2023-02-27
        Il difficile equilibrismo dell'India nella crisi ucraina
    
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        Il ministro degli affari esteri indiano Subrahmanyam Jaishankar con Sergey Lavrov (Ansa)
    
E' una posizione fondamentalmente ambivalente quella che Nuova Delhi continua a mantenere sulla crisi ucraina. Giovedì scorso, Nuova Delhi si è astenuta su una risoluzione dell’Assemblea generale dell’Onu che invocava un ritiro immediato delle truppe russe dall’Ucraina. Inoltre, Reuters aveva riferito che il governo indiano non avesse intenzione di discutere di ulteriori sanzioni a Mosca nel corso del G20 dei ministri delle finanze tenutosi a Bangalore la scorsa settimana: un summit conclusosi sabato senza una posizione unanime sull’invasione russa dell’Ucraina. Va ricordato che al G20 di Bali, svoltosi a novembre, si era registrata una critica dell’invasione. Tuttavia, come riferito dall’Associated Press sabato, “il ministro delle finanze indiano Nirmala Sitharaman ha detto ai giornalisti che il comunicato preparato per l'incontro di Bangalore conteneva due paragrafi della dichiarazione di Bali, ma Russia e Cina hanno chiesto che venissero cancellati e hanno detto che questa volta non potevano far parte del documento finale”. Era inoltre lo scorso novembre, quando il ministro degli Esteri indiano, S. Jaishankar, si è recato a Mosca, definendo le relazioni tra India e Russia “stabili e collaudate”. L’aspetto preoccupante è che, al netto delle vecchie dispute di confine e di altri problemi, la crisi ucraina sta indirettamente avvicinando Nuova Delhi a Pechino. Quella stessa Nuova Delhi che, negli scorsi anni, si era a sua volta avvicinata notevolmente alla Russia nel settore della difesa e in quello dell’energia, allarmando gli Stati Uniti. Non è d'altronde un mistero che l’ambiguità indiana rappresenti un significativo grattacapo per Washington. E questo principalmente per due ragioni. Primo: Mosca può contare sulla sostanziale sponda di Nuova Delhi e di Pechino, scongiurando così quell’isolamento internazionale a cui l’Occidente sta cercando di relegarla attraverso le sanzioni. In secondo luogo, la progressiva convergenza tra indiani e cinesi rischia di compromettere la strategia di sicurezza statunitense nell’Indo-Pacifico. Non dimentichiamo infatti che gli Stati Uniti fanno qui principalmente leva sul Quadrilateral Security Dialogue, di cui la stessa India risulta un pilastro fondamentale. Dal canto suo, Nuova Delhi si ostina a barcamenarsi in complicati equilibrismi, cercando di mantenere contemporaneamente buoni rapporti sia con Washington sia con Mosca. Non va infine trascurato un ulteriore elemento. È vero che la crisi ucraina sta parzialmente avvicinando indiani e cinesi. Tuttavia, come accennato, restano sul tavolo importanti dossier che li dividono. Nuova Delhi punta quindi a mantenere buone relazioni con Mosca anche per evitare che quest’ultima consolidi eccessivamente il proprio asse con Pechino. Si tratta di una partita oggettivamente complicata in cui l’amministrazione Biden fa sempre più fatica ad inserirsi. Una serie di dinamiche che può alla lunga danneggiare l’Occidente: quell'Occidente che dovrebbe affrettarsi a trovare una strada per rafforzare i propri legami con Nuova Delhi.
        Donald Trump e Xi Jinping (Ansa)
    
        
    (Ansa)
    
«Alla magistratura contabile voglio dire che sono rimasta francamente un po’ incuriosita di fronte ad alcuni rilievi, come quello nel quale ci si chiedeva per quale ragione avessimo condiviso una parte della documentazione via link, perché verrebbe voglia di rispondere “perché c’è internet”. Dopodiché il governo aspetta i rilievi, risponderà ai rilievi, sia chiaro che l’obiettivo è fare il ponte sullo Stretto di Messina, che è un’opera strategica, sarà un’opera ingegneristica unica al mondo». «Noi siamo eredi di una civiltà che con i suoi ponti ha meravigliato il mondo per millenni – ha aggiunto Meloni – e io non mi rassegno all’idea che non si possa più fare oggi perché siamo soffocati dalla burocrazia e dai cavilli».
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