2020-07-01
Indagini su 110 strane polmoniti a novembre
La Procura di Bergamo punta il faro sui casi anomali registrati mesi prima dell'allarme nel fascicolo sulla mancata zona rossa di Alzano. Se il Covid era già qui il Pirellone, sotto attacco del Pd, non ha colpe. Però la posizione di Pechino diventa più pesante.Pesenti Fornaroli di Alzano Lombardo, che già alla fine dello scorso anno contava 40 persone ricoverate per «virus non riconosciuti». Basterà consultare un qualsiasi motore di ricerca per scoprire, in realtà, che la situazione di criticità era ben nota da tempo. Già a marzo il professor Andrea Decarli, epidemiologo e docente di statistica medica presso l'università di Milano, aveva messo l'accento sulle «centinaia» di ricoveri in ospedale per influenza e polmonite nelle aree di Milano e Lodi tra ottobre e dicembre 2019. «Vogliamo sapere se il virus era già qui in Italia verso fine 2019», dichiarava Decarli a quei tempi all'agenzia Reuters, «ed eventualmente le ragioni per cui, se così fosse, sia stato sottotraccia per un periodo relativamente lungo, in modo da avere un quadro complessivo più chiaro se dovremo affrontare una nuova ondata dell'epidemia». Ricostruire la catena di comando e mettere in fila la lunga serie di atti ufficiali prodotti dagli enti coinvolti, sia a livello nazionale sia locale, è un compito che naturalmente spetta alla magistratura. Ma, vista in prospettiva, la ricostruzione di Repubblica fa acqua da più di un lato. Primo. Le autorità cinesi hanno lanciato l'allarme all'Organizzazione mondiale della sanità sul focolaio di polmoniti da eziologia sconosciuta esploso a Wuhan lo scorso 31 dicembre. Solo il 9 gennaio veniva reso noto che il responsabile dell'infezione fosse un coronavirus, e il 17 gennaio l'Oms confermava la possibilità da parte del virus di trasmettersi tra esseri umani. Totalmente sbagliato, dunque, affermare che mentre a dicembre del 2019 «la Val Seriana era già impestata dal coronavirus» in Cina «il nemico, Sars Covid-19, era già stato battezzato dalla medicina e dalle autorità». A fine anno era impossibile ricondurre le infezioni al coronavirus, semplicemente perché non si conosceva nemmeno la sua esistenza.Secondo. Nel corso del mese di gennaio, il ministero della Salute ha diramato diverse comunicazioni, e due importanti circolari in merito alla definizione di caso sospetto, la prima il 22 gennaio (numero 1997) e la seconda il 27 gennaio (numero 2302). Tutto ciò, si badi bene, ancora prima che il 30 gennaio, il direttore generale dell'Oms Tedros Ghebreyesus dichiarasse l'emergenza mondiale, non ravvisando comunque «alcuna necessità di imporre restrizioni sui viaggi e sui commerci». Come ricostruito su queste stesse pagine, la Regione Lombardia si attivò per diramare le disposizioni di Lungotevere Ripa alla filiera sanitaria. Con una nota del 23 gennaio, la Dg Welfare indirizzava ad Asst, Ats, case di cura accreditate e ai direttori di unità operative e di dipartimento una nota con la definizione di caso sospetto contenuta nella circolare emessa il giorno prima dal ministero, ma anche l'invito a predisporre una «informativa dedicata» ai medici e pediatri di base contenente «l'obbligo e le modalità di segnalazione». Qualche giorno dopo, il 27 gennaio, un'altra nota con l'indicazione dei 17 reparti di malattie infettive che avrebbero preso in carico i futuri pazienti Covid, inviata anche all'Ordine regionale dei medici. Priva di fondamento, dunque, la tesi sostenuta da Repubblica secondo la quale «Roma aveva avvertito la Regione del pericolo, ma la Lombardia non informò i medici».Terzo. Effettivamente tra una circolare (22 gennaio) e l'altra (27 gennaio) il ministero ha cambiato idea sulla definizione di caso sospetto, restringendo il campo solo agli individui sintomatici e con storia di viaggio in Cina. Un passaggio che La Verità ha messo in luce già il 26 aprile scorso. Ma sebbene questa modifica possa effettivamente avere ostacolato il corretto riconoscimento dei potenziali casi di Covid, lasciando libero il virus di circolare, non si capisce il nesso causale con le polmoniti registrate a fine anno. Le quali, come già spiegato, non potevano essere in alcun modo ricondotte dalla comunità medica in «tempo reale» all'imminente epidemia di coronavirus.Anche se il sindaco di Milano Beppe Sala ancora a fine febbraio invitata tutti a farsi un aperitivo, il Partito democratico lombardo ieri si è mosso per chiedere «conto alla Regione del mancato “allarme" sull'incremento di polmoniti negli ospedali della Bergamasca tra dicembre e gennaio scorso» e denunciare la «grave sottovalutazione» da parte del Pirellone. Ma il vero interrogativo sollevato dalle polmoniti lombarde di fine anno semmai è un altro: da quanto tempo Pechino sapeva, e perché ha taciuto la pericolosità del coronavirus?