2025-03-09
In piazza per la pace mentre l’Ue fa la guerra
Anche se lo sventolio di bandiere non ha mai fatto tacere i cannoni, i progressisti ci riproveranno il 15 marzo. Il colmo è che rafforzeranno le ambizioni belliche dell’Ue. Faccio questo mestiere da mezzo secolo e non ho mai visto una marcia della pace che sia servita a ottenere la pace. Magari a forza di marciare qualcuno è arrivato in alto, nel senso che ha fatto carriera, ma che una delle tante manifestazioni su e giù per l’Italia sia riuscita a raggiungere lo scopo per cui era stata indetta, cioè un cessate il fuoco, no, non mi risulta che sia mai avvenuto. Ricordo che negli anni Ottanta il giornale per cui lavoravo mi spedì al seguito del corteo contro i missili a Comiso. Il governo Spadolini prima, quello guidato da Bettino Craxi poi, avevano acconsentito all’utilizzo da parte della Nato di una base militare siciliana dismessa. Il piano faceva parte del più ampio progetto di difesa contro le minacce russe. Eravamo nel pieno della cosiddetta Guerra fredda e Ronald Reagan aveva deciso di fronteggiare le minacce dell’Unione sovietica installando missili da crociera e stoccando nelle basi europee una serie di testate nucleari. Secondo la sinistra, gli Stati Uniti così facendo ci spingevano verso la terza guerra mondiale e il Pci di Enrico Berlinguer ovviamente si schierò contro l’America e contro i governi dell’epoca, accusandoli di esporre l’Italia ai rischi di un conflitto. Credo che la maggior parte dei lettori conosca come sia finita: l’Urss, che per armarsi fino ai denti aveva speso una fortuna, prima fu costretta a sedersi al tavolo per trattare un patto di reciproco disarmo, poi le conseguenze dello sforzo bellico sopportato trascinarono a fondo la sua economia, portando il blocco sovietico al collasso. Cioè, fu la determinazione di Reagan, la minaccia nucleare, a sconfiggere l’Impero del male e a scongiurare la guerra. Non furono di sicuro le camminate lungo la Penisola né le bandiere della pace. Se poi guardiamo ad altre manifestazioni, come quelle contro la guerra in Afghanistan o in Iraq, ma anche ai cortei più recenti contro l’invasione dell’esercito israeliano a Gaza, non esiste marcia della pace che abbia raggiunto lo scopo. I conflitti sono scoppiati e si sono conclusi a prescindere dalle camminate pacifiste. Non c’è stato sventolio di bandiere, peraltro a lungo esposte alle finestre di città e Paesi, che abbia prodotto qualche cosa.Dunque, mi domando a che cosa servirà la manifestazione che la solita sinistra ha indetto per il 15 marzo. Ancor più di altre, quella di sabato prossimo ha un obiettivo confuso e inconcludente. A invocarla è stato Michele Serra. Non quando la Russia ha invaso l’Ucraina, che avrebbe avuto senso. Ma ora che Donald Trump sta provando a far tacere le armi. All’editorialista di Repubblica, noto per le sue riflessioni mentre sta disteso su un’amaca, pare stia stretto il ruolo dell’Europa, vaso di coccio tra due vasi di ferro, cioè America e Russia. Così ha proposto un’adunata di cittadini per l’Europa, per la sua unità e per la sua libertà, al grido di «qui si fa l’Europa o si muore». A dire il vero, fino in fondo non è fatta neppure l’Italia, ma Serra non pare curarsi di questo. Ad agitare i suoi sonni è il futuro dell’Europa, che egli sente minacciata, forse dalla Russia, ma ancor più dagli Stati Uniti. All’idea della camminata hanno aderito in tanti, praticamente tutta la sinistra, che non vede l’ora di trovare almeno un argomento che le consenta di non dividersi. E poi a favore della partecipazione si sono espressi anche un certo numero di movimenti, compreso l’ultimo, ovvero la Comunità di Sant’Egidio. Insomma, si tratta di una marcia per la pace in Europa. Tuttavia, quella stessa Europa ha appena annunciato un piano da 800 miliardi per armarsi, cioè per convertire le industrie automobilistiche - che con la transizione energetica della stessa Europa rischiano di finire fuori strada - in industrie di armamenti. Ma Serra e i compagni autoconvocati in difesa dell’Europa sanno che invece di parlare di pace e di investimenti nella salute, l’Europa ormai parla solo di guerra? Sono a conoscenza che il più grande ostacolo a un cessate il fuoco in Ucraina, invocato spesso anche da papa Francesco, è costituito dalle promesse di sostegno militare a Kiev da parte di alcuni Paesi europei, tra i quali la Francia il cui presidente minaccia un giorno sì e l’altro anche di inviare in Ucraina militari francesi? La democrazia, la libertà e l’unità della Ue in questo periodo non subiscono una minaccia dall’esterno, ma dall’interno, da un’élite di burocrati che ci sta spingendo, se non verso una guerra, di sicuro verso la prosecuzione di un conflitto che ha già causato un milione di vittime e danni enormi non solo ai belligeranti, ma a tutti gli europei.Serra e compagni nei fatti sostengono i Macron, le Ursula von der Leyen e gli Starmer, ovvero una classe politica che cerca di perpetrare il proprio potere agitando lo spauracchio di un’invasione russa dell’Europa, che non esiste e non è mai esistita. Fino a due anni fa ci dicevano che a fermare Putin sarebbero bastate le sanzioni, oggi per fermarlo invece ci chiedono di indebitarci per 800 miliardi e comprare cannoni e missili. Ovviamente sempre marciando e sventolando le bandiere della pace.