante speciale di Pechino per gli Affari eurasiatici, ha criticato il sostegno di Usa ed Europa a Kiev: «Tutte le parti sono preoccupate che l’Occidente continui ad allentare le condizioni affinché l’Ucraina colpisca il territorio russo con le armi fornite», ha sottolineato Li. «L’operazione nel Kursk non è collegata a nessuno dei punti della formula di pace», è invece «collegata al secondo summit per la pace» perché «è uno dei punti del piano dell’Ucraina», ha attaccato Zelensky smentendo anche il Washington Post che aveva attribuito all’incursione nell’oblast russo la responsabilità del fallimento delle trattative di Doha. «L’operazione a Kursk e la riunione in Qatar non sono assolutamente collegate», ha voluto specificare Volodymyr, aggiungendo che su Kursk ci sono «obiettivi completamente differenti». Quanto alla possibilità che Mosca decida di partecipare a un nuovo summit, Zelensky è possibilista. «Rappresentanti della Russia parteciperanno al secondo summit della pace se lo vorranno», ha spiegato. Un piano che dovrebbe essere presentato a settembre al presidente americano Joe Biden e ai candidati alle presidenziali di novembre, Kamala Harris e Donald Trump. Un «piano per la vittoria», lo ha definito. Al momento, ha spiegato Zelensky, «il dialogo con il dittatore russo Vladimir Putin è inutile» e questo perché non è intenzionato a «porre fine alla guerra diplomaticamente». Putin, secondo Zelensky, vuole la «diplomazia», ma alle sue condizioni. «Il dialogo con lui è attualmente privo di significato, non vuole porre fine alla guerra diplomaticamente. Vuole “diplomaticamente” che gli venga concesso il 30 per cento del nostro territorio».Intanto il direttore generale dell’Aiea, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, Rafael Mariano Grossi, nel corso di una conferenza stampa dopo aver ispezionato di persona la centrale nucleare di Kursk, lancia l’allarme: «C’è il pericolo di un incidente nucleare nella regione di Kursk», ha detto. L’impianto nucleare «sta lavorando quasi in condizioni quasi normali», ha spiegato, ma «insieme ai colleghi russi analizzeremo come evitare un incidente nucleare», perché «c’è il rischio di un incidente nucleare nella regione di Kursk». Avendo «visto le conseguenze dell’attività militare vicino alla centrale», Grossi ha dichiarato che proprio «le azioni militari vicino all’impianto rappresentano un pericolo per la sua sicurezza». «Prematuro», ha aggiunto, «paragonare la situazione a Kursk a quella a Chernobyl».
Roberto Scarpinato, ex magistrato e senatore del M5s (Imagoeconomica). Nel riquadro Anna Gallucci, pubblico ministero e già presidente dell’Anm a Rimini
La pm Anna Gallucci: «A Termini Imerese raccolsi elementi anche su politici progressisti, ma il mio capo Cartosio indicò di archiviarli, “d’intesa con Scarpinato”. Rifiutai, poi subii un procedimento disciplinare». Sarebbe questa l’indipendenza minata dal governo?
Anna Gallucci ricopre la funzione di pubblico ministero a Pesaro, dopo avere fatto il sostituto procuratore anche a Rimini e Termini Imerese. È relativamente giovane (è nata nel 1982) e ha svolto vita associativa: è iscritta alla corrente moderata di Magistratura indipendente ed è stata presidente della sottosezione riminese dell’Associazione nazionale magistrati. Ha lasciato la carica dopo il trasferimento nelle Marche, sua terra di origine. Nel 2022 si era espressa contro il vecchio referendum sulla responsabilità civile delle toghe e aveva manifestato giudizi negativi sulla separazione delle carriere. Ma adesso ha cambiato idea ed è molto interessante ascoltare le sue motivazioni.
Tra realtà e ipotesi fantasiosa, l’impresa aerea tra le più folli degli ultimi 50 anni dimostrò una cosa: la difesa dell’Unione Sovietica non era così potente e organizzata come molti pensavano.
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio (Imagoeconomica)
Oltranzisti rumorosi, ma via via più isolati. Alle urne ci sarà l’occasione di porre fine a 30 anni di ingerenze politiche.
Credo che la maggioranza dei magistrati non sia pregiudizialmente contraria alla separazione delle carriere e che anzi veda persino di buon occhio il sorteggio per l’elezione dei consiglieri del Csm. Parlando con alcuni di loro mi sono convinto che molti non siano pronti alla guerra con il governo, come invece lasciano credere i vertici dell’Anm. Solo che per il timore di essere esposta alla rappresaglia delle toghe più politicizzate, questa maggioranza preferisce restare silenziosa, evitando di schierarsi e, soprattutto, di pronunciarsi.
Elly Schlein (Ansa)
Corteo a Messina per dire no all’opera. Salvini: «Nessuna nuova gara. Si parte nel 2026».
I cantieri per il Ponte sullo Stretto «saranno aperti nel 2026». Il vicepremier e ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, snocciola dati certi e sgombera il campo da illazioni e dubbi proprio nel giorno in cui migliaia di persone (gli organizzatori parlano di 15.000) sono scese in piazza a Messina per dire no al Ponte sullo Stretto. Il «no» vede schierati Pd e Cgil in corteo per opporsi a un’opera che offre «comunque oltre 37.000 posti di lavoro». Nonostante lo stop arrivato dalla Corte dei Conti al progetto, Salvini ha illustrato i prossimi step e ha rassicurato gli italiani: «Non è vero che bisognerà rifare una gara. La gara c’è stata. Ovviamente i costi del 2025 dei materiali, dell’acciaio, del cemento, dell’energia, non sono i costi di dieci anni fa. Questo non perché è cambiato il progetto, ma perché è cambiato il mondo».






