2024-03-14
Inchiesta Palamara: De Ficchy non firmò il decreto chiave
L’ex procuratore di Perugia si era rifiutato di sottoscrivere l’atto da cui è scaturita la fuga di notizie su indagati e intercettazioni. Se il ministro della Giustizia Carlo Nordio dovesse mandare i suoi ispettori a Perugia non avrà perso il suo tempo. Infatti più scaviamo nelle vicende, vecchie e nuove, del Tribunale e più ci sorprendiamo. Non ci sono solo le chat e le intercettazioni già pubblicate dalla Verità a suscitare perplessità. Partiamo dalle indagini effettuate sul caso del tenente della Guardia di finanza Pasquale Striano, l’uomo dei presunti dossieraggi. Nei capi di imputazione quattro indagati, che vengono indicati come giornalisti, in realtà, farebbero tutt’altro nella vita. Si tratterebbe di un investigatore privato, di un fisioterapista, di un amministratore di condominio e di un finanziere. Le stranezze non sono terminate. Il lavoro dei veri cronisti finiti sotto inchiesta è stato passato(...)segue a pagina 5 al setaccio con estrema attenzione. Ma la stessa determinazione investigativa non è stata adottata nel procedimento su un altro caso di accesso abusivo e rivelazione di segreto che ha riguardato la Procura di Perugia. Qui, l’imputato, un cancelliere dello stesso ufficio, Raffaele Guadagno, ha scaricato centinaia di atti da fascicoli penali in fase istruttoria, documentazione persino più delicata di quella che sarebbe stata scaricata illecitamente da Striano (per lo più segnalazioni di operazioni sospette della Banca d’Italia o altri dati finanziari).Quando il procuratore Raffaele Cantone ha incaricato la Polizia postale di trovare nei dispositivi elettronici di Guadagno traccia dei rapporti con i giornalisti ha ricevuto una risposta clamorosa: l’indagato avrebbe «divulgato in maniera sistematica ai giornalisti, o, comunque a terze persone, atti giudiziari, informative, atti di polizia giudiziaria correlati a procedimenti penali potenzialmente interessanti dal punto di vista mediatico». Grazie al «rapporto amicale» con almeno una decina di cronisti, l’uomo avrebbe gestito «con notevole disinvoltura» le «notizie interessanti», fornendo così «un”servizio” efficiente e affidabile». Gli investigatori parlano di «sistematicità e abitudine» e sottolineano che «lo scambio di informazioni "riservate" con i giornalisti, risale almeno all'anno 2018». Segue un lungo elenco di file destinati ai giornalisti.Alla fine la Procura ha ritenuto tutti quegli invii leciti e, durante le indagini, a quanto ci risulta, avrebbe interrogato un solo giornalista, accusato di aver ricevuto l’avviso di chiusura delle indagini sulla Loggia Ungheria. Il cronista sarebbe stato il solo indagato. Tutti gli altri, invece, non sono nemmeno convocati come testimoni. Neppure i tre cronisti che, due giorni dopo la fuga di notizie sulla Loggia, pubblicarono articoli sulla stessa incandescente materia, ma questa volta ben mirati contro l’ex presidente dell’Anm Luca Palamara, in quel momento imputato della stessa Procura.Pare evidente che a Perugia ci siano giornalisti di serie A e giornalisti di serie B. E, a proposito di cronisti, vale pena di essere segnalato che una delle pm di punta della Procura, Gemma Miliani, la stessa che ha indagato su Palamara, è la compagna di Enzo Beretta, un collaboratore del sito Umbria24 e del Messaggero. La sua specializzazione è proprio la cronaca giudiziaria. Ma adesso, ci informano dal capoluogo con un certo stupore, Beretta è addetto alle relazioni con la stampa del candidato sindaco di Fratelli d’Italia Margherita Scoccia. Il cronista, negli ultimi anni, è stato pure portavoce del presidente dell’assemblea legislativa dell’Umbria, Marco Squarta, sempre di Fdi, e ha ricevuto incarichi dal gruppo consiliare del partito di Giorgia Meloni, nonostante la compagna pm si occupi, in Procura, dei reati contro la pubblica amministrazione. Ma evidentemente in Umbria questo possibile conflitto di interessi perplime solo le nostre fonti.La Miliani, come sanno bene i nostri lettori, è anche il sostituto procuratore che ha sostenuto l’accusa nei processi a Palamara.E sulla caotica gestazione di questo procedimento emergono interessanti novità dalle carte del processo che ha avuto come imputata per accesso abusivo a banca dati informatica un’altra pm perugina, Manuela Comodi.La stessa, davanti al giudice di Firenze che la doveva giudicare, ha spiegato perché il 16 maggio 2019 avesse sbirciato per un minuto il fascicolo sull’ex consigliere del Csm.Il suo racconto ci svela che quel fascicolo, uno dei più importanti degli ultimi anni, nonostante fosse partito un anno prima, nel maggio del 2019 attraversava una fase di grande confusione, al punto che il procuratore Luigi De Ficchy sembra non volesse saperne nulla, forse per i rapporti di amicizia che lo legavano a Palamara e a quel Fabrizio Centofanti, iscritto sul registro degli indagati solo il 27 maggio 2019, a ridosso del pensionamento del magistrato, che sarebbe avvenuto l’1 giugno.La Miliani era abbandonata a sé stessa e in difficoltà (il 10 maggio chiese anche di astenersi per la presenza nell’indagine di un collega amico di famiglia) al punto da confidare in chat a Guadagno, dopo il pensionamento di De Ficchy: «Sono più serena ora per assurdo… rispetto ai mesi terribili in solitudine che ho passato».Ma leggiamo che cosa ha detto la Comodi su quelle ore convulse: «Quel minuto di accesso a Palamara» è «immediatamente precedente alla perquisizione, che sapevamo tutti che si sarebbe dovuta fare... anzi, la collega avrebbe voluto che il decreto di perquisizione lo firmasse il procuratore insieme a lei, invece, il procuratore, diciamo, ha declinato questo invito». Dunque De Ficchy scelse di non siglare l’atto che permise di rendere pubblico il succo dell’inchiesta, tutte informazioni utilizzate dai grandi giornali per affossare la nomina a procuratore di Roma di Marcello Viola. Senza quella discovery, innescata dagli scoop dei soliti quotidiani ben informati, sarebbe stata più difficile la diffusione delle intercettazioni captate dal trojan inoculato nel cellulare di Palamara. Il racconto della Comodi prosegue: «Io ricordo che se ne parlava (dell’inchiesta, ndr) anche nelle riunioni e se ne parlava per vari aspetti particolari, non certo per pettegolezzo, ma anche per esempio per la questione del trojan, che prima per i reati contro la pubblica amministrazione non era possibile e poi era diventata possibile, e cose di questo genere». L’ex pm racconta anche del «rapporto particolare» con la Miliani, così forte che avrebbe dovuto fare da madrina al figlio della giovane collega («poi non l'ho potuta fare perché il prete visto che convivo non mi ha dato l’autorizzazione»). La Miliani le avrebbe detto di volere «assolutamente» una co-assegnazione del procedimento: «Io da sola questo fascicolo non lo posso tenere così per come si sta sviluppando...» sarebbe stato il suo commento. Nel frattempo De Ficchy «stava consumando le ferie che gli avanzano prima del pensionamento» e la Comodi di questa co-assegnazione non aveva saputo più niente. Anche se sperava di essere la prescelta, un po’ perché aveva 32 anni di esperienza, un po’ perché la Miliani «sarebbe stata contenta»: «Non mi avrebbe neanche fatto schifo essere io la co-assegnataria, intanto per il rapporto anche di stima che ho con Gemma e poi perché stavano andando diciamo ad esaurimento i fascicoli più grossi che avevo».A questo punto il giudice chiede se il procuratore questo provvedimento lo abbia adottato e l’imputata risponde di essere andata a controllare personalmente sul sistema informatico, «posto che il procuratore certe volte peccava un po’ di trasparenza». Alla fine, però, avrebbe ottenuto la notizia per una strada diversa: «L'ho saputo in altra maniera, perché, comunque, un provvedimento formale, motivato come avrebbe dovuto, perché le co-assegnazioni che diciamo sono deroghe al criterio automatico di assegnazione dovrebbero essere motivate, e quindi impugnabili, non l'ho mai visto, non è mai stato divulgato e, insomma, non ne ho mai avuto conoscenza». In questo trambusto è stata partorita l’inchiesta che ha terremotato la magistratura italiana.
Emmanuel Macron (Getty Images). Nel riquadro Virginie Joron
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L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.
Kim Jong-un (Getty Images)