
L’economista Domenico Lombardi: «La gestione di Giorgetti sta pagando, nella manovra ci sarà qualche margine per aiutare famiglie e imprese. Alla fine gli importatori americani ci privilegeranno rispetto ad altre economie».I conti vanno meglio del previsto e il deficit potrebbe scendere sotto la soglia del 3%. Domenico Lombardi, economista, professore di Politiche economiche e governance dell’Eurozona alla Luiss, che ne pensa?«Negli ultimi due anni e mezzo, il governo Meloni ha adottato una postura particolarmente prudenziale nella gestione dei conti pubblici, peraltro in un contesto internazionale particolarmente incerto. Per la verità, non si tratta di un obiettivo particolarmente originale. A differenza di altri governi, tuttavia, le azioni di politica economica sono state coerenti e conseguenti. Lo scorso anno, per esempio, vi è stato uno scostamento dalle previsioni per cui il disavanzo fiscale è risultato di un punto percentuale di Pil al di sotto delle attese, rafforzando la nostra posizione di finanza pubblica. Guardando in avanti, occorre abbassare il disavanzo al di sotto del 3% non solo perché richiesto dalla governance europea, ma soprattutto perché coerente con l’interesse del Paese: la stabilità macro-fiscale è, infatti, condizione necessaria per la crescita. Non escluderei che già nei prossimi mesi l’Italia possa uscire dalla procedura di infrazione, in anticipo rispetto alle previsioni, monetizzando, per così dire, la cautela del ministro Giorgetti».Se i conti vanno meglio, la manovra d’autunno non dovrebbe essere pesante, o è un’illusione?«Dal momento che l’Italia è tecnicamente sotto procedura di infrazione e la situazione internazionale impone particolare cautela, i margini di manovra esistono, ma sono limitati, anche se non mancherà l’attenzione alle famiglie e alle imprese più vulnerabili. La manovra dovrebbe concentrarsi sulle seguenti leve: misure pro lavoro e competitività per le imprese esposte ai costi energetici; riqualificazione ed efficientamento della spesa, spostando risorse verso interventi con impatto misurabile sulla produttività».I dazi di Trump rischiano di ostacolare la crescita?«L’effetto dipenderà da tre fattori: trasferimento dei dazi sui prezzi finali, capacità delle imprese di riconfigurare le catene del valore e l’ampiezza di aree grigie nella lettera e nella prassi applicativa dell’accordo. Infine, gli importatori americani stanno riconfigurando la composizione geografica del loro import, privilegiando le giurisdizioni con tariffe più basse. In tal senso, la Ue è in una posizione relativamente più vantaggiosa rispetto ad altre economie che, ad eccezione del Regno Unito, del Giappone e della Corea del Sud, sono state colpite da tariffe assai più elevate. Gestire i dazi è anche ingegneria di filiera, non solo diplomazia».Lo spread non è mai stato così basso, è un segnale di buona salute per la nostra economia?«Lo spread ai minimi da 15 anni riflette fondamentali più solidi, stabilità politica e minore incertezza domestica. I rating, tuttavia, tendono a muoversi con gradualità: se la stabilità politica e macro-fiscale prosegue, nel tempo si rifletterà anche nelle valutazioni del merito di credito sovrano da parte delle agenzie di rating che, peraltro, hanno già segnalato al mercato i progressi raggiunti. Diciamo che mentre l’Italia corre date le circostanze, i rating camminano…».Quali punti deboli il governo dovrebbe affrontare in autunno?«Il governo Meloni dovrebbe muoversi su due fronti. Da un lato, l’incertezza geopolitica rimarrà un elemento di attenzione per i prossimi anni. Per mitigarne gli effetti, il governo dovrebbe continuare ad alimentare stabilità politica, macroeconomica e fiscale. La stabilità, infatti, non può essere mai data per acquisita, ma va continuamente alimentata con politiche economiche prudenti e prevedibili. Guardando in avanti, occorre capitalizzare sugli effetti della stabilità favorendo la crescita trainata dal settore privato. Si tratta di dare priorità alla semplificazione normativa e amministrativa e alla certezza regolatoria, di agevolare l’afflusso di capitale di debito e di rischio alle imprese meritevoli e di valorizzare la capacità di innovare della nostra economia. Insomma, meno carte, più capitali e più innovazione. Solo consolidando il circolo virtuoso tra stabilità e crescita si migliorerà la composizione del gettito: più base imponibile, maggiore compliance e un accresciuto spazio di manovra».La conclusione del conflitto ucraino potrebbe riavviare le forniture di gas dalla Russia, facendo scendere la bolletta energetica?«L’aggressione russa all’Ucraina ha messo sotto i riflettori l’assenza di un’adeguata diversificazione nel nostro approvvigionamento energetico. Anche col cessate il fuoco, un ritorno al passato è improbabile. Le economie europee manterranno una diversificazione strutturale delle forniture: riduce il rischio, anche se non garantisce automaticamente prezzi più bassi, che dipendono da mix energetico, stoccaggi e geopolitica. Non è solo una questione di diversificazione del mix energetico, ma di affidabilità della Russia come Paese. Se decidesse di porsi ancora al di fuori del diritto internazionale, sarebbe colpita da nuove sanzioni. Una tale prospettiva difficilmente permetterà il ritorno all’equilibrio preesistente. Alla fine, diversificare costa meno che tornare vulnerabili».
Giuseppe Vinci (Ansa)
Giuseppe Vinci, rapito nel 1994, figlio del titolare di una catena di supermarket restò prigioniero 310 giorni: «I carcerieri erano miei conterranei e la sera uno mi parlava per un quarto d’ora. In catene avevo un incubo: mi liberavano per il weekend “però lunedì torni qua”».
2025-10-24
Il libro postumo di Virginia Giuffre riapre il caso Epstein e le accuse al principe Andrea
True
Getty Images
Nel libro postumo Nobody’s Girl, Virginia Giuffre descrive la rete di abusi orchestrata da Jeffrey Epstein e Ghislaine Maxwell e ripercorre gli incontri sessuali con il principe Andrea, confermando accuse già oggetto di cause e accordi extragiudiziali.






