2025-02-03
«Le nozze Mps-Mediobanca? Sono armoniche e trasparenti»
Angelo De Mattia (Imagoeconomica)
L’ex direttore centrale della Banca d’Italia Angelo De Mattia: «Il progetto che coinvolge anche Generali non è una rivalsa di Del Vecchio e Caltagirone. E va bene lo Stato nella governance».Una banca «di campagna» e neppure un modello - come Monte dei Paschi di Siena - che però vuole acquistare il salotto buono della finanza laica: Mediobanca. Sempre autonoma dai suoi azionisti. Chiunque essi siano. A me la cosa fa un po’ ridere, confesso. Magari lei Angelo De Mattia è abituato a ben altro… «Paradossalmente si ritorna alle origini. Sia chiaro; non voglio fare un paragone stretto, perché non reggerebbe. Ma Raffaele Mattioli, presidente della Banca commerciale italiana, aveva concepito Mediobanca usando questa frase: “Una banca della Comit e per la Comit”. Doveva cioè servire a supportare la ricostruzione del Paese. Poi divenne la banca di tutte e tre le Bin (Banche di interesse nazionale, ndr)».Credito italiano e Banco di Roma. Oltreché Comit… «Enrico Cuccia è stato così abile da rendere Mediobanca non solo indipendente dai suoi azionisti, ma addirittura a controllarli. Quasi fosse Mediobanca a controllare le tre Bin. Ma in pochi ricordano l’importanza di una legge, anzi di un decreto luogotenenziale emesso durante il periodo di provvisoria reggenza della Repubblica. Il decreto 370 del 1946 consentiva a Mediobanca - in quanto spa - di poter esercitare l’attività bancaria anche nel breve termine. Una deroga allo schema della vecchia legge bancaria del 1936 che poneva un rigido steccato fra il credito a breve e quello a medio-lungo termine. L’istituto di credito speciale poteva, quindi, fare la banca commerciale. E questo l’ha fatta entrare in collisione coi suoi azionisti. Anche altri istituti come Efibanca, Centrobanca e Interbanca provarono a fare lo stesso. Ma senza riuscirci».Curioso.«Mediobanca, in una situazione di quasi monopolio, ha potuto fare la cosiddetta banca universale sebbene questa sia ufficialmente nata solo con il Testo unico bancario del 1993. Tre cose insieme: la holding di partecipazioni, la merchant bank e la banca. Negli anni ha aggiunto nuove attività quali il credito al consumo (con Compass, ndr). Tutto questo, però, per arrivare ad una prima riflessione: l’integrazione in un unico gruppo fra Mps e Mediobanca non è affatto disarmonica. Il passato lo ricorda. La valutazione dell’aggregazione andrà ovviamente completata in base alle conseguenze in termini di governance, all’analisi del piano industriale, nonché della struttura organizzativa e del ruolo, centrale, del personale. La mia valutazione preliminare è, tuttavia, positiva».C’è chi obietta che difetti di trasparenza. «Siamo in presenza di una offerta pubblica di scambio (Ops) e non vedo come si possa essere più trasparenti di così».In qualità di ex direttore centrale della Banca d’Italia, lei ha impostato l’istruttoria dell’organo di vigilanza chiamato a dare il parere sull’operazione. E va bene. Ma non facciamo finta che Mediobanca sia una banca come le altre. I due principali azionisti di Mps (Caltagirone e Del Vecchio) dopo il Tesoro, sono soci importanti di Mediobanca e Generali. A questa mirano. Quindi è un’operazione di mercato o di sistema? Lo chiedo al De Mattia editorialista. «Nel settore bancario le aggregazioni si fanno se meglio rispondono alla ragion d’essere della banca stessa. E non solo per creare valore per gli azionisti. E neppure per scalare la classifica dimensionale. Ragion d’essere della banca significa tutela del risparmio e dell’attività creditizia nei confronti di imprese e famiglie. Ma mi consenta prima di aprire e chiudere una breve parentesi».Prego. «Uscito da Bankitalia, sono stato prima senior advisor di Generali durante la presidenza di Cesare Geronzi. Quindi, segretario di Fondazione Generali per sei anni. Da quando sono uscito da lì sono passati nove anni».È una realtà che conosce, chiaro. «Il progetto Mps-Mediobanca-Generali è un progetto che presenta complementarietà. Condivido l’operazione nella sua essenza. E la trovo coerente con le parole del ministro Giancarlo Giorgetti con cui, preciso, non ho mai parlato».Cioè? «Disse che la presenza del Tesoro dentro Mps era strumentale a un disegno di consolidamento del settore. Che per lungo tempo non si intravedeva. Tanto che io, criticamente, chiedevo dove fosse il consolidamento. Quanto alla presenza dello Stato azionista, purché in condizioni di parità con gli altri soci, non ci vedo nulla in contrario. Avviene così in tutti gli Stati. L’Antitrust non ha nulla da eccepire in materia. E comunque Generali è sistemica per definizione. Qualunque sia la prospettiva di osservazione. Lo è per il Paese. Basta scorrere l’elenco dei suoi presidenti. Un certo Cesare Merzagora, ad esempio, è stato anche presidente del Senato e si confrontava alla pari con Cuccia. Lo è per Mediobanca, da cui deriva un terzo degli utili. Enrico Cuccia la definiva come pupilla degli occhi di Mediobanca. Dentro Mediobanca e Generali vi sono professionalità di straordinario livello. Ciò non toglie che si possa ragionare sugli assetti istituzionali come si sta facendo ora. Ai primi degli anni Duemila, con Antoine Bernheim presidente, si pensava addirittura a un aumento di capitale in Generali. Per dire».L’accordo fra Generali e Natixis, nel comparto del risparmio gestito, torna a questo punto in discussione. Un accordo che Caltagirone e Del Vecchio non gradivano. E nemmeno alcuni amministratori. Approvare un’operazione del genere così a maggioranza è piuttosto anomalo. «Il giorno dopo all’annuncio di questa operazione, Nagel - non l’Alberto di Mediobanca ma Joachim, presidente del consiglio di sorveglianza di Commerzbank e già governatore di Bundesbank - parlava della necessità di tutelare massimamente la sovranità finanziaria nazionale. L’operazione Generali-Natixis merita ulteriori approfondimenti. Deve essere maggiormente meditata».Nel linguaggio felpato dei banchieri centrali, quale lei è stato, i termini «approfondimento» e «meditazione» non suonano certo come un via libera. «La cautela è d’obbligo. Da semplice osservatore manifesto forti perplessità sull’operazione francese anche perché Generali ha una storica professionalità nel gestire il risparmio. La mia prudenza non va confusa, quindi, con un disconoscimento della professionalità di Generali. È, anzi, vero il contrario. L’approfondimento è necessario su operazioni importanti come queste, in quanto veramente sistemiche. Devono farla i governi nazionali per esercitare la cosiddetta golden power. E cominciano ad essere diverse le operazioni così cruciali. Da Commerzbank-Unicredit a Unicredit-Bpm; da Mps-Mediobanca a Generali-Natixis. Non dico che in questo caso si debba arrivare a un diniego secco. Me certe condizioni, soprattutto in termini di governance, possono essere modificate. L’istruttoria ha il dovere di porre eventuali condizioni o limiti».Vista col senno di poi, si comprende la freddezza con cui il Tesoro ha accolto l’annuncio dell’acquisizione di Bom da parte di Unicredit. Che per non farsi mancare nulla rastrella azioni Generali. Bpm può essere partner industriale di Mps. Ed anche su Mediobanca visto che assieme ad Anima - con cui si sta fondendo - ha una quota rilevante all’interno di Rocca Salimbeni. «Ogni giorno banche e società di consulenza di tutto il mondo producono report dettagliati sulla validità delle aggregazioni. Ma alla loro base vi sono spesso valutazioni di tipo probabilistico. Ciò che rileva, invece, per me che ho una certa estrazione professionale, è il tema della complementarità. Rimane ancora da valutare il come avverrà l’integrazione fra Mps e Mediobanca, qualora l’operazione vada in porto. Ma rimane impresso in me l’insegnamento del mio grande maestro Antonio Fazio. Condiviso anche dal predecessore Carlo Azeglio Ciampi. Bisogna essere forti in patria prima di affrontare un’operazione cross border. E, comunque, le banche non sono imprese come tutte le altre. L’articolo 47 della Costituzione sulla tutela del risparmio è dedicato a loro».Mi fa sorridere chi storce il naso sulla presenza del Tesoro dentro Mps e nulla dice in proposito della presenza del governo tedesco dentro Commerzbank che dirigerà l’esisto dell’eventuale matrimonio o meno con Unicredit. Gli italiani devono sempre vergognarsi a esercitare le loro prerogative. «Si tratta di essere coerenti. Se sono soddisfatti i principi della stabilità e della sana e prudente gestione, la presenza dello Stato nella governance va accettata in entrambi i casi».Non sono consentiti due pesi e due misure. «La Bce, in quanto organo di vigilanza, dovrà formulare un’istruttoria ed esprimere un parere, sentito quello di Bankitalia. Io raccomando che si dia rilevanza all’organo più ravvicinato rispetto alle banche oggetto di valutazione. Perché solo così la vigilanza non diventa dirigismo. Come si sente spesso dire a proposito del fatto che la Bce deve favorire a prescindere le operazioni transfrontaliere. Dico che Luigi Lovaglio, dentro Mps, ha lavorato bene. La banca è risanata. L’operazione è stata presentata. E andrà valutata alla luce dei profili rilevanti che sono: il rispetto della stabilità, della sana e prudente gestione e della tutela del risparmio».Le azioni si pesano e non si contano diceva, appunto, Enrico Cuccia. Le azioni di Caltagirone e Del Vecchio dentro Mediobanca sono tante. Ma sono sempre state «pesate» poco. Nasce da questa volontà di rivalsa l’operazione di Mps su Mediobanca? «Condivido il fatto che ci sia una insoddisfazione più che legittima. Ma è un’operazione troppo rilevante, questa, per essere spiegata come una semplice rivalsa. E comunque Cuccia diceva anche: “Titolo quinto: chi ha i soldi ha vinto”. In questo caso la battuta calza a pennello a proposito della capacità di investimento di questi due azionisti».
Volodymyr Zelensky (Ansa)