Carlo Messina: «D’accordo con l’aumento nel rinnovo del contratto dei bancari. Non ci sono fusioni o acquisizioni all’orizzonte».
Carlo Messina: «D’accordo con l’aumento nel rinnovo del contratto dei bancari. Non ci sono fusioni o acquisizioni all’orizzonte».Intesa Sanpaolo batte le attese degli analisti e chiude il primo semestre dell’anno con un balzo dell’utile netto a 4,22 miliardi, in crescita dell’80% rispetto ai 2,35 miliardi dello stesso periodo dell’anno scorso. L’utile del secondo trimestre sale a 2,27 miliardi, rispetto agli 1,96 miliardi dello stesso periodo del 2022. «I risultati solidi e positivi dei primi sei mesi dell’anno ci consentono di aumentare la previsione di un utile netto 2023 ben superiore a 7 miliardi», ha sottolineato il ceo, Carlo Messina. Che fa felici anche i cosiddetti stakeholder con circa 3 miliardi di dividendi maturati nel semestre, 2,6 miliardi di imposte generate e aumentate di circa 590 milioni rispetto al primo semestre 2022 per effetto della crescita degli interessi netti, l’espansione del programma cibo e riparo per le persone in difficoltà e il rafforzamento delle iniziative per contrastare le disuguaglianze. Gli azionisti di Intesa, in particolare, potranno contare su un payout ratio cash pari al 70% dell’utile netto consolidato per ciascun anno del piano di impresa. Il cda, riunitosi ieri, ha previsto come acconto dividendi cash da distribuire a valere sui risultati del 2023 un ammontare non inferiore a 2,45 miliardi. Il management non esclude un’eventuale ulteriore distribuzione, da valutare anno per anno. «Nel 2023 potremo distribuire ai nostri azionisti 5,8 miliardi considerati il dividendo di maggio, la seconda tranche del buy back, e l’acconto dividendo di novembre», ha sottolineato Messina. Quanto al rinnovo del contratto che lega i dipendenti alla banca, previsto a partire dal prossimo anno, «abbiamo dato immediata disponibilità all’aumento richiesto dai sindacati e dalle persone della banca. In una fase caratterizzata da un incremento significativo della nostra redditività, e considerato l’aumento del costo della vita, riteniamo necessario un intervento in grado di fare la differenza per le persone che lavorano in banca», ha affermato Messina. La somma complessiva percepita nel semestre dai dipendenti di Intesa è stata pari a 3,2 miliardi. Nel 2022 l’istituto ha stanziato un contributo straordinario di 1.000 euro, esclusi i dirigenti, per fronteggiare l’inflazione (circa 80 milioni in totale).Il banchiere ha infine ricordato il forte impegno di Intesa nella trasformazione tecnologica: «Abbiamo già investito 1,8 miliardi in tecnologia nel corso del piano costruendo Isytech, l’infrastruttura tecnologica del nostro gruppo». Messina non vede, invece, alcuna fusione o acquisizione interessante all’orizzonte «che possa generare valore per i miei azionisti».
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Il progetto del corridoio fra India, Medio Oriente ed Europa e il patto difensivo con il Pakistan entrano nel dossier sulla normalizzazione con Israele, mentre Donald Trump valuta gli effetti su cooperazione militare e stabilità regionale.
Le trattative in corso tra Stati Uniti e Arabia Saudita sulla possibile normalizzazione dei rapporti con Israele si inseriscono in un quadro più ampio che comprende evoluzioni infrastrutturali, commerciali e di sicurezza nel Medio Oriente. Un elemento centrale è l’Imec, ossia il corridoio economico India-Medio Oriente-Europa, presentato nel 2023 come iniziativa multinazionale finalizzata a migliorare i collegamenti logistici tra Asia meridionale, Penisola Arabica ed Europa. Per Riyad, il progetto rientra nella strategia di trasformazione economica legata a Vision 2030 e punta a ridurre la dipendenza dalle rotte commerciali tradizionali del Golfo, potenziando collegamenti ferroviari, marittimi e digitali con nuove aree di scambio.
La piena operatività del corridoio presuppone relazioni diplomatiche regolari tra Arabia Saudita e Israele, dato che uno dei tratti principali dovrebbe passare attraverso porti e nodi logistici israeliani, con integrazione nelle reti di trasporto verso il Mediterraneo. Fonti statunitensi e saudite hanno più volte collegato la normalizzazione alle discussioni in corso con Washington sulla cooperazione militare e sulle garanzie di sicurezza richieste dal Regno, che punta a formalizzare un trattato difensivo bilaterale con gli Stati Uniti.
Nel 2024, tuttavia, Riyad ha firmato in parallelo un accordo di difesa reciproca con il Pakistan, consolidando una cooperazione storicamente basata su forniture militari, addestramento e supporto politico. Il patto prevede assistenza in caso di attacco esterno a una delle due parti. I governi dei due Paesi lo hanno descritto come evoluzione naturale di rapporti già consolidati. Nella pratica, però, l’intesa introduce un nuovo elemento in un contesto regionale dove Washington punta a costruire una struttura di sicurezza coordinata che includa Israele.
Il Pakistan resta un attore complesso sul piano politico e strategico. Negli ultimi decenni ha adottato una postura militare autonoma, caratterizzata da un uso esteso di deterrenza nucleare, operazioni coperte e gestione diretta di dossier di sicurezza nella regione. Inoltre, mantiene legami economici e tecnologici rilevanti con la Cina. Per gli Stati Uniti e Israele, questa variabile solleva interrogativi sulla condivisione di tecnologie avanzate con un Paese che, pur indirettamente, potrebbe avere punti di contatto con Islamabad attraverso il patto saudita.
A ciò si aggiunge il quadro interno pakistano, in cui la questione israelo-palestinese occupa un ruolo centrale nel dibattito politico e nell’opinione pubblica. Secondo analisti regionali, un eventuale accordo saudita-israeliano potrebbe generare pressioni su Islamabad affinché chieda rassicurazioni al partner saudita o adotti posizioni più assertive nei forum internazionali. In questo scenario, l’esistenza del patto di difesa apre la possibilità che il suo richiamo possa essere utilizzato sul piano diplomatico o mediatico in momenti di tensione.
La clausola di assistenza reciproca solleva inoltre un punto tecnico discusso tra osservatori e funzionari occidentali: l’eventualità che un’azione ostile verso Israele proveniente da gruppi attivi in Pakistan o da reticolati non statali possa essere interpretata come causa di attivazione della clausola, coinvolgendo formalmente l’Arabia Saudita in una crisi alla quale potrebbe non avere interesse a partecipare. Analoga preoccupazione riguarda la possibilità che operazioni segrete o azioni militari mirate possano essere considerate da Islamabad come aggressioni esterne. Da parte saudita, funzionari vicini al dossier hanno segnalato la volontà di evitare automatismi che possano compromettere i negoziati con Washington.
Sulle relazioni saudita-statunitensi, la gestione dell’intesa con il Pakistan rappresenta quindi un fattore da chiarire nei colloqui in corso. Washington ha indicato come priorità la creazione di un quadro di cooperazione militare prevedibile, in linea con i suoi interessi regionali e con le esigenze di tutela di Israele. Dirigenti israeliani, da parte loro, hanno riportato riserve soprattutto in relazione alle prospettive di trasferimenti tecnologici avanzati, tra cui sistemi di difesa aerea e centrali per la sorveglianza delle rotte commerciali del Mediterraneo.
Riyadh considera la normalizzazione con Israele parte di un pacchetto più ampio, che comprende garanzie di sicurezza da parte statunitense e un ruolo definito nel nuovo assetto economico regionale. Il governo saudita mantiene l’obiettivo di presentare il riconoscimento di Israele come passo inserito in un quadro di stabilizzazione complessiva del Medio Oriente, con benefici economici e infrastrutturali per più Paesi coinvolti. Tuttavia, la gestione del rapporto con il Pakistan richiede una definizione più precisa delle implicazioni operative del patto di difesa, alla luce del nuovo equilibrio a cui Stati Uniti e Arabia Saudita stanno lavorando.
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