2021-05-28
Indagati di Stresa ancora in carcere. «C’è il pericolo concreto di una fuga»
La Procura chiede la convalida del fermo per Luigi Nerini, Enrico Perocchio e Gabriele Tadini: «Condotta sconsiderata, le pene potrebbero essere elevatissime». Intanto il piccolo Eitan è uscito dal coma e ha potuto incontrare la ziaMentre la Procura chiedeva la convalida del fermo per i tre indagati per la strage del Mottarone, che ha causato 14 morti, l'unico superstite, il piccolo Eitan, è uscito dal coma e ha potuto incontrare la zia Aya (anche se la prognosi resta riservata, presto lascerà la rianimazione). Quanto agli indagati, la Procura sostiene che «in caso di accertato riconoscimento delle responsabilità la pena detentiva sarebbe elevatissima». È intanto saltata fuori la scatola nera della cabina che domenica scorsa si è trasformata in una giostra della morte. Lo strumento registra tutti gli aspetti tecnici dell'impianto, l'andatura, la velocità e l'oscillazione della funivia. Gli investigatori la ritengono molto utile per ricostruire gli ultimi attimi del funesto viaggio affidato alle Ferrovie del Mottarone. Alla base del provvedimento emesso dal procuratore di Verbania, Olimpia Bossi, c'è il pericolo di fuga delle tre persone fermate, il titolare delle Ferrovie del Mottarone, la società che gestisce l'impianto, Luigi Nerini, il direttore del servizio e dipendente della Leitner di Vipiteno (società fornitrice delle cabine e che si occupava della manutenzione), ingegnere Enrico Perocchio (che è anche direttore della funivia di Rapallo), e il capo operativo Gabriele Tadini. Le accuse sono di omicidio colposo plurimo, lesioni colpose gravi e rimozione dolosa di cautele aggravata dal disastro. L'udienza di convalida si terrà davanti al gip domani. «Per i tre», si legge nell'atto d'accusa di quattro pagine, «sussiste il pericolo concreto e prevedibilmente prossimo della volontà di sottrarsi alle conseguenze processuali e giudiziarie delle condotte contestate, allontanandosi dai rispettivi domicili e rendendosi irreperibili». Non solo: il pericolo di fuga ricorrerebbe anche «in quanto i fatti contestati sono di straordinaria gravità in ragione della deliberata volontà di eludere gli indispensabili sistemi di sicurezza dell'impianto di trasporto per ragioni di carattere economico e in assoluto spregio delle più basilari regole di sicurezza». Da quando l'impianto è rientrato in funzione dopo lo stop anti Covid, per evitare i blocchi causati da alcune anomalie che davano l'input ai sistemi di sicurezza, era stato inserito il forchettone che teneva i freni d'emergenza disattivati. Non un errore umano, bensì una scelta folle e criminale. La Procura di Verbania sta quindi valutando anche la posizione della squadra di operai addetti all'impianto che avrebbero messo in atto «la scelta aziendale di bypassare l'anomalia» al sistema frenante emerso da oltre un mese. Il capitano Luca Geminale, comandante della Compagnia carabinieri di Verbania, ha precisato che dagli accertamenti effettuati fino ad ora «è emerso che erano noto a chi di dovere che questo impianto aveva delle anomalie al sistema frenante, ma piuttosto che fermare la funivia e approfondire l'inconveniente tecnico per poi risolverlo, si è deciso di bypassare il problema e usare i forchettoni». Una «condotta» giudicata «sconsiderata» dal procuratore di Verbania, che ha messo queste parole nero su bianco all'interno del provvedimento giudiziario. Messa in atto con un unico fine dagli indagati: «Non dover bloccare l'impianto e, di conseguenza, evitare ripercussioni di tipo economico». Tadini ha ammesso «di aver deliberatamente e ripetutamente inserito i dispositivi blocca freni, i forchettoni, durante il normale servizio di trasporto dei passeggeri, disattivando in questo modo il sistema frenante destinato a entrare in funzione in caso di pericolo». Davanti ai carabinieri e ai magistrati ha detto: «È tutta colpa mia», ma secondo gli investigatori non era l'unico a sapere. Perocchio e Nerini «erano stati ripetutamente informati e avallavano questa scelta». Ora Nerini fa sapere tramite il suo difensore, l'avvocato Pasquale Pantano, che «il suo pensiero è per le vittime e che si sta già occupando dei risarcimenti». Resta da accertare, invece, cosa abbia prodotto il cedimento della fune trainante. Giorgio Chiandussi, professore di Ingegneria meccanica e aerospaziale al Politecnico di Torino, ieri pomeriggio ha effettuato il primo sopralluogo sul luogo della strage. Accompagnato dai carabinieri, si è soffermato sui rottami della cabina e su alcuni punti del cavo d'acciaio. Ha esaminato per diverso tempo la fune, che è uno dei reperti indicato dalla Procura nei quesiti alla base della consulenza tecnica. Poi ha visitato le due stazioni, quella di partenza e quella di arrivo. Il ministro delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile, Enrico Giovannini, durante un'informativa alla Camera ha definito l'incidente «una ferita per il Paese». Poi ha spiegato che «la Commissione del ministero svolgerà approfondimenti specifici, che si aggiungono agli accertamenti della Direzione generale per le investigazioni ferroviarie, organismo indipendente previsto dalla normativa europea, che ha già avviato un'inchiesta finalizzata ad accertare le cause dirette e indirette dell'incidente e a individuare le azioni più opportune per evitare il ripetersi di eventi analoghi».
Jose Mourinho (Getty Images)