2025-04-22
L’incredibile «governo Goebbels» prima del crollo totale del Reich
Joseph Goebbels, ministro della Propaganda durante il governo di Adolf Hitler (Getty)
Tra il suicidio di Adolf Hitler e quello del suo ministro della Propaganda, quest’ultimo resse per 30 ore un «esecutivo» che cercò un accordo con i sovietici. Il libro di un giornalista italiano racconta questa catastrofe nella catastrofe.Esattamente ottant’anni fa, nell’aprile del 1945, il mondo ha assistito, quasi senza accorgersene, alle 30 ore del governo più breve e scellerato della storia. Il governo Goebbels.Ma partiamo dall’antefatto. Undici anni prima, Adolf Hitler decise che il suo successore sarebbe stato Hermann Goering. Usurpato il potere presidenziale con un referendum falsificato da violenze e uccisioni e celebrato il primo agosto del 1934 a cadavere di Paul von Hindenburg ancora caldo, il 13 dicembre di quell’anno fece approvare un decreto molto particolare sul «successore del Führer e del cancelliere del Reich». Un atto del tutto sganciato da qualsiasi logica costituzionale, politica e civile, che gli avrebbe consentito di poter scegliere direttamente il suo successore «in caso di sua morte o di qualsiasi altro scarico degli uffici congiunti di presidente del Reich e cancelliere del Reich». Al di là del chiaro reato costituzionale, questo decreto con forza di legge fu sempre trattato dal regime come una «materia segreta del Reich» e non fu mai pubblicato sul Reichsgesetzblatt (l’equivalente della nostra Gazzetta ufficiale). In ogni caso, per Hitler e per il suo cerchio magico, il decreto aveva un valore sacrale e un fitto carteggio successivo, e sempre segreto, assegnò la carica di Nachfolger, successore, al capo delle Ss, il fedelissimo Himmler.Le cose, però, non andarono come Hitler sognava. Dopo i primi anni di guerra, Goering cade presto in disgrazia per i suoi modi grossolani e soprattutto per il fallimento della Luftwaffe, l’aeronautica militare tedesca: Hitler si fida più di Himmler e lo indica come nuovo successore. Nell’aprile del 1945, però, quando solo la follia del bunker lasciava sperare gli zombie del nazismo che la guerra potesse ancora essere vinta, Himmler tradisce cercando di trattare con gli inglesi attraverso l’ambasciata svedese e Hitler cambia rapidamente successore. Incarica Josef Goebbels, lui sì realmente fedele fino alla morte, irriducibile e cieco servitore del Führer. Il ministro della propaganda prese la cosa molto sul serio, sentì sulle sue spalle il peso di quel che restava del Reich millenario, svanito tra le bombe chiamate dai suoi stessi cantori sul suolo germanico.Il 30 aprile del 1945 Hitler si uccise nella sua angusta stanza di cemento armato e, nominato via testamento, Goebbels divenne cancelliere. Resterà in carica trenta ore prima di uccidersi a sua volta, insieme alla moglie Magda, dopo aver avvelenato i suoi sei figli. Trenta ore di morte e menzogne, raccontate nel dettaglio come mai era stato fatto (né in Italia, né in Germania) nel libro di Giovanni Mari Il governo Goebbels, edito da Lindau (220 pagine, 19 euro). In queste trenta ore il gerarca provò concretamente a condurre una politica sua, sia interna sia estera, ancorché in una stralunata atmosfera infernale, in mezzo ai colpi di cannoni dei sovietici che stavano divorando Berlino.Seppellito malamente il cadavere di Hitler, Goebbels radunò tutti nella sala piccola delle conferenze e indicò la priorità: trovare un sistema per legittimare il suo governo davanti ai russi impedendo qualsiasi sortita sia di Goering, sia di Himmler, credendoli alle prese con la costituzione di un loro esecutivo antagonista. Li confortava la posizione del generale Wilhelm Mohnke: cooperare con i sovietici era in quel momento «la via più solida per salvare almeno parzialmente la Germania». Per questo dovevano celebrare formalmente la proclamazione e riunire velocemente l’intero nuovo governo. Poco importava che per Hitler i russi fossero i nemici assoluti, le bestie mongole da abbattere a ogni costo. Allo stesso modo, però, per Goebbels era chiaramente impossibile pensare a una capitolazione di Berlino, perché ai suoi occhi avrebbe compromesso la costituzione stessa del nuovo gabinetto. Doveva ottenere una tregua per consentire l’atto formale della riunione del governo e il suo insediamento pubblico, nonché il suo riconoscimento ufficiale. Decise di inviare il generale Hans Krebs al quartier generale dei russi nella porzione occupata della capitale.Goebbels fu perentorio sull’ordine di successione degli avvenimenti da proporre ai sovietici: tregua su Berlino, annuncio della morte di Hitler, proclamazione e riconoscimento del nuovo assetto del Reich (presidente, cancelliere e lista dei ministri), trattativa successiva ed eventuale capitolazione. Il tutto attraverso colloqui esclusivamente russo-tedeschi. Per Goebbels era «necessario un certo lasso di tempo per consentire al nuovo governo di riunirsi sotto Dönitz (Karl, ndr) in modo tale da poter trattare con il governo sovietico».Goebbels accettò la proposta operativa dei generali di trasmettere un messaggio radio in chiaro, su canali aperti, in modo che il quartier generale russo potesse intercettarlo con estrema facilità. Il radiogramma, ripetuto più volte, conteneva la richiesta di inviare un parlamentare al maresciallo Georgij Zukov, «per appurare se fosse disposto a conferire con un membro del nuovo governo tedesco». Questi, a sorpresa, rispose in modo favorevole: ne ragionò con il suo Stato maggiore e delegò il generale Vasily Chuikov.Goebbels e i suoi discussero su quali documenti consegnare a Krebs e da portare al Comando supremo dell’Armata rossa. Decisero innanzitutto di mettere nero su bianco il mandato per il suo capo di Stato maggiore, al fine di rendere solenne e ufficiale l’ambasciata. Dettò alle segretarie del bunker un messaggio, su carta intestata della Cancelleria del Reich, con la data del 30 aprile 1945, un testo asciutto, ma esplicito. Le segretarie lo batterono con la macchina da scrivere di Hitler, che aveva caratteri fuori misura, enormi, almeno tre volte più grandi di quelli normali, studiati e realizzati per superare i problemi di vista del dittatore. Ecco il testo: «Autorizziamo il capo di Stato maggiore dell’Esercito, generale di fanteria Hans Krebs, a trasmettere il seguente messaggio: «Comunico al capo dei popoli sovietici, come primo non tedesco, che oggi, 30 aprile 1945, alle 15.50, il Führer del popolo tedesco, Adolf Hitler, si è suicidato. In conformità con le sue disposizioni (testamento) legalmente emesse, egli ha trasferito il suo potere e la sua responsabilità al Grand’ammiraglio Dönitz, come presidente del Reich e al Ministro Dott. Goebbels, come cancelliere del Reich […]. Il capo di Stato maggiore è autorizzato dal nuovo cancelliere del Reich a stabilire un contatto diretto con il capo dei popoli sovietici. Tale contatto ha come obbiettivo di chiarire in quale misura esista una possibilità per stipulare le fondamenta per una pace tra il popolo tedesco e l’Unione Sovietica, fondamenta che serviranno per il bene e il futuro di entrambi i popoli, che hanno subito le maggiori perdite in guerra»».Il governo Goebbels - Trenta ore di morte e menzogne ricostruisce passo passo il tormentato cammino di Krebs verso i russi, il suo colloquio con i capi dell’Armata rossa e il fallimento delle sue trattative. Giovanni Mari ripercorre le tappe storiche verificate negli archivi sulle ultime ore del nazismo custoditi prima dai sovietici e poi dai tedeschi della Ddr. E indaga sugli aspetti psicologici dei protagonisti, ormai evidentemente distaccati dalla realtà. Il dialogo tra Krebs e Chuikov rappresenta l’acme della vicenda: il generale tedesco è sudato e trasandato, l’omologo sovietico è superbo e pungente. E riesce a bluffare, gelando il nazista: «Sappiamo bene che Hitler è già morto». È il grimaldello per respingere qualsiasi tipo di trattativa e per schiacciare Krebs all’angolo: «No, non ho null’altro da offrire se non quanto vi ho proposto», ammette a un certo punto il Capo di stato maggiore tedesco, «e per qualsiasi altro dettaglio devo chiedervi di contattare direttamente Goebbels». Chuikov affonda con facilità, scaraventando in faccia a Krebs le cifre del successo russo a Berlino. Krebs ammutolisce, chiede acqua e panini, cerca di riposare qualche minuto, fino a proporre di stendere un filo telefonico fino al bunker in modo da continuare una trattativa che sopravvive solo nella sua mente.La situazione precipita proprio quando Krebs torna al bunker a mani vuote, il primo maggio del 1945, dopo una tormentata camminata a piedi tra i crateri, i cadaveri e le imboscate. Goebbels respinge ogni possibilità di riflettere e, prima di chiudersi nella sua stanza, dirama un brutale ordine: fucilare chiunque quella notte tentasse di raggiungere i russi. L’abisso si impossessa nuovamente e pienamente di Goebbels e di Berlino: si rinnova l’impegno dei Greifkommandos, fanatici cani sciolti delle Ss che dal 23 aprile, quando tutto è già ormai in irrecuperabile rovina, vanno a caccia di disertori, traditori o uomini in fuga. Poche ore dopo, Goebbels si uccide.
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