2025-02-06
Le intercettazioni incastrano il tesoriere Pd
Nel riquadro l'ex contabile dell'accoglienza e tesoriere del Pd campano, Nicola Salvati (Getty Images)
Dagli atti dell’inchiesta di Salerno emergono i traffici per importare più migranti in Italia. De Luca tenta lo scaricabarile sul commissario del partito in Campania: «Chiedete a lui, ha praticamente sequestrato la segreteria da più di due anni».Lo studio di consulenza di Nicola Salvati da Poggiomarino, contabile dell’accoglienza e tesoriere del Pd campano fino all’altro giorno, quando il gip del Tribunale di Salerno l’ha privato della libertà disponendo gli arresti domiciliari (insieme ad altre 35 persone, compreso suo padre Giuseppe), sarebbe stato un pezzo dell’associazione a delinquere che avrebbe importato in Italia oltre 2.000 migranti sfruttando i Click day dei decreti Emersione e Flussi. Il suo profilo giudiziario, stando agli atti dell’inchiesta della Procura antimafia di Salerno, era quello dello spicciafaccende per sistemare le carte delle finte assunzioni nelle coop agricole, dei terreni che avrebbero dovuto rendere credibili quelle assunzioni e dell’artificioso aumento del volume d’affari «strumentale», secondo l’accusa, «alla presentazione e finalizzazione delle istanze». Più alto era il volume d’affari delle coop e più alta sarebbe stata la quota di migranti da poter incamerare. E, secondo gli inquirenti, a più pratiche corrispondeva un maggiore incasso: fino a 7.000 euro a domanda inoltrata, per un giro d’affari, quello di Raffaele Nappi, l’imprenditore al centro dell’intrigo, che gli inquirenti hanno stimato in circa 1 milione di euro. Il suo profilo politico, invece, era molto sotto traccia. Salvati si muoveva in silenzio nella segreteria dem campana, riuscendo a restare in carica anche dopo il commissariamento che un anno fa ha prodotto l’azzeramento degli uomini del governatore Vincenzo De Luca. Saltarono tutti. Tranne lui, che pure era considerato un deluchiano. Sin da quando era vicesindaco (tra il 2016 e il 2020) a Poggiomarino, comune a mezz’ora da Salerno, dove Nappi, come lui stesso ha raccontato agli inquirenti, si recava per chiedere consigli allo studio di consulenza, affermando di avere «più confidenza» con papà Giuseppe (pure lui commercialista), ma di aver usufruito anche dei consigli di Nicola, soprattutto negli ultimi tempi. E le conversazioni intercettate sembrano confermarlo. Mister nullaosta, per esempio, dopo una verifica dei carabinieri, viene beccato mentre chiede a Nappi la copia del contratto di fitto di un terreno. L’imprenditore gli spiega che «è stato solo registrato ma mai utilizzato» e chiede al consulente «la possibilità di cancellarlo in modo retroattivo». Nappi sembra avere la soluzione: «Tramite il Pin all’agenzia di Napoli». Poi spiega al suo cliente la ragione di quell’operazione: «Aprire una posizione su Napoli allo scopo di finalizzare delle istanze di Emersione/Flussi presentate in Prefettura». E sul controllo dell’Arma lo tranquillizza: «E va bene, sono venuti a vedere se è esistente (il terreno, ndr), se era esistente, i terreni sono tutti, hai capito o no?». Poi, annotano gli investigatori, «abbassa il tono della voce» e riferisce che «è stato solo registrato all’Agenzia delle entrate, all’Inps non è stato mai registrato, quindi io poi da là non ho preso niente». Nappi, però, quel contratto (che, ha ricostruito l’indagine, gli era stato procurato tramite papà Giuseppe) lo vuole far sparire. E Salvati gli ricorda: «Quando ho parlato con il padrone (il proprietario del terreno, ndr) mi ha detto ma a questo io non lo conosco… io lo feci perché prendemmo il nome, facemmo la visura catastale, 3.000 ettari di terra, vai avanti… si faceva cosi, si è fatto tanto così». E quando i controlli dell’Arma sono diventati più invasivi, Nappi torna a Poggiomarino. Nei telefoni c’è già il trojan dei carabinieri, che permette di registrare anche in modalità ambientale. Il sistema di captazione raccoglie le preoccupazioni dell’imprenditore: i militari hanno richiesto il bilancio analitico del 2020 «per verificare se i pagamenti ai lavoratori, effettuati tramite assegni, siano stati effettivamente contabilizzati». Salvati gli fa notare che in alcuni mesi «non trova alcuna tracciabilità delle retribuzioni». La risposta dell’imprenditore è disarmante: «Ma non ce li hai perché non li ho mai pagati... però, adesso gli ho fatto gli assegni, lui non lo sa che gli assegni…». Il commercialista, senza scomporsi, replica: «Va bene che non li hai pagati…». E Nappi rincara la dose: «Eh, però risulta dai conteggi che li ho messi a posto…». Ed è qui che emerge il tentativo di minimizzare le responsabilità, con Salvati che, in slang campano, prova a distinguere tra le conseguenze: «O’ fiscale non è penale». Un ragionamento che, alla luce degli sviluppi dell’inchiesta, si è rivelato quanto meno ottimistico. «Da questa conversazione», evidenzia il gip, «è lampante la piena consapevolezza dell’evidente illiceità delle condotte poste in essere dai soggetti coinvolti, che si addentrano pure in considerazioni giuridiche sulla natura, fiscale o penale, della loro responsabilità». Accuse che hanno spinto il Pd a congelare la posizione di Salvati, Mentre De Luca ieri ha tentato il ribaltone: «Per il tesoriere bisogna chiedere a un valoroso statista di nome Antonio Misiani, che fa il commissario del Pd campano, un partito sequestrato da due anni. Bisogna chiedere ai sequestratori». Cantava Vera Nandi: «Scurdammoce o’ passato».
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