Aperto un fascicolo in Procura a Roma per la vicenda dei dispositivi importati su richiesta del commissario, per i quali sono state pagate commissioni fantasmagoriche da 72 milioni di euro. Giuseppe Prestipino: «Siamo al lavoro da tempo, è un'indagine importante».
Aperto un fascicolo in Procura a Roma per la vicenda dei dispositivi importati su richiesta del commissario, per i quali sono state pagate commissioni fantasmagoriche da 72 milioni di euro. Giuseppe Prestipino: «Siamo al lavoro da tempo, è un'indagine importante». Il 19 novembre scorso La Verità ha pubblicato lo scoop sul mega investimento da 1,25 miliardi di euro per l'acquisto di 800 milioni di mascherine deciso dal commissario Domenico Arcuri e gestito dal funzionario dell'ufficio acquisti Antonio Fabbrocini. Il titolo del nostro articolo era: «Indagine sulle mascherine di Arcuri». La vicenda partiva da una segnalazione del 30 luglio 2020 inviata all'Unità di informazione finanziaria della Banca d'Italia che evidenziava le provvigioni milionarie (72 milioni per l'esattezza) incassate dalla Sunsky Srl dell'ingegnere aerospaziale Andrea Vincenzo Tommasi e dal suo intermediario Mario Benotti, il giornalista Rai che per aver messo in contatto Tommasi con Arcuri avrebbe intascato ben 12 milioni di euro. Però la Sos (segnalazione di operazione sospetta, ndr) dell'Antiriciclaggio prima di finire sulle pagine del nostro quotidiano era arrivata alla Procura di Roma guidata da Giuseppe Prestipino, dando il via a un'inchiesta riservatissima che potrebbe portare a clamorosi sviluppi. A occuparsene è il pool dei reati della pubblica amministrazione coordinato dall'aggiunto Paolo Ielo. Il procuratore Prestipino non si è sbottonato, ma ha ammesso l'esistenza del fascicolo: «Ci stiamo lavorando. Non posso dire altro perché altrimenti violerei il segreto. Già ci siamo lamentati perché hanno fatto uscire sui media questa Sos. Posso dire che stiamo lavorando da tempo su quella segnalazione». All'incirca da quando è stata trasmessa alla Banca d'Italia nell'estate scorsa. È un'inchiesta importante? «Direi di sì» ammette il procuratore. C'è il massimo riserbo sui nomi degli indagati e sulle ipotesi di reato. Resta il fatto che ci troviamo di fronte a «un'inchiesta importante». «I magistrati e la guardia di finanza stanno lavorando. Dovete avere solo un po' di pazienza», conclude Prestipino.I fornitori delle mascherine erano tre ditte cinesi e secondo i risk manager delle banche gli accordi «parrebbero identici variando solo le date e la carta intestata». Nella Sos si legge pure che «sospette appaiono anche le provvigioni che sembra sarebbero riconosciute oltre che a Sunsky anche a Microproducts It Srl per quasi 12 milioni di euro a fronte di ricavi nel 2019 di circa 72.000 euro». La Microproducts, presieduta da Benotti, è controllata all'80% da Partecipazioni Spa, di cui il giornalista è fondatore, vicepresidente e «titolare effettivo», come si legge nella segnalazione all'Antiriciclaggio. Sul sito del commissario dell'emergenza, che dipende direttamente dalla presidenza del Consiglio, a proposito delle commesse cinesi, viene data sempre la stessa spiegazione, versione ciclostile: «Il fornitore è stato individuato all'inizio del mandato del commissario tra i pochi che al mondo tra i pochi che erano in grado di offrire, in modo affidabile, notevoli quantità di mascherine a prezzi per l'epoca concorrenziali». Quasi un excusatio non petita. La fornitura che colpisce di più è quella per 450.000.0000 di mascherine chirurgiche acquistate dal commissario al prezzo di 0,49 centesimi, praticamente uguale a quello calmierato deciso la scorsa primavera da Arcuri per la vendita in farmacia.Ma in questi mesi di indagini che cosa avranno scoperto la Procura e la guardia di finanza? I prezzi delle mascherine erano congrui? I dispositivi erano regolari? Qualche politico o tecnico al servizio del governo ha beneficiato di una fetta delle generosissime commissioni pagate da Pechino? Noi nei giorni scorsi abbiamo evidenziato come l'uomo che ha portato l'ingegner Tommasi nelle stanze della politica è stato Benotti, ex stretto collaboratore di tre ministri Pd, Graziano Delrio, Sandro Gozi e Giuliano Poletti. Nella segnalazione all'Antiriciclaggio veniva evidenziato anche un versamento di 53.000 euro in due tranche da parte della società di Tommasi ad Antonella Appulo, ex segretaria dello stesso Delrio e amica di Benotti.Tommasi, una decina di giorni fa, ci aveva fatto sapere che a proporgliela come pierre era stato lo stesso giornalista. E si era vantato anche di aver fatto risparmiare il governo soprattutto sul trasporto dei dispositivi: «Alitalia costava 750.000 euro per ogni viaggio e l'El Al (la compagnia israeliana, ndr) sui 375.000 dollari. Per lo stesso tipo di aereo (Boeing 777, ndr). Il commissario Arcuri non è riuscito a far ragionare l'amministratore di Alitalia per avere la stessa tariffa. Quindi io sono soddisfatto per essere riuscito a fare tutto ciò e a questo prezzo...», ci aveva riferito.Alessandro Sammarco e Giuseppe Ioppolo, legali di Benotti, con La Verità offrono al cronista una pista alternativa: «Siamo svolgendo indagini difensive per scoprire chi possa essere all'origine del gigantesco abbaglio mediatico riguardante questo appalto, tenuto conto che la fornitura di mascherine realizzata dalle società dei nostri assistiti ha fatto risparmiare allo Stato italiano centinaia di milioni di euro e forse ha scontentato altri soggetti che miravano a guadagni personali anche grazie al trasporto delle mascherine». Tommasi ci ha detto che l'Alitalia offriva voli al doppio del prezzo della compagnia israeliana, sta facendo riferimento a questo? «Sì. Questa è una delle ipotesi che stiamo vagliando». Benotti, come detto, è vicepresidente della Partecipazioni Spa (l'amministratore delegato è la compagna del giornalista, Daniela Guarnieri), società di cui ha ceduto il 3% delle quote, nel 2015, all'ottantenne Guido Pugliesi, ex amministratore dell'Enav, l'ente che gestisce il traffico aereo civile in Italia. Il restante 97% della ditta appartiene alla Cardusio fiduciaria, «mentre Benotti», si legge nella segnalazione, «è stato indicato come il titolare effettivo». Nella Sos del 30 luglio 2020 è specificato che Pugliesi e Benotti sono stati «attenzionati» in un altro alert bancario per alcuni bonifici scambiati tra loro o indirizzati a terzi soggetti: «I prestiti personali tra Pugliesi e Benotti», specifica la comunicazione all'Antiriclaggio, «le implicazioni processuali (sono stati entrambi sottoposti a procedimenti giudiziari: il primo è stato prescritto, il secondo archiviato, ndr) e le connessioni societarie tra loro intercorrenti lasciano emergere relazioni non adeguatamente giustificate, tali da non consentire di stabilire con certezza la liceità della destinazione finale delle somme in uscita». Il documento è datato 25 settembre 2019. Dieci mesi dopo alla Banca d'Italia è arrivata la segnalazione sul grande affare delle mascherine. Ed è partita l'«importante inchiesta» della Procura di Roma.
Roberto Scarpinato (Imagoeconomica)
La presunta frode elettorale travolse i leghisti. Ma a processo è finito solo un «big» delle preferenze del centrosinistra. Il pm di allora conferma tutto. E va al contrattacco.
L’intervista a questo giornale della pm di Pesaro Anna Gallucci ha scosso il mondo politico e quello giudiziario. La toga ha denunciato il presunto indirizzo «politico» dato alla maxi inchiesta Voto connection della Procura di Termini Imerese, dove la donna lavorava, un’indagine che riguardava voto di scambio (riqualificato dal gip in attentato contro i diritti politici dei cittadini), favoritismi e promesse di lavoro in vista delle elezioni comunali e regionali del 2017. La pm ci ha rivelato che l’allora procuratore Ambrogio Cartosio (che ha definito la ricostruzione della ex collega come «falsa» e «fantasiosa») la avrebbe spronata a far arrestare due esponenti della lista «Noi con Salvini», specificando che «era un’iniziativa condivisa con il procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato» e l’avrebbe, invece, invitata a chiedere l’archiviazione per altri soggetti legati al centro-sinistra. Ma la Gallucci non avrebbe obbedito. Un’«insubordinazione» che la donna collega ad alcune sue successive valutazioni negative da parte dei superiori e a una pratica davanti al Csm.
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Performance a tripla cifra per Byd, Lynk&Co e Omoda/Jaecoo grazie agli incentivi.
Byd +535,3%, Lynk&Co +292,3%, Omoda/Jaecoo +386,5%, «altre» +419,2% e fra queste c’è Leapmotor, ovvero il partner cinese di Stellantis che raggiunge l’1,8% della quota di mercato solo a novembre. Lo scorso mese le immatricolazioni auto sono rimaste stabili nei confronti dello stesso periodo di un anno fa, tuttavia c’è stato un +131% circa delle vetture elettriche, grazie agli incentivi che hanno fatto felici i principali produttori di veicoli a batteria: i cinesi. Come emerge appunto dalle performance a tripla cifra messe a segno dai marchi dell’ex celeste impero. La quota di mercato delle auto elettriche è volata così nel mese al 12,2%, rispetto al 5,3% del novembre 2024.
«La spinta degli incentivi ha temporaneamente mitigato l’anomalia del mercato italiano, riavvicinandolo agli standard europei», sottolinea il presidente di Motus-E, Fabio Pressi. «Appurato l’interesse degli italiani per la mobilità elettrica, strumenti di supporto alla domanda programmatici e prevedibili conseguirebbero anche da noi risultati paragonabili a quelli degli altri grandi mercati Ue», osserva ancora Pressi, citando a titolo d’esempio «l’ormai improcrastinabile revisione della fiscalità sulle flotte aziendali».
Friedrich Merz e Ursula von der Leyen (Ansa)
Pure Merz chiede a Bruxelles di cambiare il regolamento che tra un decennio vieterà i motori endotermici: «Settore in condizioni precarie». Stellantis: «Fate presto». Ma lobby green e socialisti europei non arretrano.
Il cancelliere Friedrich Merz ha annunciato che la Germania chiederà alla Commissione europea di modificare il regolamento europeo sul bando dei motori endotermici al 2035. Il dietrofront tedesco sul bando ai motori a combustione interna, storico e tardivo, prende forma in un grigio fine settimana di novembre, con l’accordo raggiunto fra Cdu/Csu e Spd in una riunione notturna della coalizione a Berlino.
I partiti di governo capiscono «quanto sia precaria la situazione nel settore automobilistico», ha detto Merz in una conferenza stampa, annunciando una lettera in questo senso diretta a Ursula von der Leyen. La lettera chiede che, oltre ai veicoli elettrici, dopo il 2035 siano ammessi i veicoli plug-in hybrid, quelli con range extender (auto elettriche con motore a scoppio di riserva che aiuta la batteria) e anche, attenzione, «motori a combustione altamente efficienti», secondo le richieste dei presidenti dei Länder tedeschi. «Il nostro obiettivo dovrebbe essere una regolamentazione della CO2 neutrale dal punto di vista tecnologico, flessibile e realistica», ha scritto Merz nella lettera.
Ansa
Per la sentenza n.167, il «raffreddamento della perequazione non ha carattere tributario». E non c’era bisogno di ribadirlo.
L’aspettavano tutti al varco Giorgia Meloni, con quella sua prima legge finanziaria da premier. E le pensioni, come sempre, erano uno dei terreni più scivolosi. Il 29 dicembre di quel 2022, quando fu approvata la Manovra per il 2023 e fu evitato quell’esercizio provvisorio che molti commentatori davano per certo, fu deciso di evitare in ogni modo un ritorno alla legge Fornero e fra le varie misure di risparmio si decise un meccanismo di raffreddamento della perequazione automatica degli assegni pensionistici superiori a quattro volte il minimo Inps. La norma fu impugnata dalla Corte dei Conti dell’Emilia-Romagna e da una ventina di ex appartenenti alle forze dell’ordine per una presunta violazione della Costituzione. Ma ora una sentenza della Consulta, confermando per altro una giurisprudenza che era già abbastanza costante, ha dato ragione al governo e all’Inps, che si era costituita in giudizio insieme all’Avvocatura generale dello Stato, proprio contro le doglianze del giudice contabile. Già, perché in base alle norme vigenti, non è stato necessaria la deliberazione di un collegio giudicante, ma è bastata la decisione del giudice monocratico della Corte dei Conti emiliana, Marco Catalano, esperto in questioni pensionistiche.






