
Il tribunale civile di Roma valuta in maniera opposta, in base al sesso, il cambio di lavoro dei genitori. Penalizzato nella cura del figlio un alto funzionario di Stato.C’è una vicenda che rischia di confermare quello che sta diventando una prassi nel diritto di famiglia in Italia, dove i padri continuano a essere discriminati a favore delle madri nella cura e nell’accudimento dei figli. Fatti come questi ne accadono ogni giorno nel nostro Paese, ma in questo caso la vicenda rischia di fare rumore perché riguarda un alto funzionario dello Stato. Nel 2018, l’uomo che, come detto, ricopre un incarico importante nella Pubblica amministrazione, si è separato dalla moglie. Al momento della separazione, mentre i due risiedevano a Roma, ha dovuto accettare che il figlio, ancora in tenera età, fosse «collocato» prevalentemente presso la consorte, dirigente medico ospedaliero. Passano appena due anni e la donna, a cui è stata assegnata la casa coniugale di proprietà dell’ex marito, a Roma, si trasferisce per lavoro, a tempo indeterminato, all’ospedale di Grosseto. Quindi, a due ore e mezza di viaggio da Roma. La novità, data la mole dei suoi impegni, costringe la donna (che in quanto medico non può usufruire di smart working) a ricorrere al continuo supporto di baby sitter, che cambiano anche dieci volte in un anno. Il padre si rivolge di nuovo al tribunale, chiedendo di poter assumere direttamente e prevalentemente le funzioni di cura e accudimento del bimbo, che oltretutto passerebbe senza problemi da una abitazione all’altra, poiché distanti appena 500 metri. L’obiettivo è tutelare l’interesse del bimbo che dovrebbe stare con il genitore che ha più possibilità di accudimento e cura. Ma il tribunale civile di Roma, sezione famiglia, presieduto da Marta Ienzi, nel marzo 2021 respinge la richiesta senza un motivo concreto e ritenendo irrilevante la circostanza del trasferimento lavorativo, addirittura fuori regione, della mamma. Quattro anni dopo, anche al padre si presenta una nuova opportunità lavorativa fuori Roma, a Cagliari. La Capitale è collegata al capoluogo sardo con voli aerei di soli 60 minuti, diverse volte al giorno. La distanza non sembrerebbe un problema. A questo punto il padre, sapendo quanto aveva deciso il tribunale nell’analoga vicenda materna, accetta la proposta del nuovo incarico non prima di aver ottenuto - secondo i regolamenti interni della nuova amministrazione - la possibilità di poter usufruire di diversi giorni lavorativi al mese liberi dalla trasferta grazie allo smart working (oltre, naturalmente, i fine settimana), onde poter svolgere il proprio ruolo genitoriale. La madre, tuttavia, scoperta la novità, si rivolge nuovamente al tribunale civile di Roma per ottenere una modifica del provvedimento in vigore sulla base della nuova sede lavorativa del padre. E il tribunale, nonostante la causa fosse in decisione da oltre otto mesi, accoglie l’istanza e, con ordinanza del 5 settembre scorso, riapre il procedimento. Questa volta cambia orientamento, perché ritiene che la circostanza dell’assunzione dell’incarico dirigenziale paterno fuori regione sia «di indubbia rilevanza ai fini della decisione del procedimento sotto il duplice profilo del collocamento del minore e del calendario di frequentazione». Allo stesso tempo rinvia l’udienza di trattazione a maggio 2025, allungando di almeno un ulteriore anno i tempi della conclusione di un processo che dura da oltre cinque anni. «L’aver ritenuto rilevante, ai fini del “collocamento del minore e del calendario di frequentazione, il trasferimento lavorativo (peraltro temporaneo) paterno quando invece non è stato giudicato tale quello materno - peraltro in essere - rende evidente l’intenzione del tribunale non solo di favorire uno dei genitori in quanto donna, in forza di una sorta di “diritto sessuato” chiaramente anticostituzionale ma, di più, di violare il principio delle pari opportunità lavorative - per una volta - a danno di un uomo a cui, a differenza dell’ex moglie, non è riconosciuta, pur sussistendone le condizioni, la possibilità di contemperare lo svolgimento della professione con il ruolo paterno», scrive l’Anfi, Associazione nazionale familiaristi Italiani che si batte da tempo per l'affidamento paritario dei minori e per i pari diritti genitoriali nelle cause relative all’affidamento dei minori. «Il messaggio di fondo, difatti, è quello che la cura dei figli dev’essere rimessa sempre e comunque prevalentemente alle madri», conclude l’associazione.
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L’episodio è avvenuto a Lucca: la donna alla guida del bus è stata malmenata da baby ubriachi: «Temo la vendetta di quelle belve».
Città sempre più in balia delle bande di stranieri. È la cronaca delle ultime ore a confermare quello che ormai è sotto gli occhi di tutti: non sono solamente le grandi metropoli a dover fare i conti con l’ondata di insicurezza provocata da maranza e soci. Il terrore causato dalle bande di giovanissimi delinquenti di origine straniera ormai è di casa anche nei centri medio-piccoli.
Quanto accaduto a Lucca ne è un esempio: due minorenni di origine straniera hanno aggredito la conducente di un autobus di linea di Autolinee toscane. I due malviventi sono sì naturalizzati italiani ma in passato erano già diventati tristemente noti per essere stati fermati come autori di un accoltellamento sempre nella città toscana. Mica male come spottone per la politica di accoglienza sfrenata propagandata a destra e a manca da certa sinistra.
Zohran Mamdani (Ansa)
Le battaglie ideologiche fondamentali per spostare i voti alle elezioni. Green e woke usati per arruolare i giovani, che puntano a vivere le loro esistenze in vacanza nelle metropoli. Ma il sistema non può reggere.
Uno degli aspetti più evidenti dell’instaurazione dei due mondi sta nella polarizzazione elettorale tra le metropoli e le aree suburbane, tra quelle che in Italia si definiscono «città» e «provincia». Questa riflessione è ben chiara agli specialisti da anni, rappresenta un fattore determinante per impostare ogni campagna elettorale almeno negli ultimi vent’anni, ed è indice di una divisione sociale, culturale ed antropologica realmente decisiva.
Il fatto che a New York abbia vinto le elezioni per la carica di sindaco un musulmano nato in Uganda, di origini iraniane, marxista dichiarato, che qualche mese fa ha fatto comizi nei quali auspicava il «superamento della proprietà privata» e sosteneva che la violenza in sé non esista ma sia sempre un «costrutto sociale», così come il genere sessuale, ha aperto un dibattito interno alla Sinistra.
Jean-Eudes Gannat
L’attivista francese Jean-Eudes Gannat: «È bastato documentare lo scempio della mia città, con gli afghani che chiedono l’elemosina. La polizia mi ha trattenuto, mia moglie è stata interrogata. Dietro la denuncia ci sono i servizi sociali. Il procuratore? Odia la destra».
Jean-Eudes Gannat è un attivista e giornalista francese piuttosto noto in patria. Nei giorni scorsi è stato fermato dalla polizia e tenuto per 48 ore in custodia. E per aver fatto che cosa? Per aver pubblicato un video su TikTok in cui filmava alcuni immigrati fuori da un supermercato della sua città.
«Quello che mi è successo è piuttosto sorprendente, direi persino incredibile», ci racconta. «Martedì sera ho fatto un video in cui passavo davanti a un gruppo di migranti afghani che si trovano nella città dove sono cresciuto. Sono lì da alcuni anni, e ogni sera, vestiti in abiti tradizionali, stanno per strada a chiedere l’elemosina; non si capisce bene cosa facciano.
Emanuele Orsini (Ansa)
Dopo aver proposto di ridurre le sovvenzioni da 6,3 a 2,5 miliardi per Transizione 5.0., Viale dell’Astronomia lamenta la fine dei finanziamenti. Assolombarda: «Segnale deludente la comunicazione improvvisa».
Confindustria piange sui fondi che aveva chiesto lei di tagliare? La domanda sorge spontanea dopo l’ennesimo ribaltamento di fronte sul piano Transizione 5.0, la misura con dote iniziale da 6,3 miliardi di euro pensata per accompagnare le imprese nella doppia rivoluzione digitale ed energetica. Dopo mesi di lamentele sulla difficoltà di accesso allo strumento e sul rischio di scarse adesioni, lo strumento è riuscito nel più classico dei colpi di scena: i fondi sono finiti. E subito gli industriali, che fino a ieri lo giudicavano un fallimento, oggi denunciano «forte preoccupazione» e chiedono di «tutelare chi è rimasto in lista d’attesa».






