2021-11-30
Elkann vuole rifare la Juve da zero. Il primo passo sarà sollevare Agnelli
Andrea agnelli e il cugino John Elkann (Getty Images)
L’inchiesta plusvalenze che scuote il club è l’ultima macchia della presidenza di Andrea Agnelli dopo Superlega, caso Suarez e bilanci in rosso. John Elkann ha riunito gli avvocati e studia una strategia per sostituire il cugino.«Inadeguato. Non all’altezza. Non più adatto. Ormai impresentabile». Questi i termini su Andrea Agnelli affiorati ieri a Torino durante la riunione ristretta che John Elkann, in veste di proprietario della Juventus (attraverso la Exor), ha convocato d’urgenza fin da sabato pomeriggio per discutere la strategia migliore per affrontare i guai derivanti dalle più recenti «imprese» del vertice societario del club. Lo sfogo, che qualcuno ha definito «inusuale» in raffronto alla abituale prudenza di John, è avvenuto alla presenza dei legali di fiducia, consultati per affrontare il problema e valutare le conseguenze dell’inchiesta che vede indagati tre fra i massimi dirigenti del club e tre ex responsabili di primo piano. C’è il massimo riserbo sui nomi degli avvocati presenti. Si parla di due esperti di diritto sportivo e due di diritto societario dello studio Bonelli-Erede-Pappalardo di Milano (dove lavora anche l’ex ministro Angelino Alfano). Appare sorprendente, in tal caso, l’esclusione dello studio Grande Stevens: ma Franzo, che è il presidente emerito della Juventus (e fu il presidente esecutivo del club ai tempi di «Calciopoli», anche se il suo nome stranamente non figurò mai nell’inchiesta…) non sta molto bene, ha 93 anni, ormai si muove solo su una sedia a rotelle. Il suo «delfino», il potente «fuoriclasse» Michele Briamonte, da tempo è ai ferri corti con la Juventus dopo essersi dimesso dal consiglio di amministrazione nel 2012 quando venne «scavalcato» da Andrea Agnelli che prima lo aveva mandato a patteggiare la condanna di Antonio Conte per un episodio di calcioscommesse quand’era allenatore del Siena e poi, aveva contraddetto la linea del suo legale (Briamonte fu sostituito da Giulia Bongiorno che prese anche il suo posto nel Cda e se ne andò quando divenne ministro).Al di là degli aspetti tecnico-giuridici, John Elkann è apparso molto preoccupato e adirato - sabato sera non era allo stadio ad assistere alla sconfitta contro l’Atalanta - poiché in pratica si trova in un «cul de sac»: scaricare il cugino in questo momento suonerebbe come un’ammissione di «colpevolezza» della Juventus (prima che di Andrea) prima ancora che la giustizia (non quella sportiva) faccia il suo corso. Al tempo stesso mantenere in carica il presidente crea inevitabili problemi che diventerebbero ancora più gravi in caso di condanne in tribunale o penalizzazioni sportive. Potrebbe essere il diretto interessato a togliere il disturbo e dimettersi ma anch’egli si trova in un vicolo cieco e le sue valutazioni sono le stesse che valgono per John, e quindi da escludere.In questo momento il proprietario della Juve - come avrebbe confidato domenica al suo amico Carlo Ratti, un architetto torinese di grande fama - è «pentito» di non essere intervenuto mesi fa quando l’atteggiamento di Andrea, insieme alla sua crescente superbia e mancanza di ragionevolezza, aveva portato John a pensare che si fosse «montato» e avesse «perso la testa» creando molti danni alla Juventus. Non si riferiva solo alla vicenda della Superlega e dell’isolamento internazionale, oltre al danno di immagine, provocato al club ma alla questione fondamentale: i conti e le previsioni completamente e finanziariamente sbagliate errate sui costi insopportabili per l’ingaggio di Cristiano Ronaldo (come aveva saggiamente avvertito Beppe Marotta). Per cercare di controllare, invano, e di riferire alcuni aspetti della gestione tecnico-sportiva (la figuraccia del finto esame di Suarez, il contratto di quattro anni ad Allegri, una dissennata campagna acquisti, la gestione «finale» di Ronaldo, da ultimo il film su Amazon girato dentro gli spogliatoi), John aveva nominato una sorta di «commissario straordinario»: Maurizio Arrivabene, nonostante gli insuccessi alla Ferrari. Ma il suo ruolo è subito stato neutralizzato da Andrea, che ha affidato a Chiellini il compito che un anno prima svolgeva (male) Buffon: il raccordo tra campo e spogliatoi da una parte e gli uffici dirigenziali dall’altra. Tra l’altro John era preoccupato, e inorridito, per la caduta di stile avvenuta in diverse occasioni, specie dopo aver saputo della assurda campagna anti Marotta che era stata messa in atto andando a rovistare tra inesistenti retroscena della sua vita sentimentale alimentati da qualcuno nello spogliatoio e in società. A Maurizio Sarri, dunque, è andata fin troppo bene anche se Andrea Agnelli e lo hanno vergognosamente insultato nel famoso filmato di Amazon Prime, oltre a cancellare ogni immagine in cui compariva come vincitore dell’ultimo scudetto (l’allenatore ha avuto la sfortuna di giocare il 26 febbraio l’andata di Champions col Lione e poi, solo cinque mesi dopo, il 7 agosto la partita di ritorno venendo licenziato il giorno dopo). Il problema dei conti è pesantissimo e negli ultimi tre anni si è spaventosamente aggravato. Andrea sembrava e sembra aver dimenticato che la Juventus è una società per azioni (in serie A ce ne sono solo altre due, la Lazio e la Roma) e quindi ha obblighi di legge molto diversi rispetto agli altri club, in primis verso gli azionisti e la Consob. Al tempo stesso i suoi dirigenti e amministratori corrono rischi ben più grandi. Mentre avveniva tutto questo qualcuno, irresponsabilmente e senza alcuna consapevolezza di quanto fosse grave avallare tale comportamento, scriveva una lettera segreta di impegno a Ronaldo nel pagargli gli arretrati, ivi compresi i rimborsi dei compensi cui aveva «rinunciato» per la situazione Covid. E pensare che ogni comunicazione va inoltrata preventivamente alla Consob per non determinare conseguenze sul mercato. Agnelli, accentratore come nessuno al mondo, ora scarica le sue responsabilità sugli altri, ma chi può aver firmato o siglato un impegno extra con Ronaldo se non lui?John era ed è stufo di continuare a aprire il portafoglio di Exor, come avviene da tre anni, per continui e sempre più onerosi aumenti di capitale. E anche ieri ha ripetuto, alla luce dei fatti più recenti, un nuovo condivisibile concetto: «Che bisogno c’era di fare tante plusvalenze e decine di trucchi e trucchetti di maquillage, se poi alla fine i conti non tornavano e i bilanci continuavano sempre di più a essere in profondo rosso?». John è forse già pentito di aver spinto Exor a tirar fuori altri 255 milioni per l’ultima ricapitalizzazione (la terza in tre anni) e di averne già anticipato 75 ad agosto, prima ancora che il cda della Juve deliberasse in merito. Un legale ha posto l’accento su un altro aspetto: è inutile cercare di salvarsi sperando nella «benevolenza» della giustizia sportiva accampando il fatto che «così fan tutti». A preoccupare sono alcuni degli aspetti più gravi ed evidenti nei conti: ad esempio, nel 2019-2020 per la formazione che partecipa al campionato Under 23, sono state registrate plusvalenze per 39 milioni, mentre le altre 59 società che partecipano al torneo tutte insieme ne hanno registrate sei. Mentre Maurizio Arrivabene, amministratore delegato della Juve, ieri veniva ascoltato in Procura come persona informata dei fatti, da Perugia è arrivata un’altra brutta tegola. La Procura di Torino, secondo alcune indiscrezioni, avrebbe chiesto ai colleghi di Perugia la copia delle intercettazioni telefoniche riguardanti l’ex amministratore delegato dei bianconeri, Fabio Paratici, considerato la «mente» (forse il termine è eccessivo…) di quell’intreccio di plusvalenze che hanno «ingolfato» - è un termine usato nelle intercettazioni - la situazione amministrativa della Juventus. Infatti, ben prima che cominciassero le indagini dei pm torinesi, l’allora «numero tre» del club (dopo Agnelli e Nedved) era rimasto coinvolto, con un ruolo ritenuto di primo piano, nell’inchiesta sul finto «esame di italiano» sostenuto dal centravanti Luis Suarez nell’Università per stranieri di Perugia per fargli ottenere la cittadinanza del nostro Paese e poterlo tesserare. In quella occasione, e per lungo tempo, il telefono di Paratici era stato messo sotto controllo rivelando le sue conversazioni sul tema con l’avvocato della Juventus e con l’allora ministro dei trasporti e delle infrastrutture Paola De Micheli (Pd) che intervenne e fece pressioni sul ministero dell’Interno. Evidentemente il telefono di Paratici racchiudeva anche altri tipi di conversazioni, non pertinenti con quella indagine, e ora i pm torinesi vogliono vedere se in quei tabulati ci sono - come probabile - anche elementi utili per integrare l’inchiesta in corso. Sui blog dei tifosi, intanto, il tam-tam riguarda un interrogativo sempre più diffuso: «La campagna acquisti della Juve, in questi anni era improntata a coprire le esigenze della squadra oppure i giocatori venivano scelti, non tanto per le loro capacità e la loro adeguatezza, ma soltanto se consentivano o meno di fare plusvalenze?».