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2018-03-28
Bnp Paribas, accusata di antisemitismo, fa saltare i rapporti diplomatici tra Francia e Israele
ANSA
C'è una sentenza di un tribunale israeliano data lunedì 27 marzo che rischia di mettere in seria difficoltà i rapporti diplomatici tra Francia e Israele. A Tel Aviv l'hanno definita una nuova battaglia di David contro Golia, ovvero tra la famiglia Agam, una delle più importanti del Paese, contro Bnp Paribas, il principale istituto di credito francese. La decisione di ieri ha dato una svolta a un processo che va avanti da più di un anno e che vede questa volta in prima linea il governo di Benjamin Netanyahu. Un processo portato avanti da Ruth Agam, manager della Israel aerospace industries, e sostenuta dal fratello, l'uomo d'affari Jacob Agam, contro Bnp Paribas, accusata di aver falsificato una firma su un investimento non autorizzato, ma soprattutto di aver avuto comportamenti antisemiti nei suoi confronti. Il tribunale di Tel Aviv ha respinto le difese di Bnp e ha stabilito che tutte le richieste depositate da Agam sono soggette alle leggi israeliane. Il processo si svolgerà quindi in Israele e non in Francia, come avevano chiesto i legali dell'istituto di credito francese. Ora la corte ha ordinato alla Bnp di presentare ricorso entro 30 giorni. La questione è delicata. Perché fonti legali vicine al caso spiegano alla Verità che il caso potrebbe estendersi ai rapporti che Bnp Paribas ha avuto negli ultimi anni con l'Iran e alcune presunte organizzazioni terroristiche islamiche. Già il 10 maggio del 2017, un membro della commissione Affari esteri della Knesset, Moti Yogev, insieme con altri componenti del Parlamento israeliano e il gruppo di supporto alle vittime del terrorismo Almagor, avevano inviato una lettera al procuratore statale Shai Nitzan chiedendogli di aprire un'ampia indagine penale nei confronti di Bnp per le sue presunte attività di finanziamento del terrorismo. La banca guidata dall'amministratore delegato Jean-Laurent Bonnafé ha già pagato una multa da 9 miliardi di dollari nel 2015 agli Stati Uniti a causa di attività che violavano le sanzioni internazionali dell'Iran e del Sudan. In sostanza, tornando a Tel Aviv, la cattiva condotta della banca potrebbe avere conseguenze civili e penali, e soprattutto potrebbe dover affrontare nuove accuse in Israele, tra cui appunto quella di aver contribuito agli attentati terroristici degli ultimi anni. Ruth Agam ha sempre sostenuto di essere stata truffata, ma soprattutto accusa Bnp di «cattiva condotta nei confronti del popolo ebraico in generale, e contro lo Stato di Israele». Adam Levitt, dello studio legale, DiCello Levitt & Casey, che rappresenta la famiglia Agam, spiegò nel 2017: «La causa del mio cliente è contro un'organizzazione che dimostra un modello più ampio dell'illegalità globale e che trova Bnp schierata a sostegno di gruppi terroristici e di odio». Sul caso si era espresso anche Yossi Cohen, avvocato del primo ministro Netanyahu e consigliere degli Agam. «Questo caso si distingue per le gravi ingiustizie commesse da Bnp.
È inusuale vedere che la battaglia tra una famiglia e una banca gigantesca assume queste proporzioni e include delle accuse geopolitiche di tale ampiezza, di solito sostenute da governi e pubbliche istituzioni. È dovuto probabilmente anche al sostegno incondizionato dimostrato dal finanziere e investitore internazionale Jacob Agam alla sorella Ruth.
Charged with anti-Semitism, Bnp Paribas undermines the diplomatic relationship between France and Israel
The Agam family, one the most important families of the Jewish State, has initiated a multi-million suit against the French bank, accused among others with forging documents to legitimise unauthorised investment as well as discriminatory behaviour. Despite heavy French lobbying, the trial is taking place in Tel Aviv, thus involving the government of Benjamin Netanyahu. The French credit institution faced a trial in the US and was convicted for breaching the international sanctions against Sudan and Iran
Delivered on Monday 26th March, the judgment of an Israeli court of law can embarrass the diplomatic relationships between France and Israel. In Tel Aviv, they call this case "the new battle of David versus Goliath", namely the Agam family, one of the most prominent of the country, versus the first French bank. The sentence of yesterday represents a significant breakthrough in a legal proceeding that has been going on for over a year, involving also the government of Benjamin Netanyahu.
The trial was initiated by Ruth Agam, an executive of Israel Aerospace Industries, with the full support of her brother, the businessman Jacob Agam. Ms Agam accused BNP Paribas of having counterfeited her signature with respect to unauthorised investment and, above all, having adopted an anti-Semitic behaviour. The Tel Aviv court has rejected the defensive arguments of Bnp, and established that the case should be judged based on the Israeli law. Consequently, the trial will take place in Israel and not in France, as it was requested by the bank lawyers. The court has ruled that BNP must file its defence within 30 days.
The matter is very sensitive. As some legal sources familiar with the case explained to "La Verità", the trial may spread to the relationship that BNP has been establishing with Iran and a number of Islamic terrorist organisations over the last few years.
On 10th May 2017, Moti Yogev, a member of the Knesset Foreign Affairs Commission, together with others MPs and the foundation, Almagor which support the victims of terrorism, sent already a letter to the public prosecutor Shai Nitzan requesting him to open a criminal investigation into BNP about its alleged financial support to terrorists. Moreover, the bank managed by Jean-Laurent Bonnafé had already paid a US$ 9 billion fine in the US, due to its breach of the international sanctions against Iran and Sudan.
In essence, coming back to the Tel Aviv trial, the bank misbehaviour could have serious civil and criminal consequences, and lead to new charges in Israel, including but not limited to supporting recent terrorist attacks.
Ruth Agam has always claimed to be misled and, what matters most, accused BNP of "a discriminatory attitude toward the Jewish people and the State of Israel".
In 2017, the lawyer of the Agam family, Adam Levitt of the legal firm Di Cello, Levitt & Casey, explained: "My client's lawsuit is against an organisation that demonstrates a broader pattern of BNP's unlawfulness, which finds BNP siding with and supporting terrorist movements and hate groups". Dr. Yossi Cohen, the lawyer of the Prime Minister Netanyahu, has expressed his opinion on the subject too: "In my many years of experience, this case stands out due to its allegations of the extraordinary crimes and injustices BNP committed".
It is unprecedented to witness a legal battle between a family and a bank with such broad geopolitical dimensions, usually to be led by governments or public institutions. This is most probably due to the fact that Ruth Agam is fully supported by her brother, the international investor and entrepreneur, Jacob Agam.
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La famiglia Agam, una delle più importanti dello Stato ebraico, è in causa milionaria contro la banca, accusata di aver sottratto denaro falsificando una firma e di aver tenuto comportamenti discriminatori. Il processo si terrà a Tel Aviv nonostante le pressioni di Parigi: il governo di Benjamin Netanyahu si trova così coinvolto. L'istituto transalpino è già finito sotto accusa negli Stati Uniti per violazione delle sanzioni al Sudan e all'Iran.All'interno la versione in inglese dell'articoloC'è una sentenza di un tribunale israeliano data lunedì 27 marzo che rischia di mettere in seria difficoltà i rapporti diplomatici tra Francia e Israele. A Tel Aviv l'hanno definita una nuova battaglia di David contro Golia, ovvero tra la famiglia Agam, una delle più importanti del Paese, contro Bnp Paribas, il principale istituto di credito francese. La decisione di ieri ha dato una svolta a un processo che va avanti da più di un anno e che vede questa volta in prima linea il governo di Benjamin Netanyahu. Un processo portato avanti da Ruth Agam, manager della Israel aerospace industries, e sostenuta dal fratello, l'uomo d'affari Jacob Agam, contro Bnp Paribas, accusata di aver falsificato una firma su un investimento non autorizzato, ma soprattutto di aver avuto comportamenti antisemiti nei suoi confronti. Il tribunale di Tel Aviv ha respinto le difese di Bnp e ha stabilito che tutte le richieste depositate da Agam sono soggette alle leggi israeliane. Il processo si svolgerà quindi in Israele e non in Francia, come avevano chiesto i legali dell'istituto di credito francese. Ora la corte ha ordinato alla Bnp di presentare ricorso entro 30 giorni. La questione è delicata. Perché fonti legali vicine al caso spiegano alla Verità che il caso potrebbe estendersi ai rapporti che Bnp Paribas ha avuto negli ultimi anni con l'Iran e alcune presunte organizzazioni terroristiche islamiche. Già il 10 maggio del 2017, un membro della commissione Affari esteri della Knesset, Moti Yogev, insieme con altri componenti del Parlamento israeliano e il gruppo di supporto alle vittime del terrorismo Almagor, avevano inviato una lettera al procuratore statale Shai Nitzan chiedendogli di aprire un'ampia indagine penale nei confronti di Bnp per le sue presunte attività di finanziamento del terrorismo. La banca guidata dall'amministratore delegato Jean-Laurent Bonnafé ha già pagato una multa da 9 miliardi di dollari nel 2015 agli Stati Uniti a causa di attività che violavano le sanzioni internazionali dell'Iran e del Sudan. In sostanza, tornando a Tel Aviv, la cattiva condotta della banca potrebbe avere conseguenze civili e penali, e soprattutto potrebbe dover affrontare nuove accuse in Israele, tra cui appunto quella di aver contribuito agli attentati terroristici degli ultimi anni. Ruth Agam ha sempre sostenuto di essere stata truffata, ma soprattutto accusa Bnp di «cattiva condotta nei confronti del popolo ebraico in generale, e contro lo Stato di Israele». Adam Levitt, dello studio legale, DiCello Levitt & Casey, che rappresenta la famiglia Agam, spiegò nel 2017: «La causa del mio cliente è contro un'organizzazione che dimostra un modello più ampio dell'illegalità globale e che trova Bnp schierata a sostegno di gruppi terroristici e di odio». Sul caso si era espresso anche Yossi Cohen, avvocato del primo ministro Netanyahu e consigliere degli Agam. «Questo caso si distingue per le gravi ingiustizie commesse da Bnp.È inusuale vedere che la battaglia tra una famiglia e una banca gigantesca assume queste proporzioni e include delle accuse geopolitiche di tale ampiezza, di solito sostenute da governi e pubbliche istituzioni. È dovuto probabilmente anche al sostegno incondizionato dimostrato dal finanziere e investitore internazionale Jacob Agam alla sorella Ruth.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/israele-francia-bnp-paribas-2553630516.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="charged-with-anti-semitism-bnp-paribas-undermines-the-diplomatic-relationship-between-france-and-israel" data-post-id="2553630516" data-published-at="1765884857" data-use-pagination="False"> Charged with anti-Semitism, Bnp Paribas undermines the diplomatic relationship between France and Israel The Agam family, one the most important families of the Jewish State, has initiated a multi-million suit against the French bank, accused among others with forging documents to legitimise unauthorised investment as well as discriminatory behaviour. Despite heavy French lobbying, the trial is taking place in Tel Aviv, thus involving the government of Benjamin Netanyahu. The French credit institution faced a trial in the US and was convicted for breaching the international sanctions against Sudan and IranDelivered on Monday 26th March, the judgment of an Israeli court of law can embarrass the diplomatic relationships between France and Israel. In Tel Aviv, they call this case "the new battle of David versus Goliath", namely the Agam family, one of the most prominent of the country, versus the first French bank. The sentence of yesterday represents a significant breakthrough in a legal proceeding that has been going on for over a year, involving also the government of Benjamin Netanyahu.The trial was initiated by Ruth Agam, an executive of Israel Aerospace Industries, with the full support of her brother, the businessman Jacob Agam. Ms Agam accused BNP Paribas of having counterfeited her signature with respect to unauthorised investment and, above all, having adopted an anti-Semitic behaviour. The Tel Aviv court has rejected the defensive arguments of Bnp, and established that the case should be judged based on the Israeli law. Consequently, the trial will take place in Israel and not in France, as it was requested by the bank lawyers. The court has ruled that BNP must file its defence within 30 days.The matter is very sensitive. As some legal sources familiar with the case explained to "La Verità", the trial may spread to the relationship that BNP has been establishing with Iran and a number of Islamic terrorist organisations over the last few years.On 10th May 2017, Moti Yogev, a member of the Knesset Foreign Affairs Commission, together with others MPs and the foundation, Almagor which support the victims of terrorism, sent already a letter to the public prosecutor Shai Nitzan requesting him to open a criminal investigation into BNP about its alleged financial support to terrorists. Moreover, the bank managed by Jean-Laurent Bonnafé had already paid a US$ 9 billion fine in the US, due to its breach of the international sanctions against Iran and Sudan.In essence, coming back to the Tel Aviv trial, the bank misbehaviour could have serious civil and criminal consequences, and lead to new charges in Israel, including but not limited to supporting recent terrorist attacks.Ruth Agam has always claimed to be misled and, what matters most, accused BNP of "a discriminatory attitude toward the Jewish people and the State of Israel".In 2017, the lawyer of the Agam family, Adam Levitt of the legal firm Di Cello, Levitt & Casey, explained: "My client's lawsuit is against an organisation that demonstrates a broader pattern of BNP's unlawfulness, which finds BNP siding with and supporting terrorist movements and hate groups". Dr. Yossi Cohen, the lawyer of the Prime Minister Netanyahu, has expressed his opinion on the subject too: "In my many years of experience, this case stands out due to its allegations of the extraordinary crimes and injustices BNP committed".It is unprecedented to witness a legal battle between a family and a bank with such broad geopolitical dimensions, usually to be led by governments or public institutions. This is most probably due to the fact that Ruth Agam is fully supported by her brother, the international investor and entrepreneur, Jacob Agam.
Ansa
Suo figlio, Naveed Akram, 24 anni, è attualmente ricoverato in ospedale sotto stretta sorveglianza della polizia. Le piste investigative principali restano due. Da un lato, la cosiddetta pista iraniana, ritenuta plausibile da ambienti israeliani; dall’altro, l’ipotesi di un coinvolgimento dello Stato islamico, avanzata da alcuni media, anche se l’organizzazione jihadista - che solitamente rivendica con rapidità le proprie azioni - non ha diffuso alcun messaggio di rivendicazione. Un elemento rilevante emerso dalle indagini è il ritrovamento, nell’auto di Naveed Akram, di una bandiera nera del califfato e di ordigni poi disinnescati dagli artificieri.
In attesa di chiarire chi vi sia realmente dietro la strage di Hanukkah, quanto accaduto domenica in Australia non appare come un evento isolato o imprevedibile. Al contrario, si inserisce in una lunga scia di attacchi e intimidazioni antisemite contro la comunità ebraica e le sue istituzioni. Più in generale, rappresenta l’esito di almeno vent’anni di progressiva penetrazione jihadista nel Paese. A dimostrarlo sono anche i numeri dei foreign fighter australiani: circa 200 cittadini avrebbero raggiunto, tra il 2011 e il 2019, la Siria e l’Iraq per unirsi a organizzazioni jihadiste come lo Stato islamico e il Fronte Al Nusra. In Australia, per motivi incomprensibili le autorità non monitorano da anni ambienti di culto radicalizzati dove si inneggia ad Al Qaeda, Isis, Hamas, Hezbollah e Iran, alimentando un clima di radicalizzazione che ha prodotto gravi conseguenze.
Tra i principali predicatori radicali figura Wisam Haddad, noto anche come Abu Ousayd, leader spirituale di una rete pro Isis, individuata da un’inchiesta della Abc. Nonostante fosse sotto osservazione da decenni, non è mai stato formalmente accusato di terrorismo, un’anomalia che evidenzia l’inerzia dello Stato. Haddad feroce antisemita, predica una visione intransigente della Sharia, rifiutando il concetto di Stato e nazionalismo, attirando giovani radicalizzati e facilmente manipolabili. La sua rete ha contribuito al passaggio dalla radicalizzazione verbale al reclutamento operativo. Uno degli attori chiave di questa rete è Youssef Uweinat, ex reclutatore dell’Isis. Conosciuto come Abu Musa Al Maqdisi, ha adescato minorenni australiani, spingendoli alla violenza tramite chat criptate e propaganda jihadista, con messaggi espliciti, immagini di decapitazioni e video di bambini addestrati all’uso delle armi. Condannato nel 2019, Uweinat è stato rilasciato nel 2023 senza misure di sorveglianza severe e ha riallacciato i contatti con Haddad. Inoltre, Uweinat faceva parte di una cellula Isis infiltrata da una fonte dell’Asio, l’intelligence australiana, che ha documentato i piani di attacco e i legami con jihadisti all’estero.
Anche Joseph Saadieh, ex leader giovanile dell’ Al Madina Dawah Centre, ha fatto parte della rete. Arrestato nel 2021 con prove di supporto all’Isis, è stato rilasciato dopo un patteggiamento per un reato minore. L’inchiesta Abc riporta inoltre il ritorno di figure storiche del jihadismo australiano, come Abdul Nacer Benbrika, condannato per aver guidato un gruppo terroristico a Melbourne, e Wassim Fayad, presunto leader di una cellula Isis a Sydney. Questi ritorni indicano un tentativo di rilancio della rete jihadista. Secondo l’Asio, l’Isis ha recuperato capacità operative, aumentando il rischio di attentati in Australia. Tuttavia, nonostante l’allarme lanciato dalle agenzie, lo Stato australiano non sembra in grado di fermare le figure chiave del jihadismo domestico. Haddad continua a predicare liberamente, nonostante accuse di incitamento all’odio antisemita, e i suoi interlocutori principali sono ex detenuti per terrorismo senza misure di sorveglianza. Questo scenario solleva molti interrogativi sulla sostenibilità di una strategia che si limita a monitorare senza intervenire sui nodi ideologici e relazionali del jihadismo interno. La storia di Uweinat, Saadieh e altre figure simili suggerisce che la minaccia jihadista non emerge dal nulla, ma prospera nelle zone grigie lasciate dall’inerzia istituzionale, sollevando preoccupazioni sulla sicurezza e sulla capacità dello Stato di affrontare la radicalizzazione interna in modo efficace. Tutto questo ridimensiona la retorica dell’Australia come Paese blindato, dove entrano solo «i migliori» e solo a determinate condizioni. La realtà racconta ben altro: reti jihadiste attive, predicatori radicali liberi di operare e militanti già condannati che tornano a muoversi senza alcun argine. Non si tratta di una falla nei controlli di frontiera, ma di una resa dello Stato sul fronte interno. La radicalizzazione è stata lasciata prosperare come testimoniano le recenti manifestazioni in cui simboli dell’Isis e di Al Qaeda sono stati mostrati senza conseguenze, rendendo il contesto ancora più esplosivo.
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La polizia ha chiarito che gli attentatori erano padre e figlio. Si tratta di Sajid Akram, 50 anni, di origine pakistana, residente in Australia da molti anni, e di Naveed Akram, 24 anni, nato in Australia e residente nel sobborgo di Bonnyrigg, nella zona occidentale di Sydney. Secondo quanto riferito dagli investigatori, entrambi risultavano ideologicamente affiliati all’Isis e radicalizzati da tempo. Almeno uno dei due era noto ai servizi di sicurezza australiani, pur non essendo stato classificato come una minaccia imminente. Sajid Akram è stato ucciso durante l’intervento delle forze dell’ordine, mentre il figlio Naveed è rimasto ferito ed è attualmente ricoverato in ospedale sotto stretta sorveglianza: verrà formalmente interrogato non appena le sue condizioni cliniche lo consentiranno. Le autorità stanno cercando di chiarire il ruolo di ciascuno dei due nella pianificazione dell’attacco e se vi siano stati fiancheggiatori o complici. Nel corso delle perquisizioni effettuate ieri in diversi quartieri di Sydney, in particolare a Bonnyrigg e Campsie, la polizia ha rinvenuto armi ed esplosivi all’interno dei veicoli utilizzati dagli attentatori. Gli ordigni sono stati neutralizzati dagli artificieri e non risulta che siano stati attivati. Un elemento che, secondo gli inquirenti, conferma come il piano fosse più articolato e mirasse a provocare un numero ancora maggiore di vittime. Restano sotto la lente d’ingrandimento anche le misure di sicurezza adottate per l’evento: si parla, infatti, di una sparatoria durata diversi minuti prima che la situazione venisse definitivamente messa sotto controllo. Il che non può che sollevare numerosi interrogativi sulla tempestività dell’intervento e sull’adeguatezza dei controlli preventivi.
La strage, non a caso, ha fatto piovere parecchie critiche addosso al governo laburista guidato da Anthony Albanese, accusato dalle opposizioni e da parte della comunità ebraica di non aver rafforzato la protezione di un evento sensibile malgrado l’aumento degli episodi di antisemitismo registrati negli ultimi mesi in Australia. L’esecutivo ha espresso cordoglio e solidarietà, ma si trova ora a dover rispondere all’accusa di aver sottovalutato il pericolo. Albanese, intanto, ha annunciato una riunione straordinaria del National cabinet per discutere misure urgenti in materia di sicurezza e di controllo delle armi, mentre il governo del Nuovo Galles del Sud ha disposto un rafforzamento immediato della vigilanza attorno a sinagoghe, scuole e centri ebraici.
Numerose le reazioni anche dall’estero. Il premier italiano, Giorgia Meloni, ha condannato l’attentato parlando di «un atto vile e barbaro di terrorismo antisemita» e ribadendo che «l’Italia è al fianco della comunità ebraica e dell’Australia nella lotta contro ogni forma di odio e fanatismo». Parole di ferma condanna sono arrivate anche dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che in un messaggio ufficiale ha espresso «profondo cordoglio per le vittime innocenti» e ha sottolineato come «la violenza terroristica, alimentata dall’odio antisemita, rappresenti una minaccia per i valori fondamentali delle nostre democrazie».
Intanto, a Bondi Beach e in altre città australiane, si moltiplicano veglie e momenti di raccoglimento in memoria delle vittime. Molte iniziative pubbliche legate alla festività di Hanukkah sono state annullate o trasformate in cerimonie di lutto, mentre resta alta l’allerta delle forze di sicurezza in vista dei prossimi giorni.
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