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2020-10-01
Il virus è fra i 5 stelle, panico in Senato
Marco Croatti e Francesco Mollame (Ansa)
Certo, con il parere sul Recovery fund da votare la prossima settimana, un Senato chiuso per Covid-19 grillino sarebbe un'eurobeffa. Ma in fondo, vista la profonda crisi che sta attraversando il Movimento 5 stelle, anche il fatto che i due senatori che hanno rischiato di far serrare i portoni di Palazzo Madama siano del partito di Beppe Grillo rende purtroppo assai bene l'idea di una stagione jellata. Per ora, una preoccupatissima Elisabetta Casellati ha deciso di andare avanti, mentre i deputati pentastellati si sottoponevano a tamponi e test sierologici. Il rischio di fare tutti quanti la figura dei calciatori di Serie A, tra i quali cresce ogni giorno il numero dei contagi, non piace a nessuno, ma anche sospendere l'attiva legislativa proprio nel mezzo di un autunno ricco di appuntamenti importanti è quello che un po' tutti vorrebbero evitare.
Per tutta la mattina sono stati fatti gli accertamenti imposti dai protocolli di sicurezza del Senato e la Casellati ha sospeso la convocazione delle Commissioni per consentire ai 5 stelle di fare i tamponi. In realtà, molti hanno sostenuto anche i testi sierologici, perché dei tamponi si fidano poco anche loro. Nel pomeriggio, Casellati ha spazzato via i dubbi: «Il Senato è aperto e non ho nessuna intenzione di chiudere. Non l'ho fatto neppure nel periodo più acuto della pandemia e sarebbe assurdo che succedesse adesso». E a riprova delle fiere intenzioni, ha subito convocato per le 9 e mezza di questa mattina la Conferenza dei capigruppo.
Va detto, comunque, che chi ha parlato con lei ieri a metà giornata, a cominciare dai grillini, l'ha definita «preoccupatissima». Perché questa è la classica situazione che «come fai sbagli». E per non sbagliare, ieri i grillini sono corsi a fare ogni tipo di test, dopo che hanno saputo che i colleghi Francesco Mollame e Marco Croatti erano positivi al coronavirus.
Daniele Pesco, presidente della commissione Bilancio, avrebbe dovuto iniziare l'esame del decreto Agosto, ma la riunione è saltata per permettergli di fare sia il tampone che il test del sangue.
Anche lui non avrebbe voluto fermare i lavori parlamentari per nulla al mondo. Chi è un vero recordman della prevenzione e della profilassi è il suo collega Elio Lannutti, che con il tampone di martedì pomeriggio ha messo a segno un invidiabile record: otto tamponi e due test sierologici. Che sia uno battagliero e con molta voglia di lavorare, del resto, è ampiamente noto. E mentre in Senato si procedeva alla sanificazione completa, filtravano i particolari sui due senatori positivi.
I questori di Palazzo Madama hanno dovuto fare un po' i poliziotti e alla fine di una rapida indagine hanno fatto sapere in una nota che Mollame «non frequenta i locali del Senato a far data dal 10 settembre».
Mentre di Croatti si sa che «ha avuto l'ultimo accesso agli stessi locali il giorno 24 settembre». Sulla base di queste informazioni, si è quindi proceduto a mappare tutti gli incontri possibili. Mollame aveva comunicato la propria condizione sanitaria lunedì, mentre la notizia di Croatti è stata diffusa solo ieri. Colpisce che entrambi avessero partecipato a un comizio in sostegno del candidato sindaco di Faenza (Ravenna) per le amministrative del 20-21 settembre. Ieri, molti grilini puntavano su questo elemento per spiegare la doppia positività dei colleghi. Croatti ha dato prova di massima trasparenza e ieri su Facebook ha raccontato della propria positività, e non solo. «Per correttezza nei confronti di tutti e per i giornalisti che proveranno a chiamarmi, vi informo che giovedì ho preso parte all'assemblea dei senatori del Movimento 5 stelle, munito di mascherina e nel rispetto del distanziamento sociale nei confronti dei presenti», ha scritto sui social. E poi ha raccontato che si è messo in quarantena da lunedì, invitando tutti i suoi seguaci ad avere «massima cautela, perché solo rispettando tutti insieme le indicazioni che ci vengono date potremo avere la meglio su questo virus». Invece il siciliano Mollame non ha partecipato all'ultima assise grillina di lunedì perché aveva già la febbre. «Non l'abbiamo visto manco in remoto», confermano i colleghi dell'Isola.
Torna però a porsi con una certa insistenza il problema del funzionamento del Parlamento, visto che una seconda ondata di contagi è purtroppo nelle previsioni di molti, dopo la mezza tregua estiva. In Senato, la prossima settimana, si devono discutere e sfornare alcuni pareri importanti, trai quali spicca quello sul Recovery fund. E poi, inizierà la sessione di bilancio con la nota di aggiornamento al Def. Il costituzionalista del Pd, Stefano Ceccanti, da un lato è contento che il Senato non si sia fermato che mezza giornata, ma poi osserva che «sarebbe il caso di riprendere il dibattito sul lavoro a distanza del Parlamento, preparando decisioni opportune nel segno della prudenza e del dovere di funzionamento degli organi costituzionali». Anche il grillino Giuseppe Brescia ne approfitta per chiedere «passi avanti sul voto da remoto». Ma certo, dopo la passata venerazione per la piattaforma Rousseau, ci manca giusto l'introduzione della «democrazia in remoto» per toccare il fondo.
Tutti negativi nel Napoli. Ma sullo stop alla Serie A è guerra tra ministeri
«Sono tutti negativi i tamponi effettuati ieri al gruppo squadra della Sscn. I prossimi tamponi saranno effettuati domani pomeriggio. Forza Napoli sempre»: alle 15 e 36 di ieri pomeriggio, quando su twitter il Napoli annuncia il risultato negativo dei tamponi effettuati il giorno prima, tutto il calcio italiano tira un sospiro di sollievo.
La positività di ben 15 componenti del gruppo squadra del Genoa, che domenica scorsa ha affrontato gli azzurri di Rino Gattuso al San Paolo, rimediando una pesante sconfitta, ha fatto tremare non solo il Napoli, atteso domenica sera a Torino dalla Juventus per una partita che ha già il sapore della sfida-scudetto, ma l'intero mondo del pallone. La negatività ai tamponi dei calciatori e dei dirigenti del Napoli, va sottolineato, non consente di essere certi che l'incontro con il Genoa non abbia prodotto contagiati: l'incubazione del Covid può durare 4/5 giorni, e quindi oggi gli azzurri si sottoporranno a un secondo test, i cui risultati si conosceranno domani. Se tutto andrà bene, il big match di domenica sera a Torino si disputerà regolarmente. «Siamo moderatamente ottimisti», fanno sapere alla Verità fonti vicine alla dirigenza del Napoli, «anche se sappiamo che i test decisivi saranno quelli di domani (oggi, ndr) e quelli che verranno effettuati sabato. I calciatori hanno appreso dell'esito negativo del tampone durante l'allenamento, e la notizia li ha caricati ancora di più. Nessuno ha sintomi, stanno tutti bene, e questo ci rende ancora più fiduciosi, ma la cautela è d'obbligo. È bene che il calcio italiano sappia che episodi di questo genere potranno ancora verificarsi: occorre essere preparati ad affrontare queste criticità».
Più complicata la questione per quel che riguarda la partita Genoa-Torino, in programma sabato al Marassi: «Siamo tutti in quarantena. La Asl ci ha fermato», spiega a Radio Kiss Kiss il direttore sportivo rossoblu, Daniele Faggiano, «non possiamo giocare sabato contro il Torino anche con i 13 disponibili. Senza allenamenti dobbiamo rinviarla. La data si trova perché anche i granata non fanno le Coppe». Ieri i giocatori genoani negativi non si sono allenati: sono andati al campo di allenamento per fare il tampone senza scendere dalle auto e sono poi tornati a casa in attesa dei risultati. «La situazione dei giocatori negativi», fa sapere la Asl 3 di Genova, «va monitorata giorno per giorno perché essendo stati in contatto con i giocatori positivi possono positivizzarsi. Secondo il protocollo scritto dal ministero lo scorso giugno i giocatori negativi potranno allenarsi se verrà confermata la loro negatività».
Intanto, nel pallone ci finisce il governo. «I protocolli che abbiamo sottoscritto parlano chiaro», sentenzia ieri mattina il sottosegretario alla Salute, Sandra Zampa, a Radio Capital, «il campionato di Serie A deve essere sospeso. Quando c'è un numero di positivi così alto, non si può che fermare il campionato. I positivi non sono in grado di giocare, e possono contagiare altre persone». Una dichiarazione che, se il governo giallorosso fosse una cosa seria, cadrebbe come una mannaia sul mondo del pallone. Ma i giallorossi, si sa, sono una truppa assai squinternata, e il ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora, poche ore dopo, definisce «avventate» le parole della Zampa: «Non ci sono le condizioni», sottolinea Spadafora, «per fermare il campionato di calcio».
Ancora un'oretta e la Zampa si autosmentisce: «Non ho mai pensato che andasse sospeso il campionato», dice il sottosegretario alla Salute a La7, «penso che quei giocatori non possano giocare. Ha ragione mio nipote che mi dice sempre di non parlare di calcio. Il protocollo dice che i giocatori che risultano positivi non potranno giocare. Se si continua così è inevitabile che poi si sospenda tutto». Tanto per aumentare la confusione, arriva la presa di posizione di Paolo Sileri, viceministro della Salute: «In caso di più calciatori positivi va fatto un passo indietro», argomenta Sileri, «stabilizzare la situazione e ripartire. Se troviamo dieci giocatori positivi da una parte, cinque dall'altra, faccio fatica a pensare ad un campionato aperto». In attesa di un intervento del nipote di Sileri, il capogruppo alla Camera di Fratelli d'Italia, Francesco Lollobrigida, mette il dito nella piaga: «L'ennesimo cortocircuito fatto di dichiarazioni e smentite sull'ipotesi di chiusura del campionato di calcio», attacca Lollobrigida, «certifica ancora una volta la completa inadeguatezza da parte del governo di gestire le criticità emerse in questi giorni dopo l'accertata positività al Covid di alcuni giocatori del Genoa. Paventare lo stop, come ha fatto oggi il sottosegretario alla Salute Zampa, per poi rettificare in modo precipitoso, come ha fatto il ministro dello Sport Spadafora, non fa che alimentare confusione». «Non mi sembra ci siano gli estremi per fermare il campionato di calcio», commenta il leader della Lega, Matteo Salvini.
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Positivi Marco Croatti e Francesco Mollame, test a tutto il gruppo. Elisabetta Casellati assicura: «Nessuna intenzione di chiudere». Ma tra i giallorossi la tentazione della «democrazia da remoto» c'è. Stefano Ceccanti del Pd: «Riprendere il dibattito su lavoro a distanza del Parlamento».Calcio, tamponi negativi nel Napoli. Domani i risultati decisivi per i partenopei. Scontro tra Sandra Zampa (Salute) e Vincenzo Spadafora (Sport). La dem si incarta sul blocco del campionato. Il grillino: «Parole avventate».Lo speciale contiene due articoli.Certo, con il parere sul Recovery fund da votare la prossima settimana, un Senato chiuso per Covid-19 grillino sarebbe un'eurobeffa. Ma in fondo, vista la profonda crisi che sta attraversando il Movimento 5 stelle, anche il fatto che i due senatori che hanno rischiato di far serrare i portoni di Palazzo Madama siano del partito di Beppe Grillo rende purtroppo assai bene l'idea di una stagione jellata. Per ora, una preoccupatissima Elisabetta Casellati ha deciso di andare avanti, mentre i deputati pentastellati si sottoponevano a tamponi e test sierologici. Il rischio di fare tutti quanti la figura dei calciatori di Serie A, tra i quali cresce ogni giorno il numero dei contagi, non piace a nessuno, ma anche sospendere l'attiva legislativa proprio nel mezzo di un autunno ricco di appuntamenti importanti è quello che un po' tutti vorrebbero evitare. Per tutta la mattina sono stati fatti gli accertamenti imposti dai protocolli di sicurezza del Senato e la Casellati ha sospeso la convocazione delle Commissioni per consentire ai 5 stelle di fare i tamponi. In realtà, molti hanno sostenuto anche i testi sierologici, perché dei tamponi si fidano poco anche loro. Nel pomeriggio, Casellati ha spazzato via i dubbi: «Il Senato è aperto e non ho nessuna intenzione di chiudere. Non l'ho fatto neppure nel periodo più acuto della pandemia e sarebbe assurdo che succedesse adesso». E a riprova delle fiere intenzioni, ha subito convocato per le 9 e mezza di questa mattina la Conferenza dei capigruppo. Va detto, comunque, che chi ha parlato con lei ieri a metà giornata, a cominciare dai grillini, l'ha definita «preoccupatissima». Perché questa è la classica situazione che «come fai sbagli». E per non sbagliare, ieri i grillini sono corsi a fare ogni tipo di test, dopo che hanno saputo che i colleghi Francesco Mollame e Marco Croatti erano positivi al coronavirus.Daniele Pesco, presidente della commissione Bilancio, avrebbe dovuto iniziare l'esame del decreto Agosto, ma la riunione è saltata per permettergli di fare sia il tampone che il test del sangue. Anche lui non avrebbe voluto fermare i lavori parlamentari per nulla al mondo. Chi è un vero recordman della prevenzione e della profilassi è il suo collega Elio Lannutti, che con il tampone di martedì pomeriggio ha messo a segno un invidiabile record: otto tamponi e due test sierologici. Che sia uno battagliero e con molta voglia di lavorare, del resto, è ampiamente noto. E mentre in Senato si procedeva alla sanificazione completa, filtravano i particolari sui due senatori positivi. I questori di Palazzo Madama hanno dovuto fare un po' i poliziotti e alla fine di una rapida indagine hanno fatto sapere in una nota che Mollame «non frequenta i locali del Senato a far data dal 10 settembre». Mentre di Croatti si sa che «ha avuto l'ultimo accesso agli stessi locali il giorno 24 settembre». Sulla base di queste informazioni, si è quindi proceduto a mappare tutti gli incontri possibili. Mollame aveva comunicato la propria condizione sanitaria lunedì, mentre la notizia di Croatti è stata diffusa solo ieri. Colpisce che entrambi avessero partecipato a un comizio in sostegno del candidato sindaco di Faenza (Ravenna) per le amministrative del 20-21 settembre. Ieri, molti grilini puntavano su questo elemento per spiegare la doppia positività dei colleghi. Croatti ha dato prova di massima trasparenza e ieri su Facebook ha raccontato della propria positività, e non solo. «Per correttezza nei confronti di tutti e per i giornalisti che proveranno a chiamarmi, vi informo che giovedì ho preso parte all'assemblea dei senatori del Movimento 5 stelle, munito di mascherina e nel rispetto del distanziamento sociale nei confronti dei presenti», ha scritto sui social. E poi ha raccontato che si è messo in quarantena da lunedì, invitando tutti i suoi seguaci ad avere «massima cautela, perché solo rispettando tutti insieme le indicazioni che ci vengono date potremo avere la meglio su questo virus». Invece il siciliano Mollame non ha partecipato all'ultima assise grillina di lunedì perché aveva già la febbre. «Non l'abbiamo visto manco in remoto», confermano i colleghi dell'Isola. Torna però a porsi con una certa insistenza il problema del funzionamento del Parlamento, visto che una seconda ondata di contagi è purtroppo nelle previsioni di molti, dopo la mezza tregua estiva. In Senato, la prossima settimana, si devono discutere e sfornare alcuni pareri importanti, trai quali spicca quello sul Recovery fund. E poi, inizierà la sessione di bilancio con la nota di aggiornamento al Def. Il costituzionalista del Pd, Stefano Ceccanti, da un lato è contento che il Senato non si sia fermato che mezza giornata, ma poi osserva che «sarebbe il caso di riprendere il dibattito sul lavoro a distanza del Parlamento, preparando decisioni opportune nel segno della prudenza e del dovere di funzionamento degli organi costituzionali». Anche il grillino Giuseppe Brescia ne approfitta per chiedere «passi avanti sul voto da remoto». Ma certo, dopo la passata venerazione per la piattaforma Rousseau, ci manca giusto l'introduzione della «democrazia in remoto» per toccare il fondo. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/infetti-due-grillini-panico-tra-i-senatori-2647872936.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="tutti-negativi-nel-napoli-ma-sullo-stop-alla-serie-a-e-guerra-tra-ministeri" data-post-id="2647872936" data-published-at="1601500956" data-use-pagination="False"> Tutti negativi nel Napoli. Ma sullo stop alla Serie A è guerra tra ministeri «Sono tutti negativi i tamponi effettuati ieri al gruppo squadra della Sscn. I prossimi tamponi saranno effettuati domani pomeriggio. Forza Napoli sempre»: alle 15 e 36 di ieri pomeriggio, quando su twitter il Napoli annuncia il risultato negativo dei tamponi effettuati il giorno prima, tutto il calcio italiano tira un sospiro di sollievo. La positività di ben 15 componenti del gruppo squadra del Genoa, che domenica scorsa ha affrontato gli azzurri di Rino Gattuso al San Paolo, rimediando una pesante sconfitta, ha fatto tremare non solo il Napoli, atteso domenica sera a Torino dalla Juventus per una partita che ha già il sapore della sfida-scudetto, ma l'intero mondo del pallone. La negatività ai tamponi dei calciatori e dei dirigenti del Napoli, va sottolineato, non consente di essere certi che l'incontro con il Genoa non abbia prodotto contagiati: l'incubazione del Covid può durare 4/5 giorni, e quindi oggi gli azzurri si sottoporranno a un secondo test, i cui risultati si conosceranno domani. Se tutto andrà bene, il big match di domenica sera a Torino si disputerà regolarmente. «Siamo moderatamente ottimisti», fanno sapere alla Verità fonti vicine alla dirigenza del Napoli, «anche se sappiamo che i test decisivi saranno quelli di domani (oggi, ndr) e quelli che verranno effettuati sabato. I calciatori hanno appreso dell'esito negativo del tampone durante l'allenamento, e la notizia li ha caricati ancora di più. Nessuno ha sintomi, stanno tutti bene, e questo ci rende ancora più fiduciosi, ma la cautela è d'obbligo. È bene che il calcio italiano sappia che episodi di questo genere potranno ancora verificarsi: occorre essere preparati ad affrontare queste criticità». Più complicata la questione per quel che riguarda la partita Genoa-Torino, in programma sabato al Marassi: «Siamo tutti in quarantena. La Asl ci ha fermato», spiega a Radio Kiss Kiss il direttore sportivo rossoblu, Daniele Faggiano, «non possiamo giocare sabato contro il Torino anche con i 13 disponibili. Senza allenamenti dobbiamo rinviarla. La data si trova perché anche i granata non fanno le Coppe». Ieri i giocatori genoani negativi non si sono allenati: sono andati al campo di allenamento per fare il tampone senza scendere dalle auto e sono poi tornati a casa in attesa dei risultati. «La situazione dei giocatori negativi», fa sapere la Asl 3 di Genova, «va monitorata giorno per giorno perché essendo stati in contatto con i giocatori positivi possono positivizzarsi. Secondo il protocollo scritto dal ministero lo scorso giugno i giocatori negativi potranno allenarsi se verrà confermata la loro negatività». Intanto, nel pallone ci finisce il governo. «I protocolli che abbiamo sottoscritto parlano chiaro», sentenzia ieri mattina il sottosegretario alla Salute, Sandra Zampa, a Radio Capital, «il campionato di Serie A deve essere sospeso. Quando c'è un numero di positivi così alto, non si può che fermare il campionato. I positivi non sono in grado di giocare, e possono contagiare altre persone». Una dichiarazione che, se il governo giallorosso fosse una cosa seria, cadrebbe come una mannaia sul mondo del pallone. Ma i giallorossi, si sa, sono una truppa assai squinternata, e il ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora, poche ore dopo, definisce «avventate» le parole della Zampa: «Non ci sono le condizioni», sottolinea Spadafora, «per fermare il campionato di calcio». Ancora un'oretta e la Zampa si autosmentisce: «Non ho mai pensato che andasse sospeso il campionato», dice il sottosegretario alla Salute a La7, «penso che quei giocatori non possano giocare. Ha ragione mio nipote che mi dice sempre di non parlare di calcio. Il protocollo dice che i giocatori che risultano positivi non potranno giocare. Se si continua così è inevitabile che poi si sospenda tutto». Tanto per aumentare la confusione, arriva la presa di posizione di Paolo Sileri, viceministro della Salute: «In caso di più calciatori positivi va fatto un passo indietro», argomenta Sileri, «stabilizzare la situazione e ripartire. Se troviamo dieci giocatori positivi da una parte, cinque dall'altra, faccio fatica a pensare ad un campionato aperto». In attesa di un intervento del nipote di Sileri, il capogruppo alla Camera di Fratelli d'Italia, Francesco Lollobrigida, mette il dito nella piaga: «L'ennesimo cortocircuito fatto di dichiarazioni e smentite sull'ipotesi di chiusura del campionato di calcio», attacca Lollobrigida, «certifica ancora una volta la completa inadeguatezza da parte del governo di gestire le criticità emerse in questi giorni dopo l'accertata positività al Covid di alcuni giocatori del Genoa. Paventare lo stop, come ha fatto oggi il sottosegretario alla Salute Zampa, per poi rettificare in modo precipitoso, come ha fatto il ministro dello Sport Spadafora, non fa che alimentare confusione». «Non mi sembra ci siano gli estremi per fermare il campionato di calcio», commenta il leader della Lega, Matteo Salvini.
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Piuttosto, è il tentativo di capire cosa si celi oltre quelle bellezze, sotto ciò che lo sguardo abbraccia, dentro la terra che oggi andrebbe scavata. Roma dovrebbe avere una linea metropolitana più efficiente. Più fermate, collegamenti migliori. Ma il condizionale è obbligatorio, figlio della necessità di appurare che non ci siano reperti a separare il dire dal fare. Il documentario, accompagnato dalla voce narrante di Domenico Strati e scritto con la consulenza storico-archeologica della dottoressa Claudia Devoto, non pretende di avere risposte, ma cerca di portare a galle le criticità del progetto. Chiedendo e chiedendosi che ne possa essere di Roma, se possa un giorno arrivare ad essere una metropoli contemporanea, il passato relegato al proprio posto, o se, invece, la sua storia sia destinata ad essere troppo ingombrante, impedendole la crescita infrastrutturale che vorrebbe avere.
Roma Sotterranea, disponibile per lo streaming su NowTv, racconta come ingegneri e archeologi abbiano lavorato in sinergia per realizzare un piano atto a portare all'inaugurazione delle nuove fermate della Linea C di Roma, quelle che (da progetto) dovrebbero collegare la periferia sudorientale a quella occidentale della città. E, nel raccontare questo lavoro, racconta parimenti come il gruppo di ingegneri e archeologi abbia cercato di prevedere e accogliere ogni imprevisto, così da accompagnare la città nel suo sviluppo. Questo perché i sondaggi di archeologia preventiva non sempre rivelano quanto poi potrà emergere durante lavori di scavo così imponenti. In Piazza Venezia, inaspettatamente, è tornata alla luce l’imponente struttura degli Auditoria adrianei, un complesso pubblico su due livelli costruito durante l’impero di Adriano (117-138 d.C.). Era destinato alla divulgazione culturale, alla pubblica lettura di opere letterarie e in prosa, all’insegnamento della retorica, e all’attività giudiziaria e la sua scoperta, la cui importanza storica è stata definita straordinaria, ha portato allo spostamento di uno degli accessi alla stazione presente nella piazza.
Diverso è stato il rinvenimento, inatteso, fatto scavando nei dintorni della nuova stazione di Porta Metronia: a nove metri di profondità, è stata scoperta una caserma del II d.C., 1700 metri quadri di superficie con mosaici e affreschi distribuiti in 30 alloggi per una compagnia di soldati che alloggiavano in ambienti di 4 mq e la domus del comandante, dotata di atrio e fontana. Le strutture sono state rimosse per costruire la stazione, dopo la scansione 3D di ogni singolo muro. A seguito della collocazione in magazzino, del restauro e della catalogazione dei reperti, le murature e i pavimenti sono tornati alla loro originaria collocazione, facendo della stazione uno straordinario sito archeologico.
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Secondo un’analisi della Fondazione Eni Enrico Mattei, la decarbonizzazione dell’auto europea stenta: le vendite elettriche sono ferme al 14%, le batterie e le infrastrutture sono arretrate. E mentre Germania e Italia spingono per una maggiore flessibilità, la Commissione europea valuta la revisione normativa.
La decarbonizzazione dell’automobile europea si trova a un bivio. Lo evidenzia un’analisi della Fondazione Eni Enrico Mattei, in un articolo dal titolo Revisione o avvitamento per la decarbonizzazione dell’automobile, che mette in luce le difficoltà del cosiddetto «pacchetto automotive» della Commissione europea e la possibile revisione anticipata del Regolamento Ue 2023/851, che prevede lo stop alle immatricolazioni di auto a combustione interna dal 2035.
Originariamente prevista per il 2026, la revisione del bando è stata anticipata dalle pressioni dell’industria, dal rallentamento del mercato delle auto elettriche e dai mutati equilibri politici in Europa. Germania e Italia, insieme ad altri Stati membri con una forte industria automobilistica, chiedono maggiore flessibilità per conciliare gli obiettivi ambientali con la realtà produttiva.
Il quadro che emerge è complesso. La domanda di veicoli elettrici cresce più lentamente del previsto, la produzione europea di batterie fatica a decollare, le infrastrutture di ricarica restano insufficienti e la concorrenza dei produttori extra-Ue, in particolare cinesi, si fa sempre più pressante. Nel frattempo, il parco auto europeo continua a invecchiare e la riduzione delle emissioni di CO₂ procede a ritmi inferiori alle aspettative.
I dati confermano il divario tra ambizioni e realtà. Nel 2024, meno del 14% delle nuove immatricolazioni nell’Ue a 27 è stata elettrica, mentre il mercato resta dominato dai motori tradizionali. L’utilizzo dell’energia elettrica nel settore dei trasporti stradali, pur in crescita, resta inferiore all’1%, rendendo molto sfidante l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050.
Secondo la Fondazione Eni Enrico Mattei, non è possibile ignorare l’andamento del mercato e le preferenze dei consumatori. Per ridurre le emissioni occorre che le nuove auto elettriche sostituiscano quelle endotermiche già in circolazione, cosa che al momento non sta avvenendo in Italia, seconda solo alla Germania per numero di veicoli.
«Ai 224 milioni di autovetture circolanti nel 2015 nell’Ue, negli ultimi nove anni se ne sono aggiunti oltre 29 milioni con motore a scoppio e poco più di 6 milioni elettriche. Valori che pongono interrogativi sulla strategia della sostituzione del parco circolante e sull’eventuale ruolo di biocarburanti e altre soluzioni», sottolinea Antonio Sileo, Programme Director del Programma Sustainable Mobility della Fondazione. «È necessario un confronto per valutare l’efficacia delle politiche europee e capire se l’Unione punti a una revisione pragmatica della strategia o a un ulteriore avvitamento normativo», conclude Sileo.
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Ecco #DimmiLaVerità del 15 novembre 2025. Con il senatore di Fdi Etel Sigismondi commentiamo l'edizione dei record di Atreju.
La risposta alla scoppiettante Atreju è stata una grigia assemblea piddina