2022-05-21
In piazza a Roma per scegliere la vita. «Solo così l’Italia potrà ripartire»
Oggi la manifestazione di cento associazioni pro life per fermare quella che Papa Francesco ha definito la «cultura dello scarto». Invece di cercare una felicità egoistica, bisogna tornare a scommettere sui figli.Oggi, sabato 21 maggio, a Roma, avrà luogo una grande «Manifestazione per la vita», convocata da più di cento associazioni di tutta Italia, sotto il motto «Scegliamo la vita». Le motivazioni che hanno spinto a organizzare questo grande evento pubblico sono molteplici, ma le possiamo sintetizzare in alcuni aspetti fondamentali. Innanzitutto, alla luce di quanto sta accadendo negli ultimi anni nel nostro Paese, ove la «cultura dello scarto», come la definisce Papa Francesco, sembra avanzare senza ostacoli, dalla promozione dell’aborto chimico alla legalizzazione di quell’assurda quanto tragica condizione chiamata «Mvma», la «morte volontaria medicalmente assistita», si sente forte il bisogno di riaccendere la speranza, la speranza nella vita, la speranza in una nuova storia che metta al centro il diritto alla vita. Senza diritto alla vita, primo e fondamentale diritto di ogni società civile, l’intero castello dei diritti umani crolla, producendo quella cultura della morte che sta mietendo vittime innocenti nel nostro Paese e nel mondo intero. Le cifre di questa condizione che, senza esagerazione alcuna, possiamo definire «strage» sono davvero impressionanti, e ormai a tutti ben note. Parliamo di milioni di bimbi innocenti sacrificati da quell’ingiustificabile «diritto» che si chiama «Ivg», «interruzione volontaria di gravidanza». Due acronimi, «Ivg» e «Mvma», in cui è descritta tutta l’ipocrisia del politicamente corretto: l’eliminazione del più debole e indifeso dietro la maschera della libera scelta volontaria. Può mai la soppressione di una vita fragile e indifesa, o l’eliminazione di una vita sofferente e disperata diventare un «diritto» esigibile per legge? Si tratta di eventi tragici, drammatici, dolorosi … ma mai, e poi mai, «diritti». «Quando l’ingiustizia diventa legge, la resistenza diventa un dovere» diceva Bertolt Brecht. Ecco la ragione per cui migliaia di mamme, papà, nonni, bambini daranno pubblico riscontro della loro presenza, attiva e militante, in difesa della vita, di ogni vita, manifestando la bellezza e la dignità di ogni vita umana, nelle sue mille specificità. Con una particolarissima attenzione alle vite più fragili, vulnerabili, considerate imperfette e «indegne di essere vissute», poste dunque alla mercè dell’arbitrio del più forte e di quella falsa pietà che invoca per loro l’abbandono e la morte. Il nostro Paese, ferito da una denatalità più che preoccupante, con uno dei tassi di fertilità più bassi al mondo, dà proprio l’impressione di aver perso ogni speranza: nessuno sembra più voler scommettere sulla vita, investendo al contrario tempo e energie nella ricerca di una felicità egoistica, di un’autodeterminazione che non conosce limiti e che sterilizza non solo (e forse non tanto!) la curva delle nuove nascite, quanto, purtroppo, la stessa umanità che portiamo iscritta nel cuore, senza peraltro mai raggiungere l’agognata felicità. Come diceva il poeta tedesco Friedrich Holderlin, spesso «la nostra vita è un inferno, perché abbiamo avuto la pretesa di farne un paradiso». Con questa manifestazione si vuole scuotere le coscienze, liberarle da questa oscura ombra di pessimismo contro la vita, lanciando a tutti una grande sfida: «Scegliamo la vita». Scegliamo la vita nella scuola, nella politica, nei servizi sociali, nella sanità, nel sistema fiscale, nel mondo del lavoro: se davvero la nostra Italia vuole ripartire, deve ripartire dalla vita, dalla speranza nella vita, nascente e terminale. La morte è un’ineluttabile tappa che attende ogni vita: «accompagniamo» alla morte con calore umano e solidarietà, non «somministriamo» la morte come una medicina, come ci insegna papa Francesco. Dunque, una manifestazione «per» e non una manifestazione «contro», eccezion fatta per il «contro il diritto» all’eliminazione legale di vite innocenti. Si tratta, dunque, di una condizione di «giustizia sociale», perché non è certo la singola madre che interrompe la gravidanza (spesso essa stessa vittima di abbandono e solitudine angosciante) a mettere in pericolo la pace, ma come disse suor Teresa di Calcutta (che definì l’aborto come «il più grande distruttore della pace»): «Fino a quando l’aborto sarà proclamato come un diritto, il mondo non avrà mai né giustizia né pace». A Roma oggi brillerà la gioia di tante famiglie, con numerosi bimbi, con tantissimi colori, portando nel cuore il sogno che quell’evento diventi una miccia che accenda il fuoco della vita nel cuore di tutti. Così, di anno in anno, a Dio piacendo, ci daremo appuntamento in maggio, perché di fronte alla cultura della morte e alle sue leggi, non ci rassegneremo mai. Arrivederci in piazza.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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