2018-05-29
La Svizzera blocca alla dogana le maglie degli azzurri e si fa pagare l'Iva
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Beffa a Chiasso dopo la vittoria della Nazionale sull'Arabia Saudita. Contestazione dei funzionari elvetici: il materiale commerciale deve essere tassato. Pubblichiamo la fattura firmata dal commissario straordinario della Figc, Roberto Fabbricini: tra le voci ci sono anche lettini per massaggi, portaborracce e quattro macchinette per il caffè. In totale poco più di 6.000 euro. Federazione italiana giuoco calcio from La Verità Quando tocchi il fondo non puoi che risalire, dice la saggezza popolare. Difficile dargli credito se ti chiami Loris Karius, fai il portiere del Liverpool e hai appena regalato un gol agli avversari nella finale di Champions league. Anche perché dopo mezz'ora puoi sempre fare di peggio. Ma diventa complicato essere ottimisti anche se vesti la maglia azzurra. Già non vai ai mondiali e fra una quindicina di giorni sarai costretto a guardarli in tivù mentre mangi patatine e fruttini di buffoniana memoria. Poi ti tocca fare da spalla nientepopodimeno che all'Arabia Saudita, che in Russia ci andrà davvero. Infine, la beffa. Sì perché la spedizione della Figc è rimasta bloccata per ore alla dogana di Chiasso, come accade ai contrabbandieri. I fatti. L'agenzia doganale Renzi (è tutto vero) di Como, incaricata dalla Federazione, venerdì 25 maggio deve fermare davanti alla paletta dei funzionari elvetici tre camion (uno carico di cibo e bevande, due di materiale tecnico). La contestazione è bizzarra, al limite dell'insulto: troppe mutande (i presenti parlano di 400 paia) e troppi scarpini a bordo che possono essere rivenduti. Gli agenti italiani provano a mediare, invano: non passa lo straniero, a meno di pagare l'Iva (1.500 euro), ammettendo in pratica che gli italiani stanno andando nella terra di Guglielmo Tell per fare i venditori ambulanti. Ieri, al ritorno, la storia si ripete. Tutto fermo per ore, nonostante l'Iva, nonostante le dichiarazioni della Figc e i documenti della Camera di commercio di Roma. Insomma, l'avventura di Roberto Mancini è iniziata in salita. Da ora in poi dovrebbe essere tutta discesa.
A condurre, il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin. In apertura, Belpietro ha ricordato come la guerra in Ucraina e lo stop al gas russo deciso dall’Europa abbiano reso evidenti i costi e le difficoltà per famiglie e imprese. Su queste basi si è sviluppato il confronto con Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, società con 70 anni di storia e oggi attore nazionale nel settore energetico.
Cecconato ha sottolineato la centralità del gas come elemento abilitante della transizione. «In questo periodo storico - ha osservato - il gas resta indispensabile per garantire sicurezza energetica. L’Italia, divenuta hub europeo, ha diversificato gli approvvigionamenti guardando a Libia, Azerbaijan e trasporto via nave». Il presidente ha poi evidenziato come la domanda interna nel 2025 sia attesa in crescita del 5% e come le alternative rinnovabili, pur in espansione, presentino limiti di intermittenza. Le infrastrutture esistenti, ha spiegato, potranno in futuro ospitare idrogeno o altri gas, ma serviranno ingenti investimenti. Sul nucleare ha precisato: «Può assicurare stabilità, ma non è una soluzione immediata perché richiede tempi di programmazione lunghi».
La seconda parte del panel è stata guidata da Giuliano Zulin, che ha aperto il confronto con le testimonianze di Maria Cristina Papetti e Maria Rosaria Guarniere. Papetti ha definito la transizione «un ossimoro» dal punto di vista industriale: da un lato la domanda mondiale di energia è destinata a crescere, dall’altro la comunità internazionale ha fissato obiettivi di decarbonizzazione. «Negli ultimi quindici anni - ha spiegato - c’è stata un’esplosione delle rinnovabili. Enel è stata tra i pionieri e in soli tre anni abbiamo portato la quota di rinnovabili nel nostro energy mix dal 75% all’85%. È tanto, ma non basta».
Collegata da remoto, Guarniere ha descritto l’impegno di Terna per adeguare la rete elettrica italiana. «Il nostro piano di sviluppo - ha detto - prevede oltre 23 miliardi di investimenti in dieci anni per accompagnare la decarbonizzazione. Puntiamo a rafforzare la capacità di scambio con l’estero con un incremento del 40%, così da garantire maggiore sicurezza ed efficienza». Papetti è tornata poi sul tema della stabilità: «Non basta produrre energia verde, serve una distribuzione intelligente. Dobbiamo lavorare su reti smart e predittive, integrate con sistemi di accumulo e strumenti digitali come il digital twin, in grado di monitorare e anticipare l’andamento della rete».
Il panel si è chiuso con un messaggio condiviso: la transizione non può prescindere da un mix equilibrato di gas, rinnovabili e nuove tecnologie, sostenuto da investimenti su reti e infrastrutture. L’Italia ha l’opportunità di diventare un vero hub energetico europeo, a patto di affrontare con decisione le sfide della sicurezza e dell’innovazione.
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Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)