2023-07-26
Kiev: «Controffensiva in ritardo». E l’Ue versa altri aiuti da 1,5 miliardi
Gli invasi confermano la lentezza dell’avanzata, mentre Mosca guadagna terreno a Donetsk. Presto a Volodymyr Zelensky altri tank dalla Spagna, oltre al denaro da Bruxelles. Allarme Aiea: «Mine vicino alla centrale di Zaporizhzhia».Francia e Germania contro la proroga del divieto di import chiesta dai Paesi confinanti con l’Ucraina. Il Cremlino ribadisce l’impossibilità di un’intesa e attende i leader africani.Lo speciale contiene due articoli.Che la controffensiva ucraina vada a rilento ormai non è più una notizia. Sono gli stessi ucraini ad ammetterlo, ma su ciò che ha causato questa parziale sconfitta c’è ancora molto da dire. Rivista Italiana Difesa, che segue da vicino il conflitto, scrive che molto del ritardo è dovuto all’impreparazione delle unità. Le forze di Kiev, insomma, sono partite quando ancora non erano pronte. Costrette alla partenza forse dalla troppa comunicazione che si era fatta intorno al tema. Troppo poco tempo per impiegare al meglio mezzi di concezione molto diversa, debole supporto aereo, non compensato dal fuoco in profondità dell’artiglieria. E poi le difese russe - scaglionate in profondità, indurite e intervallate da estesi campi minati - affrontate peraltro con pochi veicoli specializzati del Genio. Oryx, il sito web olandese di analisi sulla difesa e l’intelligence, parla di 45 Bradley perduti (non si sa quanti recuperabili, forse una decina) e di undici Leopard 2. «Secondo nostre fonti sul campo» scrive Rid, «le perdite in realtà sarebbero più alte: una sessantina di Bradley - cifra peraltro compatibile con i 77 Bradley di nuova fornitura annunciati dagli americani dall’inizio della controffensiva - e una ventina di Leopard 2 (il 25% dei Leopard 2 forniti a Kiev). Numeri in ogni caso molto alti, e nel medio-lungo periodo non sostenibili (a meno che le fabbriche in Occidente non vengano poste in regime di guerra... per davvero). Carri e blindati, allo scoperto, sono rimasti vittime dell’artiglieria, dei campi minati e degli elicotteri da combattimento russi, che hanno iniziato ad usare in maniera più sistematica missili controcarro». Intanto all’inizio di agosto saranno consegnati alle forze armate ucraine gli ultimi quattro carri armati Leopard 2A4 che la Spagna aveva promesso tempo fa al governo di Kiev: i mezzi, informa una nota del ministero della Difesa spagnolo, sono partiti ieri dal porto di Santander su una nave con altro materiale militare e umanitario. Oltre ai tank, sono stati spediti dieci veicoli blindati M-113 per il trasporto delle truppe, dieci camion da carico, un veicolo blindato multiuso e cinque ambulanze, di cui due blindate. Intanto, ieri la Casa Bianca è tornata sull’attentato con i droni ucraini del giorno precedente: «Per quanto riguarda gli attacchi con i droni a Mosca, siamo stati chiari sul fatto che, in generale, non sosteniamo gli attacchi all’interno della Russia». Dall’Unione europea intanto arriva la sesta tranche di aiuti. Lo annuncia la presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen: «Mentre la Russia continua la sua guerra spietata, noi continuiamo a sostenere l’Ucraina. Oggi abbiamo versato altri 1,5 miliardi di euro per contribuire al funzionamento dello Stato e alla riparazione delle infrastrutture. Ne arriveranno altri». E arrivano anche nuove indiscrezioni dal Washington Post, secondo cui i servizi di sicurezza russi avevano avvertito il presidente Vladimir Putin con almeno due o tre giorni di anticipo che il fondatore del gruppo Wagner, Yevgeny Prigozhin, stava preparando una possibile ribellione. Nonostante questo, però, il presidente russo non avrebbe fatto nulla. Mentre ieri la Duma ha deciso di innalzare dai 27 ai 30 anni il limite massimo per la chiamata alla leva dei russi. Passando al campo di battaglia, Mosca avrebbe riconquistato 2 km in 24 ore a Donetsk, e accusa Kiev di aver tentato di attaccare una nave russa nel Mar Nero. Ed è proprio lì che la situazione è sempre più tesa a causa dello stop all’accordo sul grano. I media russi riportano che il traffico di traghetti e barche nella baia di Sebastopoli è stato sospeso. Il Guardian rivela che l'ambasciatrice del Regno Unito presso le Nazioni Unite, Barbara Woodward, ha affermato che la Russia ha piazzato ulteriori mine nel Mar Nero e potrebbe attaccare navi civili. Queste informazioni sono state condivise dal primo ministro britannico Rishi Sunak con l’intelligence ucraina e con il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, durante il loro colloquio telefonico di ieri. E di altre mine si parla anche riguardo la centrale nucleare di Zaporizhzhia. In un comunicato viene spiegato infatti che, durante una perlustrazione del 23 luglio scorso, la squadra dell’Aiea ha trovato alcune mine situate in una zona cuscinetto tra le barriere perimetrali interne ed esterne del sito. Gli esperti hanno riferito che si trovavano di fronte all’impianto e non nei reattori come si diceva. «Come ho riferito in precedenza, l’Aiea era a conoscenza del precedente posizionamento di mine al di fuori del perimetro del sito e anche in particolari punti all’interno. La nostra squadra ha fatto presente questa specifica scoperta e gli è stato detto che si tratta di una decisione militare e in un’area controllata», ha affermato il capo dell’Aiea, Rafael Grossi. «Ma avere tali esplosivi sul sito è incoerente con gli standard e le linee guida sulla sicurezza nucleare. Questo crea ulteriore pressione psicologica sul personale dell’impianto». Infine, chiarisce che «la valutazione iniziale basata sulle proprie osservazioni e sui chiarimenti dell’impianto è che qualsiasi detonazione di queste mine non dovrebbe influire sui sistemi di sicurezza e protezione nucleare del sito».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/kiev-controffensiva-in-ritardo-2662478484.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="in-europa-scoppia-la-lite-sul-grano" data-post-id="2662478484" data-published-at="1690358334" data-use-pagination="False"> In Europa scoppia la lite sul grano Lo scorso aprile, la Commissione europea ha autorizzato cinque Stati membri confinanti con l’Ucraina - Polonia, Ungheria, Slovacchia, Bulgaria e Romania - a vietare la commercializzazione dei cereali ucraini sul loro territorio, a condizione che non impedissero il transito verso altri Paesi. Le restrizioni richieste da questi Paesi servono a ridurre l’impatto sui prezzi dei mercati locali che non hanno retto il grande afflusso dei prodotti agricoli ucraini. Le misure sarebbero dovute terminare intorno a metà settembre, ma i cinque Paesi hanno chiesto una proroga fino a fine anno. Parigi e Berlino, però, si oppongono, denunciando insieme ad altri Paesi dei 27 Stati membri dell’Ue la distorsione del mercato in questo settore. Proroga ritenuta «inaccettabile», ovviamente, anche da Kiev. «In Polonia si registra una situazione difficile sui mercati dei cereali, dei frutti di bosco e del latte. I prezzi sul mercato dei cereali sono ancora in calo e la situazione è ulteriormente complicata dall’incertezza sul proseguimento del funzionamento del corridoio del grano nel Mar Nero». È preoccupato il ministro dell’Agricoltura polacco, Robert Telus, che a Bruxelles ha ribadito ai suoi omologhi Ue la richiesta di Polonia, Ungheria, Romania, Bulgaria e Slovacchia di prolungare il divieto di importazione di grano, mais, colza e semi di girasole dall’Ucraina fino alla fine dell’anno. La Polonia ci tiene a precisare che queste azioni non sono dirette contro nessuno, ma servono piuttosto a difendere gli interessi degli agricoltori nei Paesi dell’Unione Europea. Sul tema è intervenuta pure l’Ungheria: «Proponiamo di migliorare i corridoi di solidarietà e fornire sostegno finanziario dell’Ue per i costi di trasporto per garantire che il grano raggiunga le destinazioni previste - ha detto il ministro dell’Agricoltura Istvan Negy - Questo per evitare che i prodotti ucraini inondino i mercati europei, rendendo i raccolti europei invendibili e che i Paesi in via di sviluppo si affidino alla Russia per i loro bisogni». Il rischio c’è. Tanto che San Pietroburgo ospiterà questa settimana i leader africani per il secondo vertice Russia Africa in programma il 27 e il 28 luglio, dove parleranno 17 leader africani. Al centro del dibattito, anche lì, la fornitura del grano. Il presidente russo Vladimir Putin ha precisato: «Voglio assicurare che il nostro Paese è in grado di sostituire il grano ucraino sia su base commerciale che gratuita. Nonostante le sanzioni, la Russia continuerà a adoperarsi per fornire forniture di cereali, prodotti alimentari, fertilizzanti e altri beni all’Africa». Un esponente del Cremlino ha riferito all’agenzia di stampa Ria Novosti che, durante il summit in programma nel fine settimana tra la Russia e diversi Paesi dell’Africa, per trattare il tema delle importazioni e delle esportazioni di grano, saranno almeno 17 i leader africani che prenderanno la parola. Il mondo si augura e spera però che Putin torni sui suoi passi e decida di rinnovare l’intesa sul grano. Speranze abortite dalle continue dichiarazioni che arrivano in senso contrario. L’ultima ieri: «Sfortunatamente al momento è impossibile tornare all’accordo sul grano perché non è in fase di attuazione» ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ma ha ribadito ancora una volta che si potrebbe rinnovare nel caso in cui si rimuovessero gli ostacoli alle esportazioni russe di cereali e fertilizzanti. Nel frattempo, sono diversi i tentativi di mediazione. Il primo ministro britannico Rishi Sunak ieri mattina ha avuto un colloquio telefonico con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Ha spiegato di star lavorando a stretto contatto con la Turchia per ripristinare l’intesa sull’export dei cereali attraverso il Mar Nero.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)
Ecco #DimmiLaVerità del 17 settembre 2025. Il nostro Giorgio Gandola commenta le trattative nel centrodestra per la candidatura a presidente in Veneto, Campania e Puglia.