2025-05-04
Lotta al Jobs act e stipendio minimo. La Schlein «svende» il Pd a Landini
Maurizio Landini e Elly Schlein (Ansa)
Il segretario impone ai riformisti dem di votare i referendum della Cgil che aboliscono le norme da loro stessi votate e abbassano ancora di più le retribuzioni. Così facendo consegna il partito al leader del sindacato rosso.Maurizio Landini, segretario Cgil, lamenta il fatto che metà del Paese non sa nulla dei referendum che ha promosso per abrogare pezzi del Jobs act e per riavvolgere l’orologio giuslavoristico a una ventina di anni fa. La proposta è votare l’8 e il 9 giugno per cinque quesiti: quattro riguardano il mercato del lavoro e il reintegro per licenziamento ingiustificato, il quinto propone di ridurre a cinque anni il requisito della residenza per ottenere la cittadinanza. La critica Landini dovrebbe rivolgerla a sè stesso visto che è sempre sui giornali, in tivù e nelle piazze. Ovunque tranne che nelle fabbriche. Forse metà del Paese sa che si tratta di quesiti ideologici completamente scollegati dalla realtà del lavoro e quindi intuisce che la marcia della Cgil non è diretta verso le fabbriche o gli uffici ma verso la leadership della sinistra. Attraverso un cammino in cui Elly Schlein sembra voler consegnare il partito a un membro esterno che detta la linea. Aumentano infatti le pressioni sulla parte riformista del Pd perché accetti di autoannullarsi e di cancellare un percorso di oltre 15 anni. Va ricordato che chi oggi rappresenta Base, ieri aveva votato per quella riforma del lavoro che pur con vari limiti ha dato alcune risposte adatte a quella congiuntura. Chiaro, il mondo è cambiato velocemente nell’ultimo decennio. Solo che la proposta attuale è del tutto anacronistica e abbracciarla ammanta il tutto di mero significato politico. La Schlein in questo modo azzererebbe l’opposizione interna anche a costo di tagliare il ramo su cui sta seduta. Quello che negli anni ha consentito (raramente nel bene, spesso nel male) di dire la sua su una fondamentale componente sociale del Paese. Non è un caso se Giuseppe Conte, leader dei nuovi 5 stelle, ha iniziato il cammino assieme a Pd e Cgil, per poi prendere le distanze. E sterzare del tutto su politiche tanto pericolose quanto identitarie. Il M5s si sta concentrando sull’elettorato rimasto orfano dalla droga del reddito di cittadinanza. È una scelta scellerata per il Paese ma comprensibile ai fini elettorali. L’esatto opposto, insomma, della strada imboccata dalla Schlein. A confermarlo ieri è arrivata una irritata e pesante intervista di Tito Boeri sulle colonne de La Stampa. L’ispiratore della legge che ha riformato il mercato del lavoro, l’economista della Bocconi è convinto che l’eventuale vittoria del sì non farebbe altro che peggiorare il livello dei salari, il grande male italiano. «L’occupazione sale, i salari continuano a restare bassi. Perché?», chiede l’intervistatore cogliendo nel segno e afferrando il problema concreto dei lavoratori. «Sono due facce della stessa medaglia: se il costo del lavoro diminuisce, le imprese tendono ad assumere di più. Purtroppo i salari in Italia non hanno tenuto il passo dell’inflazione come in altri Paesi: stiamo parlando di una perdita del potere d’acquisto del dieci per cento rispetto a quattro anni fa, soprattutto nei servizi», spiega Boeri. Che sui referendum è letteralmente lapidario. «Chi sostiene questi referendum non ha capito nulla di ciò che sta accadendo: irrigidire le regole non può che peggiorare la situazione salariale. Se i quesiti passassero, sarebbe l’ennesimo disincentivo agli investimenti di imprese innovative in Italia. Per essere innovativi bisogna prendere grandi rischi di fallire: in questo modo aumenterebbero invece i costi dei fallimenti». D’altronde più passa il tempo è più sembra chiaro l’obiettivo dei quesiti: garantire un futuro ai sindacati più che ai dipendenti. Che è il medesimo obiettivo della campagna sul salario minimo. Il Pd ha abbracciato pure queste missione, ma non spiega che i 9 euro lordissimi auspicati non sono altro che 6,7 euro netti. La media dei contratti italiani è superiore agli 11 euro. Che - ricordiamolo - sono comunque pochi. La media è bassa perché si sono verificati casi in cui le stesse sigle che perorano la causa dei referendum hanno messo la propria firma sotto Ccnl miseri con paghe orarie sui 5 euro. Senza contare le innumerevoli trattative bloccate dalla Cgil con l’intento di accrescere la visibilità politica a discapito delle buste paghe degli iscritti. Certo, il tema è complicato e sul futuro del mondo del lavoro incombe anche la denatalità. Ieri la Cgia di Mestre ha ricordato che fra dieci anni in Italia ci saranno circa 3 milioni in meno di lavoratori, mentre da due anni a questa parte cresce quasi solo la componente degli over 50. Significa che i giovani sono vittime due volte. E su questo aspetto maggioranza, opposizione e associazioni dovrebbero sedersi e trovare strategie comuni. La propaganda non aiuta nessuno. Così come una volta per tutti bisognerebbe affrontare in un colpo solo i fallimenti delle politiche attive sul lavoro e la distanza siderale che c’è tra il mondo della scuola e quello delle aziende. Se le politiche attive funzionassero si potrebbe anche consentire alle aziende di integrare nuovi lavoratori e fare uscire quelli che si nascondono dietro gli scudi sindacali per azzerare la propria improduttività. Lo stesso discorso accennato da Boeri sui fallimenti delle aziende che ravvivano il mercato.
Alpini e Legionari francesi si addestrano all'uso di un drone (Esercito Italiano)
Oltre 100 militari si sono addestrati per 72 ore continuative nell'area montana compresa tra Artesina, Prato Nevoso e Frabosa, nel Cuneese.
Obiettivo dell'esercitazione l'accrescimento della capacità di operare congiuntamente e di svolgere attività tattiche specifiche dell'arma Genio in ambiente montano e in contesto di combattimento.
In particolare, i guastatori alpini del 32° e i genieri della Legione hanno operato per tre giorni in quota, sul filo dei 2000 metri, a temperature sotto lo zero termico, mettendo alla prova le proprie capacità di vivere, muoversi e combattere in montagna.
La «Joint Sapper» ha dato la possibilità ai militari italiani e francesi di condividere tecniche, tattiche e procedure, incrementando il livello di interoperabilità nel quadro della cooperazione internazionale, nella quale si inserisce la brigata da montagna italo-francese designata con l'acronimo inglese NSBNBC (Not Standing Bi-National Brigade Command).
La NSBNBC è un'unità multinazionale, non permanente ma subito impiegabile, basata sulla Brigata alpina Taurinense e sulla 27^ Brigata di fanteria da montagna francese, le cui componenti dell'arma Genio sono rispettivamente costituite dal 32° Reggimento di Fossano e dal 2° Régiment étranger du Génie.
È uno strumento flessibile, mobile, modulare ed espandibile, che può svolgere missioni in ambito Nazioni Unite, NATO e Unione Europea, potendo costituire anche la forza di schieramento iniziale di un contingente più ampio.
Continua a leggereRiduci
A Dimmi La Verità Stefania Bardelli, leader del Team Vannacci di Varese, fa chiarezza sul rapporto con la Lega e sulle candidature alle elezioni degli esponenti dei team.