2024-02-26
La passione per gli yacht dell’Avvocato Agnelli ha inguaiato tutti i suoi eredi
Gianni Agnelli al timone (Getty Images)
I posti barca in Francia dove Gianni ormeggiava i natanti da sogno erano intestati a società offshore: un elemento che corrobora la tesi di un tesoro nascosto all’estero. Probabilmente considerava Monte Carlo un posto da parvenu e per questo per tuffarsi in mare dall’elicottero o per rilassarsi tra i limoni e gli ulivi di villa Leopolda, preferiva spingersi una decina di chilometri più in là, verso Cannes. Tra Beaulieu e Villefrance-sur-mer.Nel locale porticciolo turistico erano ormeggiati i suoi panfili, un’avveniristica barca a vela (Stealth) e un ex rimorchiatore, trasformato in natante di lusso (F100). E proprio questa passione per il mare ha fatto fare un passo falso a Gianni Agnelli, il quale ha lasciato agli eredi la spia dell’esistenza di un patrimonio fuori dall’Italia. Indizi a cui Margherita, la figlia ribelle dell’Avvocato, si è aggrappata come un naufrago a una zattera, per dimostrare ai magistrati che l’ipotesi di un tesoro occultato nei paradisi fiscali non era una fantasia. I primi sospetti li aveva destati il foglietto con la lista delle società offshore consegnata alla donna dal commercialista svizzero Siegfried Maron, il capo del family office di Zurigo che gestiva il patrimonio estero di Agnelli. A rafforzare i dubbi un bonifico da 109 milioni inviato da un conto sconosciuto della banca Morgan Stanley, rapporto su cui erano stati depositati nel tempo tra gli 800 e 1.000 milioni di euro.Ma poi è arrivato il terzo indizio.Una pista che in una richiesta di archiviazione firmata nel 2013 dai pm di Milano, i primi a occuparsi a livello penale dell’eredità contesa, era così sintetizzata: «L’esistenza di tre moli (numeri 25, 26 e 27) presso il porto francese di Beaulieu, notoriamente in uso all'avvocato Agnelli sin dagli anni Settanta e intestati a una finanziaria e a due società offshore metteva, nuovamente, in luce la disponibilità della famiglia Agnelli di schermi attraverso cui detenere beni celandone provenienza e titolarità».Per arrivare a questa conclusione sono state utilizzate «le reiterate escussioni di Mark Hurner, cittadino belga consulente del collegio difensivo di Margherita Agnelli».I magistrati elencano i paradisi fiscali che schermavano i reali proprietari dei posti barca: «Dalla documentazione raccolta, risultava che un molo fosse intestato alla Triaria investments limited, con sede in Jersey […] mentre gli altri due erano formalmente riconducibili alle società offshore Delphburn limited, con sede nell’Isola di Man, e Celestrina company limited, con sede in Jersey. La riconducibilità diretta dei tre moli all’avvocato Gianni Agnelli veniva altresì confermata dai figli di Achille Boroli (l’editore dell’istituto geografico De Agostini di Novara, ndr), persona che nel 2004 aveva rilevato i tre moli. Stando alle loro dichiarazioni, detti moli erano effettivamente in uso alla famiglia Agnelli a partire dagli anni Settanta». In una memoria presentata a Torino dagli avvocati di Margherita si leggeva: «Detti posti barche, unici nel loro genere perché destinati a ricevere imbarcazioni superiori ai 100 metri, erano utilizzati per ormeggiare lo Stealth, nel porto di Antibes, e l’F100 e il Vulture (il tender del rimorchiatore, ndr), in quello di Beaulieu, tutte barche utilizzate dal senatore Agnelli. Il valore degli ormeggi è stimabile in 2 milioni di euro. Gli ormeggi di Beaulieu […] sono stati venduti nel gennaio 2004 all’industriale italiano Achille Boroli. Quello di Antibes, intestato alla Rahal holdings limited, società delle Isole Cayman è stato venduto, sempre nel 2004, al principe del Bahrein sceicco Salman Bin Hamad Al-Khalifa».Per poter ormeggiare le imbarcazioni nella marina amata dai Boroli era necessario acquistare, per ciascun molo, 40 azioni della Societè anonyme du Port de Plaisance de Beaulieu.Hurner scoprì che a possedere le 40 azioni del molo 26, utilizzato per l’ex rimorchiatore, era la Triaria, ovvero la offshore collegata al celebre conto di Morgan Stanley associato all’Avvocato e di cui Hans-Rudolph Staiger, il professionista svizzero di cui si è servito Gianni Agnelli in numerose occasioni, era amministratore.Titolare delle azioni di un altro dei moli usati da Agnelli era, come detto, la Delphburn, amministrata sempre da Staiger.Il 25 febbraio 2004, ovvero una settimana dopo l’accordo successorio tra Margherita e la madre Marella, le azioni rappresentative di tutti e tre i moli vennero vendute da Triaria.Il 21 novembre 2011, Pietro Boroli, uno dei figli di Achille, spiega agli inquirenti: «Dagli inizi degli anni Settanta frequento la località di Beaulieu, dove ogni tanto ho avuto modo di vedere anche il senatore Giovanni Agnelli, il quale ormeggiava tra le altre la barca F100 presumibilmente in uno dei moli 25, 26 o 27».Il fratello Marco Emilio Boroli aggiunge: «Mio padre sapeva che i moli di Beaulieu, indipendentemente dalle intestazioni a società offshore o a fiduciarie, erano del senatore Giovanni Agnelli o comunque, per essere più precisi, erano da questi utilizzati».La sua ricostruzione prosegue: «Preciso che detti moli furono acquistati nel 2004 da mio padre Achille attraverso trattative dirette con la signora Ursula Schulte di Zurigo, facente capo allo studio legale Staiger, Schwald e Roesle di Zurigo». La Schulte era la più stretta collaboratrice a Ginevra di Gianluigi Gabetti, storico consigliere dell’ex presidente della Fiat. A detta di Boroli, dell’affare si occuparono anche altri professionisti vicini all’Avvocato, come Iwan J. Ackermann e lo studio legale di Herbert Batliner (gentiluomo di sua Santità) e Johannes Gasser, da cui provenivano i contratti di vendita, e società con base nei paradisi fiscali del Lichtenstein, di Tortola e di Guernsey.Il testimone, in una nota consegnata alla Procura di Milano e stilata insieme con la più stretta collaboratrice del padre, la svizzera Carla Mazzoleni, aveva provato a ricostruire anche i pagamenti.Le tre società offshore riconducibili ad Agnelli avrebbero incassato 466.000 euro l’una.L’uomo raccontò anche che il bonifico venne effettuato da una società offshore della sua famiglia su un conto di un anstalt (speciale istituto giuridico) di Vaduz riferibile all’Avvocato. Un gioco di scatole cinesi da far venire il mal di testa e di cui oggi non resta traccia. Come ha confermato Marco Emilio Boroli ai pm: «Documenti non ve ne sono perché sono stati distrutti».
Eugenia Roccella (Getty Images)
Carlotta Vagnoli (Getty Images)