2020-05-19
Infamie e delazioni per fare carriera. «È pieno di magistrati affini ai boss»
Quando Tommasina Cotroneo, oggi capo dei gip reggini, puntava alla promozione, due rivali la screditarono presso il pg Dino Petralia: «Ha cugini mafiosi». Lei invocò Luca Palamara: «Qui tanti hanno amici nelle cosche. Aiutami, stratega».Area parla di «attacco concentrico» di stampa e avversari interni. Replica la corrente dei moderati: «Nemesi sugli ex duri e puri». E l'Anm minimizza le chat imbarazzanti.Lo speciale contiene due articoliIl mercato delle toghe è spietato e non si ferma alla politica, agli accordi fra correnti, agli sgambetti e ai sotterfugi. A volte per la battaglia per arrivare a ricoprire una postazione chiave si usa l'artiglieria pesante. E si tirano fuori parenti di magistrati noti alle Procure, congiunti mafiosi o papà con grane finanziarie. Una chat tra il pm romano Luca Palamara e la consigliera di Corte d'appello a Reggio Calabria, Tommasina Cotroneo (attualmente capo dei gip sempre a Reggio Calabria), esponente di Unicost e anche componente della giunta esecutiva centrale dell'Anm, sembra fotografare l'inquietante spaccato. Lo scambio di messaggi tra i due comincia il 24 giugno 2017 e si protrae fino alla vigilia dello scandalo scoperto dalla Procura di Perugia. L'ultimo vocale, infatti, è del 29 maggio 2019. Nell'arco dei due anni fitti di contatti i due portano avanti il progetto della Cotroneo per la copertura del posto da presidente di sezione nel tribunale reggino che si era appena liberato. Cotroneo, però, sente che la presenza di alcuni colleghi dello stesso distretto potrebbe sbarrarle la strada. E con un messaggio avverte Palamara: «So che Cappuccio e Tassone stanno facendo di tutto per infangarmi». Non solo. Nella guerra di posizionamento, sulla scacchiera di Reggio Calabria c'è un pezzo da 90: Dino Petralia, in quel momento procuratore generale e ora a capo del Dap, dove ha sostituito il dimissionario Francesco Basentini. E Petralia è un altro ostacolo che sembra frapporsi tra la Cotroneo e la sua ambizione. A poco più di un mese dal Plenum, Cotroneo racconta a Palamara un episodio che in questa vicenda sembra avere un suo peso specifico: «Petralia mi ha convocata», scrive la giudice calabrese, «per avvertirmi che ha comunicato al Csm, perché doveva, la vicenda sull'altro mio cugino, il secondo di cui ti avevo parlato. Dicendomi che era incontestabile la mia condotta. Era la seconda vicenda di parentela che doveva comunicare». E ancora: «Comunque, sostanzialmente, si tratta di due cugini, come ti avevo detto da subito». Cotroneo precisa che i fatti sono vecchi, che non ha nulla a che fare con i parenti, e che convive da sempre con questo problema. E mentre Palamara si accinge a risponderle che è nel bel mezzo di una tormenta di neve e che per questo motivo l'avrebbe richiamata più tardi, lei continua a sfogarsi: «Quanto mai tempestivi Petralia e company». E in un altro Whatsapp: «Non più di un mese fa Cappuccio mi aveva detto, “ma tu hai due cugini". Questi l'hanno fatto apposta». La giudice è ormai incontenibile: «Petralia avrà approfittato dell'arresto del fratello della collega per tirare anche me su suggerimento dei locali come Cappuccio, Gerardis e company... le vicende dei miei parenti sono state sempre conosciute dalla Procura, da Pignatone in avanti e anche prima». Palamara nel frattempo è tornato online ed è già pronto a sostenere con tutte le sue forze la collega: «Avranno pane per i loro denti». Lei prende coraggio: «Se non ci fossi tu mi farebbero a pezzi, tanto gli sto su cazzo». Lo stratega Palamara sembra avere ben chiara la situazione ed è lapidario: «La risposta è un'altra, ci temono. E molto. Ma non hanno fatto bene i conti». Cotroneo, quindi, piangendosi addosso, introduce il tema dei mafiosi: «Ci sono tanti magistrati che qui hanno parenti e affini mafiosi e solo me hanno tirato fuori». Anche se Palamara le dice che ha tutto chiaro, lei continua: «C'è sempre di mezzo Gerardis, in ogni cosa che mi riguardi. E Petralia e Gerardis sono amici intimi». Palamara affila le armi: «Con lui saprò togliermi i sassi dalle scarpe». Di materiale Tommasina ne fornisce a iosa. Come quando riferisce a Palamara di una collega che ha «un padre pieno di reati fiscali». Poco dopo lui le chiede: «Sui reati fiscali del padre mi dai qualche elemento in più?». La battaglia al Plenum si avvicina. E Cotroneo comincia ad avere qualche problema di insonnia: «Stanotte ho passato l'inferno. Solo tu ce la puoi fare. Con la tua grandezza e il tuo acume». Palamara sa come renderla tranquilla: «Questa volta gli faccio male, te lo prometto». Lei gli ricorda «che Petralia è un vigliacco e se sente fiuto di Csm... mente». Cotroneo, invece, sente aria di complotto. Ritiene che Petralia e Gerardis si siano incontrati prima di inviare la nota sui suoi parenti. Tra le paure per un comunicato che la corrente di Area sembra muoverle contro e le presunte interferenze dei colleghi al Csm, il Plenum si avvicina. Palamara lavora sotto traccia e aggiorna la collega: «Tesoro, ho terrorizzato Ardituro (Antonio Ardituro, consigliere del Csm). Gli ho detto che sarò una belva e lui ha detto ricomponiamo tutto. Guai a chi ti tocca». Lei risponde con due smile che hanno i cuori al posto degli occhi. L'11 gennaio tutto sembra essersi risolto. Alle 8 del mattino Palamara scrive: «Buongiorno tesoro, salutami Petralia». Cotroneo da quelle due parole ha capito tutto: «Sei pazzesco, sai tutto in tempo reale [...] ci vogliono le palle per certe situazioni». L'ufficialità arriva il 2 maggio: «Undici a nove». La linea dello stratega è passata. E con ben due voti di scarto.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/infamie-e-delazioni-per-fare-carriera-e-pieno-di-magistrati-affini-ai-boss-2646028513.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="le-toghe-rosse-accusano-la-verita" data-post-id="2646028513" data-published-at="1589838219" data-use-pagination="False"> Le toghe rosse accusano «La Verità» Proprio nel giorno in cui gli atti dell'inchiesta di Perugia sono stati inviati dai pm umbri alla Procura generale della Cassazione e al ministero della Giustizia per le rispettive competenze in materia disciplinare, l'Anm si sveglia e, dopo gli scoop della Verità sulle chat imbarazzanti del pm Luca Palamara, ha diffuso un comunicato, firmato dalla giunta esecutiva centrale, con il quale ritiene di aver preso una posizione «netta e inflessibile». «Negli ultimi giorni», si legge nella nota, «alcuni quotidiani hanno iniziato a pubblicare stralci di conversazioni e di chat Whatsapp dalla lettura delle quali emergono possibili violazioni di natura etica e deontologica e, in particolare, dell'articolo 10 del Codice etico, che fa divieto ai magistrati di servirsi del ruolo istituzionale o associativo per ottenere benefici o privilegi (il riferimento sembra anche ai biglietti per lo stadio che alcuni esponenti di Area cercavano gratuitamente, ndr) per sé o per altri o di influire impropriamente per ottenere promozioni, trasferimenti, assegnazioni di sede e incarichi di ogni natura cui aspirino». E siccome alcuni appartenenti all'Anm sono stati segnalati al collegio dei probiviri, l'associazione dei magistrati chiede copia dei documenti. Man mano che si va avanti con la lettura del comunicato le parole si fanno però sempre più cerchiobottiste. E se il riferimento alle intercettazioni di Palamara pubblicate un anno fa vengono definite «trame occulte», le chat di oggi diventano una «diffusa abitudine di rivolgersi ai consiglieri superiori o esponenti delle correnti per ottenere nomine, incarichi o trasferimenti». Aver rotto il silenzio, però, sembra già qualcosa. Domenica la corrente di Area, infastidita per quanto sta strabordando dal pentolone dell'inchiesta, è stata durissima. E se l'è presa con la Verità: «È in atto un attacco concentrico di una parte della stampa e di una parte della magistratura alla vigilia dell'inizio del processo e dei procedimenti disciplinari per i protagonisti delle tristi vicende dell'albergo Champagne. Un attacco anche al nostro gruppo ma, soprattutto, al cambiamento che è stato avviato in prassi e comportamenti all'interno del Csm dopo l'indignazione di maggio 2019». I resoconti di giudiziaria devono bruciare molto ad Area, che si è espressa così: «Si riportano stralci di atti giudiziari che rappresentano segmenti di fatti, che vengono poi completati e chiosati ad arte al fine di accreditare un malcostume diffuso a tutti i livelli della magistratura». Magistratura indipendente, la corrente dei moderati, la più penalizzata un anno fa dallo scandalo Csm e dal resoconto giornalistico in quel momento decisamente parziale sull'inchiesta, è stata la prima a scendere in campo, attaccando i progressisti proprio per le imbarazzanti telefonate con Palamara di alcuni dei loro esponenti. Si parla di una «nemesi storica» per chi «con un insopportabile moralismo di maniera» si è accanito «in modo feroce contro pochi individui»: «Per uno strano scherzo del destino, i protagonisti involontari dei nuovi dialoghi sono i Savonarola di un tempo: i duri e puri che gridavano il loro sdegno li vediamo arroccati nel bunker, si cimentano in sottili distinguo o in maldestri equilibrismi dialettici». In conclusione Mi chiede, «anziché sommari processi di piazza, un doveroso accertamento dei fatti e una ferma indicazione etica». Altrettanto duro il comunicato (intitolato «Afrore di ipocrisia») dei componenti di Mi dentro al Cdc (il Comitato direttivo centrale) dell'associazione dei magistrati: «Il governo dell'Anm è nelle mani dei moralizzatori […], gli stessi che nel recente passato hanno auspicato che un nuovo umanesimo defibrillasse le moribonde coscienze dei protagonisti della giurisdizione». Però adesso, di fronte al nuovo scandalo, quel governo «con alla guida Area, tace, osserva, medita e non si scandalizza, non favella; eppure alcuni dei timonieri attuali si stracciarono le vesti nel mese di maggio 2019 a fronte di pubblicazioni di intercettazioni con protagonisti (in parte) diversi». Tra questi conquista una menzione speciale Giuseppe Cascini, esponente di punta di Area, che un anno fa assimilò lo scandalo Csm a quello della P2. Un anno dopo i magistrati moderati gli rinfacciano quell'incauta presa di posizione e passano al contrattacco: «Chiediamo che la Giunta esecutiva centrale prenda chiara posizione sugli accadimenti recenti». La prima commissione del Csm intanto ha annunciato di aver avviato la ricognizione complessiva degli atti per le iniziative in materia di incompatibilità ambientale. I nodi sembrano essere arrivati al pettine.