In Germania Cdu-Csu ok, poi Afd. Crollano la Spd di Scholz e i Verdi

In Germania vincono l’Unione (Cdu e Csu) e i sovranisti dell’Afd, che sono diventati la seconda forza politica del Paese, dietro proprio ai cristianodemocratici. Gli sconfitti, invece, sono chiaramente i partiti oggi al potere, soprattutto la Spd e i Verdi, che pagano un conto salatissimo per tre anni di governo a dir poco deludenti. Queste elezioni europee, insomma, confermano alcune linee di tendenza già registrate negli ultimi mesi. E ci preparano, in prospettiva, al grande appuntamento elettorale del prossimo anno, quando i cittadini tedeschi saranno richiamati alle urne per eleggere il nuovo Parlamento e, pertanto, il nuovo esecutivo.
I partiti al governo sono in crisi nera e non sembrano in grado di risalire la china. Se i Liberali (Fdp) hanno più o meno raggiunto il risultato preventivato (5%), lo stesso non si può dire per la Spd (14%) e i Verdi (12%), che hanno perso milioni di voti e diversi seggi all’Europarlamento. Alle Politiche del 2021, i socialdemocratici sembravano risorti, traendo profitto dal brusco calo della Cdu, ridotta in macerie da 16 anni di monarchia merkeliana. Allora la Spd prese il 25,7% delle preferenze, mentre i Verdi si attestarono al 14,6%. A cui si aggiunsero proprio i Liberali con un sorprendente 11,5%. Nasceva così la coalizione «semaforo», dal colore dei tre partiti che formano l’attuale governo.
Giorni di gloria ormai tramontati. Nei rispettivi quartier generali, infatti, ieri sera l’umore era funereo. Intercettato da una giornalista dello Spiegel, il cancelliere Olaf Scholz si è addirittura rifiutato di commentare i risultati del voto. A prendere la parola, invece, è stato il segretario della Spd, Kevin Kühnert: «Per noi oggi è stata una dura sconfitta», ha dichiarato alla stampa. «Ora», ha spiegato, «dobbiamo risolvere da soli i nostri problemi, senza cercare capri espiatori, ma analizzando il voto con lucidità e onestà». Si è detta delusa dall’esito delle votazioni anche la leader dei Verdi, Ricarda Lang, a cui ha fatto eco Rasmus Andresen, il capo dei Verdi al Parlamento europeo: il partito, che ha perso circa l’8,5% dei consensi rispetto al 2019, «non può essere soddisfatto del risultato elettorale», ha affermato Andresen. «Adesso», ha proseguito, «occorre capire il motivo per cui non siamo riusciti a convincere la gente della bontà del nostro programma. Sono invece molto preoccupato», ha aggiunto, «per il successo degli estremisti di destra dell’Afd nonostante i loro numerosi scandali».
In effetti, la campagna mediatica ostile non ha impedito ad Alternativa per la Germania di ottenere un risultato storico: con il 16% dei voti, i sovranisti tedeschi hanno migliorato di circa cinque punti percentuali i numeri sia delle scorse elezioni europee (11%) sia delle politiche del 2021 (10,3%), e dovrebbero guadagnare ulteriori 7 seggi all’Europarlamento.
Non a caso, uno dei due presidenti dell’Afd, Tino Chrupalla, ha parlato di «super risultato» e di un «buon inizio» in vista delle prossime elezioni regionali, per cui si prevede un’altra affermazione del partito, già adesso seconda forza politica della Germania. L’Afd peraltro, che fa furore soprattutto all’Est, si è consacrata come la formazione più votata dai lavoratori e dai giovani elettori (16-24 anni). Attualmente il partito non fa parte di alcun eurogruppo, dopo la recente espulsione da Identità e democrazia, in cui sono presenti anche la Lega e il Rn di Marine Le Pen. Il candidato dell’Afd René Aust, tuttavia, ha affermato alla Zdf: «Domani (oggi, ndr) riprenderemo tutti i contatti», lasciando intendere che, per loro, lo strappo può ancora essere ricucito.
Il successo dell’Afd, ovviamente, non ha fatto per nulla piacere alla Cdu, che comunque ha riconquistato la palma di primo partito del Paese: insieme ai bavaresi della Csu, i cristianodemocratici si sono attestati al 30% dei voti. «Siamo di nuovo i numeri uno», ha esultato il presidente della Cdu, Friedrich Merz. Il risultato è indubbiamente positivo, ma forse è dovuto più ai demeriti degli altri (Spd su tutti) che non ai meriti propri: più un sospiro di sollievo, insomma, che un vero trionfo. Le percentuali bulgare dell’era merkeliana (oltre il 40%), infatti, sono ormai un lontano ricordo. Nonostante questo, il segretario della Cdu, Carsten Linnemann, ha voluto sfidare il cancelliere Olaf Scholz, esortandolo a trarre le dovute conclusioni dall’esito del voto: «Scholz non può continuare così», ha dichiarato Linnemann alla Zdf, «e anzi dovrebbe porre la questione della fiducia al Bundestag. La coalizione semaforo deve cambiare rotta, altrimenti le elezioni anticipate saranno inevitabili».
Per il resto, si registra il clamoroso tonfo della Linke, che precipita al 2,7%, ma che manterrà comunque un seggio all’Europarlamento, dato che per la Germania non sono previste soglie di sbarramento. Chi può festeggiare, invece, è Sahra Wagenknecht: con il suo nuovo partito (Bsw), la populista di sinistra, fuoruscita dalla Linke circa un anno fa, ha raggiunto un lusinghiero 6%.
Anche in Austria si è assistito alla netta affermazione dei sovranisti dell’Fpö, che con il 27% dei consensi hanno superato di slancio sia i popolari (Övp) che i socialdemocratici (Spö), fermi rispettivamente al 23,5 e al 23%. Così l’Fpö è diventato il partito più votato del Paese: non era mai successo prima. «Adesso dobbiamo passare alla fase successiva, che si chiama cancellierato», ha dichiarato entusiasta il leader dell’Fpö, Herbert Kickl. Entusiasmo condiviso pure da Harald Vilimsky, il candidato di punta del partito alle elezioni europee: «Passo dopo passo», ha detto, «ci stiamo riprendendo la nostra nazione».






