2021-08-29
L’Inps rivuole gli indennizzi degli sportivi
L'Ente ignora il decreto del nuovo governo e in 6.000 scoprono di dover restituire gli 8-12.000 euro ottenuti e magari già spesi.Cornuti, mazziati e costretti dall'Inps a restituire i bonus anti Covid. I collaboratori sportivi, gli addetti alle palestre, alle piscine, gli operatori della danza e i semi professionisti dell'atletica hanno sopportato il lockdown e sofferto le chiusure ancor più dei ristoratori e delle partite Iva. Ora sono vittime di un altro virus: la burocrazia dello Stato. Per mesi hanno atteso le elargizioni del Conte bis lungo il calvario dei numerosi decreti Ristori. E poi circa 12.000, l'8% del totale degli sportivi, la scorsa primavera ha scoperto di essere diventato un esodato. Le norme scritte dal precedente governo e avallate dall'ex ministro Vincenzo Spadafora sono risultate non solo complesse, ma anche ricche di lacune. Così, in molti hanno fatto domanda all'Inps e anche a Sport e salute, la società fondata dal Coni e partecipata dal Mef, senza sapere che una avrebbe escluso l'altra. Altri sono caduti in errori formali indotti dai Caf, ma soprattutto dalla difficile interpretazione dei testi di legge. Risultato, con l'arrivo del nuovo governo e del sottosegretario Valentina Vezzali si è reso necessario un decreto con l'obiettivo di sanare la situazione. A dimostrazione che, a parte qualche furbetto, l'errore stava nella gestione del Conte bis. Tanto più che nel frattempo il cdm aveva partorito il decreto Sostegni uno, dentro il quale sono stati riversati 350 milioni di euro tutti destinati a Sport e salute per i sussidi ai collaboratori sportivi. Niente sarebbe però andato a quei 12.000 senza una sorta di sanatoria. Sport e salute, infatti, anche volendo procedere, si è trovata bloccata dall'articolo 75 del Dpr 445/2000, che le impedisce di erogare l'indennità a tutti quelli che hanno rilasciato - anche per semplice errore - una dichiarazione inesatta. Il 15 aprile scorso è così arrivato il decreto. Insomma, inghippi risolti nonostante si sarebbe potuto ascoltare le associazioni di categoria che già da mesi andavano denunciando le incompetenze del modello Spadafora. Peccato che chi ha tirato un sospiro di sollievo non ha fatto i conti con la contro burocrazia, quella del controllo ex ante. Dei circa 12.000 oggetto del decreto di aprile, metà ha superato tutti gli iter di valutazione rientrando a tutti gli effetti nel perimetro di competenza di Sport e salute esattamente come previsto dalle norme del Sostegni uno. Risultato: la controllata del Mef e l'istituto guidato da Pasquale Tridico avrebbero dovuto incrociare i saldi e gestirsi i giro conti di bilancio. I soldi incassati sono tutti legittimi - chiarisce in parole povere la sanatoria - e resta un problema dello Stato calcolarsi le partite di giro. Invece da dopo Ferragosto gli ex esodati stanno entrando in un vicolo infernale. Hanno cominciato a ricevere lettere dall'Inps che chiede la restituzione degli indennizzi. E si tratta di valori che viaggiano tra gli 8.000 e i 12.000 euro. Immaginate come debba sentirsi chi ha affrontato tutti i mesi di lockdown, è finito nelle pastoie della legge, è stato oggetto di un decreto sanatoria e poi scopre di dover restituire soldi che gli spettano e che quasi sicuramente ha già speso. Il tutto per colpa dell'incapacità comunicativa e per la criticabile efficienza dell'Inps. In più di tre mesi, infatti, l'istituto previdenziale non risulta aver fornito dati, informazioni né saldi a Sport e salute rendendo di fatto impossibile la compensazione. Inoltre, i centri regionali non sembrano dialogare granché con la direzione centrale. Quindi si sono limitati ad applicare le norme del precedente governo senza tenere conto di quanto accaduto successivamente. A questo punto è lecito immaginare - anzi ci auguriamo - che qualcuno fermi le lettere. In caso contrario dovremmo andare incontro a un nuovo decreto che vada a sanare la malagestione della sanatoria o qualcosa che consenta di bonificare immediatamente la somma ai legittimi «proprietari». Non può infatti apparire una scusante il fatto che si tratti di un contingente di «sole» 6.000 persone su 12.000. Nulla cambierebbe se fossero di meno. L'enorme macchina dei ristori lo scorso aprile aveva ancora un arretrato di 100.000 pratiche datate 2020 e non ancora vistate dall'Ente di Tridico. L'Inps abituata a numeri ben più alti considererà la questione dei collaboratori sportivi una goccia nell'acqua. Tridico dovrebbe sapere che si tratta di individui e famiglie e non di semplici contribuenti o utenti. Abbiamo scritto più volte che il sistema di ristori era sbagliato fin dall'inizio, ma una volta avviato è facile capire che non può essere fermato né cambiato in corsa. Ciò non significa che ci si può accontentare delle statistiche. Nessuno dovrebbe sottovalutare il disagio e il pericolo che tali situazioni e tali richieste di rimborsi generano. L'instabilità che piomba improvvisamente su una famiglia è un problema enorme. Ma c'è anche un tema di marketing che non va sottovalutato. A istituzioni e politici quest'anno non è sembrato vero twittare a ogni medaglia vinta alle Olimpiadi in Giappone. Celebrazioni attorno al medagliere da record dei nostri atleti. Benissimo. Se la lista si è allungata è anche perché molti non sono riusciti ad arrivare a Tokyo. Si sono fermati prima, ma hanno partecipato al grande vivaio che è la passione sportiva. Le medaglie alla fine nascono dall'humus di questi collaboratori sportivi, di coloro che tentano e che faticano. Esattamente gli stessi che hanno patito il lockdown più lungo del 2020. È un po' comodo accendere i riflettori una volta ogni quattro anni dimenticando la quotidianità e la sfida più complessa: sostenere quell'humus giorno dopo giorno anche dal punto di vista economico.
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