2024-01-27
Djokovic cede il trono: è iniziata l’era Sinner
Jannik schianta il numero 1 al mondo e va in finale degli Australian Open, dove Nole era imbattuto da 2.195 giorni. Il serbo riconosce la superiorità dell’azzurro: «Sono scioccato, ha fatto tutto meglio di me». Bertolucci: «La sfida a Medvedev sia trasmessa in chiaro». «I tempi stanno cambiando, i figli sono pronti a rivoltarsi contro i padri». Ciò che esattamente 60 anni fa cantava Bob Dylan si realizza definitivamente a Melbourne sul cemento, dove Jannik Sinner non si limita a battere Novak Djokovic ma lo prende a pallate (6-1, 6-2, 6-7, 6-3). «Spòstati vecchio», sembra sussurrare il sibilo della biglia gialla nella semifinale perfetta del boscaiolo altoatesino dal colbacco fulvo naturale. La Divina Carota vince l’83% di prime, il 63% di seconde e vola in finale (dove troverà Daniil Medvedev, domani mattina 9.30 ora italiana) senza concedere neppure una palla-break a Djoker, per la prima volta travolto dalla malinconia in conferenza stampa. «Sono scioccato dal mio livello di gioco, nei primi due set non ho praticamente fatto nulla. È stato certamente uno dei peggiori match della mia vita a livello di Slam. Non è una bella sensazione ma complimenti a Jannik per avere fatto tutto, ma proprio tutto, meglio di me». Non è solo una resa incondizionata, ma a 36 anni è un cogliere il senso del tempo, un contare i punti persi col metronomo della vita. «Lui ha dominato i suoi turni di battuta, ha sfruttato il vantaggio mentale del servizio e ha saputo mettere sempre pressione. Io conto solo le cose negative, lui ha giocato un match perfetto». Mai prima d’ora aveva scrutato le sue mani per guardare la linea della decadenza; certe rivoluzioni valgono se accadono in uno Slam, da sempre crocevia della storia. La chiave d’interpretazione? «Lui ha servito in maniera molto, molto precisa».Così si torna ai numeri, che nel tennis non sono mai un dettaglio. È vero, come diceva Albert Einstein, che «contare le cifre ha senso, poi bisogna vedere quanto le cifre contano». Quelle di Sinner, raccolte con perizia da Sky Sport, contano e spiegano. Avanti con l’aritmetica, oggi più importante della filosofia. Il giovane italiano (23 anni ad agosto) è il terzo giocatore della storia ad aver battuto il re serbo in uno Slam, in Coppa Davis e alle Atp finals. Attenzione agli altri due: Roger Federer e Rafael Nadal. È il primo in assoluto a non avere concesso palle-break a Nole in uno Slam. Il precedente di Tomas Berdych nei quarti a Wimbledon nel 2017 è spurio perché il match non fu mai concluso: Djokovic si ritirò per infortunio. È il primo a interrompere il dominio del serbo sul calcestruzzo pitturato da sei anni a questa parte, durato 33 incontri vinti consecutivamente. È anche il nono di sempre ad averlo battuto in Australia; fra gli altri otto ci sono Marat Safin, Roger Federer, Andy Roddick.Ora che il peso specifico dell’impresa è inquadrato in un perimetro d’oro, ecco i fuochi d’artificio. Sinner è anche il primo tennista al mondo a stringere la mano a Nole da vincente in una semifinale degli Australian Open e ad accompagnarlo negli spogliatoi offrendogli la spalla per piangere. Prima d’ora a Melbourne il numero 1 ne aveva disputate 10 e vinte 10, raggiungendo la finale e poi battendo il malcapitato di turno. Il rosso di San Candido con residenza a Montecarlo (come tutti gli altri) ha anche rotto un incantesimo: era dal Roland Garros del 2019 che Djokovic non perdeva una semifinale Slam. Allora a fermarlo era stato Dominic Thiem.La tellurica notte australiana ha effetti duraturi quasi agli antipodi dove l’eccitazione è massima. Paolo Bertolucci è lapidario: «Bel ragazzo, ma tennisticamente è un mostro» e chiede che «la trasmissione della finale contro Medvedev venga mandata in chiaro. È uno di quegli eventi che dovrebbero vedere tutti». Anche lui evoca la storia, quella degli italiani in pigiama con l’orecchio alla radio mentre Nino Benvenuti schiantava Emile Griffith al Madison Square Garden (1967) e quella di un intero Paese insonne per Italia-Germania 4-3 (1970), ricordata per la morte di Gigi Riva. Epica pura. Dopo l’impresa contro Djokovic, Sinner meriterebbe la chance in mondovisione. Ieri è stato il primo italiano nell’era Open a battere un numero 1 del mondo in un incontro tre su cinque set. Per lui sta diventando un meraviglioso vizio, conferma di una crescita prepotente: negli ultimi 10 incontri contro i top 5 del ranking ne ha vinti 9. Fra le vittime, oltre a Nole, Carlos Alcaraz, Andrej Rublev e quel Medvedev tutto classe e intelligenza che lo affronterà domani nel match decisivo. Ultimo dato stratosferico: oggi Jannik è il quinto italiano - e il più giovane - ad arrivare alla finale di uno Slam dopo Nicola Pietrangeli (due volte al Roland Garros), Giorgio De Stefani (Roland Garros), Adriano Panatta (Roland Garros) e Matteo Berrettini (Wimbledon). Fra 24 ore potrebbe essere il terzo a vincerla, 48 anni dopo Panatta. Usciamo dal mondo dei numeri come da una pasticceria, sopraffatti dalla vaniglia. E ci godiamo la Divina Carota all’alba di un’impresa possibile, perché nelle ultime tre sfide del 2023 Sinner ha sempre battuto Medvedev, anche se al termine di battaglie sanguinose. Il cambio di generazione è alle porte. Non ci saranno «rivoluzioni del topspin» come quella di Bjorn Borg, che infilò nel tennis il vento di libertà agitato dai giovani (era capellone come loro) negli anni Settanta. Non ci saranno gli stravolgimenti yankee dell’era di Pete Sampras o restaurazioni da gesti bianchi come quella imposta da Roger Federer. Nella tecnocrazia robotizzata dello sport di oggi non c’è più spazio per il genio solitario che prendeva a prestito dal pubblico l’ombrello a Wimbledon e si posizionava alla risposta (Ilie Nastase). Basta Sinner, potenza e intelligenza e gioventù e forza mentale e continuità. Qualcosa che ancora manca ad Alcaraz, perché gestire la follia degli dei è più complicato che gestire il talento. Sinner sta per toccare le stelle. L’aveva capito prima degli altri Brad Gilbert vedendolo giocare agli ultimi US Open. L’uomo che fece grande Andre Agassi allora profetizzò: «Oggi l’Italia è più vicina che mai a vincere uno Slam. Guardate Sinner, si vede che dietro c’è il lavoro di Darren Cahill. Se Jannik gioca il suo miglior tennis non so chi possa batterlo». Aveva intravisto in lui qualcosa di speciale: la capacità rara di non morire mai. Un giorno disse ad Agassi: «Smetti di cercare di essere perfetto, limitati a guardare la palla e colpirla. Fagli sentire che ci sei. Fagli male. E se devi cadere, fallo sparando». C’è un italiano in finale a Melbourne e risponde al millimetro a questa descrizione. «Affronterò la finale col sorriso», spiega. Ma è pronto a morire sul cemento. E se mette la prima non ce n’è per nessuno.
Donald Trump (Getty Images)
Andrea Crisanti (Imagoeconomica)