Il nostro Paese ha numeri peggiori di Germania, Francia, Spagna e Regno Unito. Nonostante sia quello con le restrizioni più rigide ancora in vigore. Sicuramente li contiamo male. Ma cresce il dubbio che curiamo i pazienti peggio. E se n’è accorto pure Burioni...
Il nostro Paese ha numeri peggiori di Germania, Francia, Spagna e Regno Unito. Nonostante sia quello con le restrizioni più rigide ancora in vigore. Sicuramente li contiamo male. Ma cresce il dubbio che curiamo i pazienti peggio. E se n’è accorto pure Burioni...Anche Roberto Burioni s’è impensierito. A proposito dei morti di Covid in Italia, l’altro giorno, twittava: «O li stiamo contando male (ma pare di no), o li stiamo curando male (posso sospettarlo, ma non ho elementi concreti per dirlo), o chissà cosa altro. Certamente, le autorità devono chiarire subito la situazione». Come il proverbiale orologio rotto, per una volta la virostar ha segnato l’ora giusta: se continuiamo a viaggiare intorno ai 150, 160, a volte 200 morti al giorno (ieri sono stati 175), qualcosa non sta funzionando. Forse infiliamo nelle statistiche pure gli oncologici terminali, gli infartuati e le vittime degli incidenti, purché abbiano un tampone positivo? Allora, sarebbe il caso di aggiornare il sistema di conteggio e collocare nei bollettini soltanto chi ha perso la vita a causa del virus. Si tratta, come ripetiamo da mesi, di distinguere i morti con Covid da quelli per Covid. Ma se davvero tutti i defunti di cui parlano i monitoraggi sono spirati per complicazioni legate al Sars-Cov-2, significa che l’ingranaggio delle cure è inceppato. È la denuncia che la microbiologa Maria Rita Gismondo ha affidato, lunedì scorso, alle pagine della Verità: il ministero di Roberto Speranza ha contribuito a demonizzare «qualsiasi cosa che non sia il vaccino» e ha voluto imbrigliare i medici nel labirinto della burocrazia. Risultato: persino gli antivirali, la promessa panacea per i soggetti a rischio, sono usati in modo «assolutamente esiguo rispetto alla reale necessità».Peraltro, l’infausto computo dimostra che le precauzioni tenute ancora in piedi alle nostre latitudini, tipo le mascherine sui mezzi o l’isolamento dei positivi, che è stato soppresso financo nella rigidissima Austria, non hanno fatto e non stanno facendo la differenza. Ma veramente il nostro Paese è messo peggio degli altri? Qui si muore - o sembra si muoia - di più? Con l’ondata di Omicron 5 in fase di riassorbimento, è possibile delineare un confronto almeno con le nazioni del Vecchio continente simili a noi per dimensioni e popolazione: Regno Unito, Germania, Francia e Spagna. Partiamo dall’Europa centrale. Come vanno le cose a casa di Olaf Scholz? In termini assoluti, i numeri dei decessi sono molto simili ai nostri: da luglio in avanti, non sono mai scesi sotto i 130 al giorno e il 2 agosto hanno toccato quota 210. Giovedì erano calati a 175. Il fatto è che i tedeschi sono oltre 20 milioni in più di noi: l’Italia ha 59 milioni e mezzo di abitanti, la Germania 83. Dunque, in proporzione, si può affermare che da Amburgo alla Baviera piangano meno vittime che da Curon a Lampedusa. Né la forbice pare attribuibile a diversi metodi di calcolo: anche al di là delle Alpi, in teoria, nei bollettini finiscono tutti i morti positivi al coronavirus.In Francia, che ha abolito le restrizioni e non ha prorogato il green pass per i viaggi, pure le cifre assolute sono inferiori alle nostre. Dal mese scorso, le dipartite quotidiane non sono mai state più di 133 e, da un paio di giorni, sono scese sotto le 90 - in una nazione che conta più di 67 milioni di abitanti. Dati molto dettagliati e interessanti arrivano da Oltremanica, dove, da sei mesi, non esiste più alcuna limitazione. Lo Spectator fornisce da tempo una distinta sulla percentuale di pazienti con test positivo che, però, sono stati ricoverati per patologie diverse dal Covid. L’ultima rilevazione disponibile risale al 26 luglio, quando la quota degli ospedalizzati con il virus, ma non a causa del virus, corrispondeva al 63% del totale. La stessa differenziazione non esiste per i deceduti, ma, come nel caso italiano, si può supporre che una parte non sia stata stroncata dal Sars-Cov-2. Nell’ultimo mese, il numero giornaliero di morti, nel Regno Unito, è stato abbastanza simile al nostro: stabilmente sopra i 150. I sudditi di sua maestà, però, sono 7 milioni in più degli italiani. E adesso, nell’isola, accelera il ritmo di discesa di contagi e ingressi in nosocomio. La Spagna, che conta 47,35 milioni di abitanti, da metà luglio in poi ha spesso superato i 100 morti al giorno, con punte di più di 180; ora, la tendenza è in sensibile calo - un’inversione che da noi non è molto visibile, benché Antonello Maruotti, statistico della Lumsa, sostenga che il picco dei decessi sia vicino.La panoramica non è abbastanza chiara? Si consultino le curve elaborate da Our world in data, che parametra i decessi giornalieri sul milione di abitanti. Il calcolo si ferma al 4 agosto ma, salvo occasionali sorpassi di Regno Unito e Spagna a luglio, il trend dell’ondata estiva è inequivocabile: l’Italia è messa peggio di tutto il gruppo dei cinque e il divario si è allargato dall’ultima settimana dello scorso mese. Ad ora, noi contiamo 2,63 deceduti per milione al dì, contro gli 1,48 della Germania, gli 1,19 della Francia, i 2,35 del Regno Unito (e gli 1,60 della Spagna, per la quale, però, il conteggio è fermo al 29 luglio). Il ministro della Salute, ieri, blaterava: dobbiamo proteggere i fragili. Già. Intanto celebriamo la gloria del «modello italiano»: più divieti, meno cure, più morti. Grazie, Roberto Speranza.
Antonio Scurati (Ansa)
Eccoli lì, tutti i «veri sapienti» progressisti che si riuniscono per chiedere all’Aie di bandire l’editore «Passaggio al bosco» dalla manifestazione «Più libri più liberi».
Sono tutti lì belli schierati in fila per la battaglia finale. L’ultima grande lotta in difesa del pensiero unico e dell’omologazione culturale: dovessero perderla, per la sinistra culturale sarebbe uno smacco difficilmente recuperabile. E dunque eccoli, uniti per chiedere alla Associazione italiana editori di cacciare il piccolo editore destrorso Passaggio al bosco dalla manifestazione letteraria Più libri più liberi. Motivo? Tale editore sarebbe neofascista, apologeta delle più turpi nefandezze novecentesche e via dicendo. In un appello rivolto all’Aie, 80 autori manifestano sdegno e irritazione. Si chiedono come sia possibile che Passaggio al bosco abbia trovato spazio nella fiera della piccola editoria, impugnano addirittura il regolamento che le case editrici devono accettare per la partecipazione: «Non c’è forse una norma - l’Articolo 24, osservanza di leggi e regolamenti - che impegna chiaramente gli espositori a aderire a tutti i valori espressi nella Costituzione italiana, nella Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea e nella Dichiarazione universale dei diritti umani e in particolare a quelli relativi alla tutela della libertà di pensiero, di stampa, di rispetto della dignità umana? Poniamo quindi queste domande e preoccupazioni all’attenzione dell’Associazione italiana editori per aprire una riflessione sull’opportunità della presenza di tali contenuti in una fiera che dovrebbe promuovere cultura e valori democratici». Memorabile: invocano la libertà di pensiero per chiedere la censura.
Olivier Marleix (Ansa)
Pubblicato post mortem il saggio dell’esponente di spicco dei Républicains, trovato impiccato il 7 luglio scorso «Il presidente è un servitore del capitalismo illiberale. Ha fatto perdere credibilità alla Francia nel mondo».
Gli ingredienti per la spy story ci sono tutti. Anzi, visto che siamo in Francia, l’ambientazione è più quella di un noir vecchio stile. I fatti sono questi: un politico di lungo corso, che conosce bene i segreti del potere, scrive un libro contro il capo dello Stato. Quando è ormai nella fase dell’ultima revisione di bozze viene tuttavia trovato misteriosamente impiccato. Il volume esce comunque, postumo, e la data di pubblicazione finisce per coincidere con il decimo anniversario del più sanguinario attentato della storia francese, quasi fosse un messaggio in codice per qualcuno.
Roberto Gualtieri (Ansa)
Gualtieri avvia l’«accoglienza diffusa», ma i soldi andranno solo alla Ong.
Aiutiamoli a casa loro. Il problema è che loro, in questo caso, sono i cittadini romani. Ai quali toccherà di pagare vitto e alloggio ai migranti in duplice forma: volontariamente, cioè letteralmente ospitandoli e mantenendoli nella propria abitazione oppure involontariamente per decisione del Comune che ha stanziato 400.000 euro di soldi pubblici per l’accoglienza. Tempo fa La Verità aveva dato notizia del bando comunale con cui è stato istituito un servizio di accoglienza che sarà attivo dal 1° gennaio 2026 fino al 31 dicembre 2028. E ora sono arrivati i risultati. «A conclusione della procedura negoziata di affidamento del servizio di accoglienza in famiglia in favore di persone migranti singole e/o nuclei familiari o monogenitoriali, in possesso di regolare permesso di soggiorno, nonché neomaggiorenni in carico ai servizi sociali», si legge sul sito del Comune, «il dipartimento Politiche sociali e Salute comunica l’aggiudicazione del servizio. L’affidamento, relativo alla procedura è stato aggiudicato all’operatore economico Refugees Welcome Italia Ets».
2025-12-03
Pronto soccorso in affanno: la Simeu avverte il rischio di una crisi strutturale nel 2026
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iStock
Secondo l’indagine della Società italiana di medicina d’emergenza-urgenza, dal 2026 quasi sette pronto soccorso su dieci avranno organici medici sotto il fabbisogno. Tra contratti in scadenza, scarso turnover e condizioni di lavoro critiche, il sistema di emergenza-urgenza rischia una crisi profonda.
Il sistema di emergenza-urgenza italiano sta per affrontare una delle sue prove più dure: per molti pronto soccorso l’inizio del 2026 potrebbe segnare una crisi strutturale del personale medico. A metterne in evidenza la gravità è Alessandro Riccardi, presidente della Simeu - Società italiana di medicina d’emergenza-urgenza - al termine di un’indagine che fotografa uno scenario inquietante.






