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2024-01-26
In Francia il Senato frena la corsa all'aborto
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Emmanuel Macron (Ansa)
La Francia rischia di rimanere paralizzata dagli agricoltori che protestano contro l’ecologia punitiva e le regole assurde imposte dall’Ue, ma la priorità di Emmanuel Macron è di favorire l’aborto. Tuttavia, il classico granello di sabbia potrebbe inceppare l’ingranaggio parlamentare che dovrebbe portare all’aggiunta della “libertà di abortire” nella Costituzione francese.
Nella notte tra giovedì e venerdì, un’Assemblea Nazionale quasi deserta ha approvato il testo che sarà presentato nuovamente martedì prossimo alla Camera bassa francese, per un voto solenne. A favore del progetto di costituzionalizzazione dell’aborto hanno votato 99 deputati della maggioranza e delle opposizioni di sinistra. Invece 13 onorevoli delle opposizioni di destra si sono opposti. Il progetto di legge costituzionale, proposto dal ministro della giustizia Eric Dupont-Moretti e quella delle pari opportunità Aurore Bergé, è composto da un unico articolo che recita: «la legge determina le condizioni nelle quali si esercita la libertà garantita alla donna di ricorrere all’Ivg (interruzione volontaria di gravidanza, ndr). E’ praticamente sicuro che l’Assemblea Nazionale approverà il testo del progetto di legge costituzionale, visto che gli anti abortisti sono in minoranza in questo emiciclo.
Ma per apportare delle modifiche alla Costituzione francese è indispensabile anche il voto favorevole del Senato su un testo identico, prima che il parlamento si riunisca in Congresso. Macron ha convocato il Congresso per il 5 marzo prossimo, quindi il Senato avrà poco più di un mese per votare il testo abortista. E qui le cose di complicano, perché il presidente della Camera alta transalpina nonché seconda carica dello Stato Gérard Larcher, si è detto contrario all’inserimento dell’aborto nella legge suprema francese. “Nel nostro Paese non incombe una minaccia sull’ivg. Se questo fosse il caso, credetemi, mi batterei perché (questa pratica) venga mantenuta” ha detto Larcher ai microfoni di Franceinfo. Poi, la seconda carica dello Stato ha affermato che “la Costituzione non è un catalogo dei diritti della società”. Infine il presidente del Senato ha richiamato “un principio della legge Veil” che, nel 1975, ha autorizzato l’aborto al di là delle Alpi. Secondo Larcher, questo principio consiste innanzitutto in un “diritto preservato per le donne” che “dopo un certo tempo, è il diritto del bambino e del nascituro", pertanto “questo equilibrio non andrebbe sconvolto”.
Ma Macron e i suoi non vogliono sentire ragioni: in Francia bisogna assicurare a tutti i costi “la libertà” di ammazzare dei bambini nel ventre materno. La prova è arrivata ancora l’altra notte all’Assemblea Nazionale, quando Dupont-Moretti ha evocato, senza nominarla espressamente, la sentenza della Corte suprema americana che ha messo in discussione l’aborto gli Usa. «Non possiamo non pensare che ciò che accade attorno a noi, non capiti anche da noi» ha dichiarato con enfasi Dupont-Moretti, che di mestiere fa l’avvocato. I macronisti possono contare sull’appoggio delle opposizioni di sinistra che l’altra sera, nell’emiciclo, avevano quasi la bava alla bocca. Elsa Martin, deputata di estrema sinistra de La France Insoumise è arrivata a gridare contro i deputati Lr: “smettetela di rompere!”. Ma oltre tifo da stadio per la morte di bambini non ancora nati che i deputati di sinistra, più o meno estrema, hanno inscenato l’altra notte, i sostenitori dell’aborto a tutti i costi si muovono anche su un altro piano. In effetti i macronisti e le sinistre stanno facendo in modo che il Senato si trovi con le spalle al muro nei confronti dell’opinione pubblica. In altre parole i sostenitori dell’aborto iscritto tra le libertà costituzionali francesi, stanno facendo crescere un giudzio preventivo nei confronti della Camera alta in modo da imbarazzare i senatori che “osassero” opporsi all’approvazione della legge costituzionale.
E dire che, come ha giustamente ricordato Larcher, l’aborto in Francia non è assolutamente osteggiato. Anzi, da quando Macron è arrivato all’Eliseo la normativa su questo tema è stata a più riprese estesa. Nel 2021 è stata disposta la gratuità di tutte le spese per ecografie ed esami nonché dell’interruzione di gravidanza. Nel 2022, il termine per ricorrere alla soppressione del bambino nel ventre della madre è passato da 14 a 16 settimane. Nel 2023 le ostetriche sono state autorizzate a praticare anche gli aborti per via chirurgica, mentre dal 2016 potevano effettuarli solo per via farmacologica. Poi va detto che tra gli oppositori all’aborto, praticamente nessuno ha mai chiesto di abrogare la legge Veil ma, semmai, di garantire alle donne prive di mezzi economici anche alternative alla sola interruzione di gravidanza.I senatori dei Républicains, che in passato hanno fatto degli scivoloni su tematiche bioetiche, hanno una grande responsabilità: quella di difendere la vita. Se non lo facessero, verrebbero meno ad uno dei valori che accomuna molte formazioni di destra moderata aderenti al Partito Popolare Europeo nel parlamento Ue. Forse anche il loro omologhi italiani di Forza Italia dovrebbero invitarli a fare la scelta giusta.Continua a leggereRiduci
L'Assemblea nazionale ha voluto l'inserimento in Costituzione della «libertà» della donna di ricorrere allo stop della maternità. Il testo dovrà essere approvato anche dalla Camera alta il cui presidente, però, è contrario: «La carta non è un catalogo dei diritti».La Francia rischia di rimanere paralizzata dagli agricoltori che protestano contro l’ecologia punitiva e le regole assurde imposte dall’Ue, ma la priorità di Emmanuel Macron è di favorire l’aborto. Tuttavia, il classico granello di sabbia potrebbe inceppare l’ingranaggio parlamentare che dovrebbe portare all’aggiunta della “libertà di abortire” nella Costituzione francese.Nella notte tra giovedì e venerdì, un’Assemblea Nazionale quasi deserta ha approvato il testo che sarà presentato nuovamente martedì prossimo alla Camera bassa francese, per un voto solenne. A favore del progetto di costituzionalizzazione dell’aborto hanno votato 99 deputati della maggioranza e delle opposizioni di sinistra. Invece 13 onorevoli delle opposizioni di destra si sono opposti. Il progetto di legge costituzionale, proposto dal ministro della giustizia Eric Dupont-Moretti e quella delle pari opportunità Aurore Bergé, è composto da un unico articolo che recita: «la legge determina le condizioni nelle quali si esercita la libertà garantita alla donna di ricorrere all’Ivg (interruzione volontaria di gravidanza, ndr). E’ praticamente sicuro che l’Assemblea Nazionale approverà il testo del progetto di legge costituzionale, visto che gli anti abortisti sono in minoranza in questo emiciclo. Ma per apportare delle modifiche alla Costituzione francese è indispensabile anche il voto favorevole del Senato su un testo identico, prima che il parlamento si riunisca in Congresso. Macron ha convocato il Congresso per il 5 marzo prossimo, quindi il Senato avrà poco più di un mese per votare il testo abortista. E qui le cose di complicano, perché il presidente della Camera alta transalpina nonché seconda carica dello Stato Gérard Larcher, si è detto contrario all’inserimento dell’aborto nella legge suprema francese. “Nel nostro Paese non incombe una minaccia sull’ivg. Se questo fosse il caso, credetemi, mi batterei perché (questa pratica) venga mantenuta” ha detto Larcher ai microfoni di Franceinfo. Poi, la seconda carica dello Stato ha affermato che “la Costituzione non è un catalogo dei diritti della società”. Infine il presidente del Senato ha richiamato “un principio della legge Veil” che, nel 1975, ha autorizzato l’aborto al di là delle Alpi. Secondo Larcher, questo principio consiste innanzitutto in un “diritto preservato per le donne” che “dopo un certo tempo, è il diritto del bambino e del nascituro", pertanto “questo equilibrio non andrebbe sconvolto”.Ma Macron e i suoi non vogliono sentire ragioni: in Francia bisogna assicurare a tutti i costi “la libertà” di ammazzare dei bambini nel ventre materno. La prova è arrivata ancora l’altra notte all’Assemblea Nazionale, quando Dupont-Moretti ha evocato, senza nominarla espressamente, la sentenza della Corte suprema americana che ha messo in discussione l’aborto gli Usa. «Non possiamo non pensare che ciò che accade attorno a noi, non capiti anche da noi» ha dichiarato con enfasi Dupont-Moretti, che di mestiere fa l’avvocato. I macronisti possono contare sull’appoggio delle opposizioni di sinistra che l’altra sera, nell’emiciclo, avevano quasi la bava alla bocca. Elsa Martin, deputata di estrema sinistra de La France Insoumise è arrivata a gridare contro i deputati Lr: “smettetela di rompere!”. Ma oltre tifo da stadio per la morte di bambini non ancora nati che i deputati di sinistra, più o meno estrema, hanno inscenato l’altra notte, i sostenitori dell’aborto a tutti i costi si muovono anche su un altro piano. In effetti i macronisti e le sinistre stanno facendo in modo che il Senato si trovi con le spalle al muro nei confronti dell’opinione pubblica. In altre parole i sostenitori dell’aborto iscritto tra le libertà costituzionali francesi, stanno facendo crescere un giudzio preventivo nei confronti della Camera alta in modo da imbarazzare i senatori che “osassero” opporsi all’approvazione della legge costituzionale. E dire che, come ha giustamente ricordato Larcher, l’aborto in Francia non è assolutamente osteggiato. Anzi, da quando Macron è arrivato all’Eliseo la normativa su questo tema è stata a più riprese estesa. Nel 2021 è stata disposta la gratuità di tutte le spese per ecografie ed esami nonché dell’interruzione di gravidanza. Nel 2022, il termine per ricorrere alla soppressione del bambino nel ventre della madre è passato da 14 a 16 settimane. Nel 2023 le ostetriche sono state autorizzate a praticare anche gli aborti per via chirurgica, mentre dal 2016 potevano effettuarli solo per via farmacologica. Poi va detto che tra gli oppositori all’aborto, praticamente nessuno ha mai chiesto di abrogare la legge Veil ma, semmai, di garantire alle donne prive di mezzi economici anche alternative alla sola interruzione di gravidanza.I senatori dei Républicains, che in passato hanno fatto degli scivoloni su tematiche bioetiche, hanno una grande responsabilità: quella di difendere la vita. Se non lo facessero, verrebbero meno ad uno dei valori che accomuna molte formazioni di destra moderata aderenti al Partito Popolare Europeo nel parlamento Ue. Forse anche il loro omologhi italiani di Forza Italia dovrebbero invitarli a fare la scelta giusta.
Il motore è un modello di ricavi sempre più orientato ai servizi: «La crescita facile basata sulla forbice degli interessi sta inevitabilmente assottigliandosi, con il margine di interesse aggregato in calo del 5,6% nei primi nove mesi del 2025», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert Scf. «Il settore ha saputo, però, compensare questa dinamica spingendo sul secondo pilastro dei ricavi, le commissioni nette, che sono cresciute del 5,9% nello stesso periodo, grazie soprattutto alla focalizzazione su gestione patrimoniale e bancassurance».
La crescita delle commissioni riflette un’evoluzione strutturale: le banche agiscono sempre più come collocatori di prodotti finanziari e assicurativi. «Questo modello, se da un lato genera profitti elevati e stabili per gli istituti con minori vincoli di capitale e minor rischio di credito rispetto ai prestiti, dall’altro espone una criticità strutturale per i risparmiatori», dice Gaziano. «L’Italia è, infatti, il mercato in Europa in cui il risparmio gestito è il più caro», ricorda. Ne deriva una redditività meno dipendente dal credito, ma con un tema di costo per i clienti. La «corsa turbo» agli utili ha riacceso il dibattito sugli extra-profitti. In Italia, la legge di bilancio chiede un contributo al settore con formule che evitano una nuova tassa esplicita.
«È un dato di fatto che il governo italiano stia cercando una soluzione morbida per incassare liquidità da un settore in forte attivo, mentre in altri Paesi europei si discute apertamente di tassare questi extra-profitti in modo più deciso», dice l’esperto. «Ad esempio, in Polonia il governo ha recentemente aumentato le tasse sulle banche per finanziare le spese per la Difesa. È curioso notare come, alla fine, i governi preferiscano accontentarsi di un contributo una tantum da parte delle banche, piuttosto che intervenire sulle dinamiche che generano questi profitti che ricadono direttamente sui risparmiatori».
Come spiega David Benamou, responsabile investimenti di Axiom alternative investments, «le banche italiane rimangono interessanti grazie ai solidi coefficienti patrimoniali (Cet1 medio superiore al 15%), alle generose distribuzioni agli azionisti (riacquisti di azioni proprie e dividendi che offrono rendimenti del 9-10%) e al consolidamento in corso che rafforza i gruppi leader, Unicredit e Intesa Sanpaolo. Il settore in Italia potrebbe sovraperformare il mercato azionario in generale se le valutazioni rimarranno basse. Non mancano, tuttavia, rischi come un moderato aumento dei crediti in sofferenza o gli choc geopolitici, che smorzano l’ottimismo».
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Getty Images
Il 29 luglio del 2024, infatti, Axel Rudakubana, cittadino britannico con genitori di origini senegalesi, entra in una scuola di danza a Southport con un coltello in mano. Inizia a colpire chiunque gli si pari davanti, principalmente bambine, che provano a difendersi come possono. Invano, però. Rudakubana vuole il sangue. Lo avrà. Sono 12 minuti che durano un’eternità e che provocheranno una carneficina. Rudakubana uccide tre bambine: Alice da Silva Aguiar, di nove anni; Bebe King, di sei ed Elsie Dot Stancombe, di sette. Altri dieci bimbi rimarranno feriti, alcuni in modo molto grave.
Nel Regno Unito cresce lo sdegno per questo ennesimo fatto di sangue che ha come protagonista un uomo di colore. Anche Michael dice la sua con un video di 12 minuti su Facebook. Viene accusato di incitamento all’odio razziale ma, quando va davanti al giudice, viene scagionato in una manciata di minuti. Non ha fatto nulla. Era frustrato, come gran parte dei britannici. Ha espresso la sua opinione. Tutto è bene quel che finisce bene, quindi. O forse no.
Due settimane dopo, infatti, il consiglio di tutela locale, che per legge è responsabile della protezione dei bambini vulnerabili, gli comunica che non è più idoneo a lavorare con i minori. Una decisione che lascia allibiti molti, visto che solitamente punizioni simili vengono riservate ai pedofili. Michael non lo è, ovviamente, ma non può comunque allenare la squadra della figlia. Di fronte a questa decisione, il veterano prova un senso di vergogna. Decide di parlare perché teme che la sua comunità lo consideri un pedofilo quando non lo è. In pochi lo ascoltano, però. Quasi nessuno. Il suo non è un caso isolato. Solamente l’anno scorso, infatti, oltre 12.000 britannici sono stati monitorati per i loro commenti in rete. A finire nel mirino sono soprattutto coloro che hanno idee di destra o che criticano l’immigrazione. Anche perché le istituzioni del Regno Unito cercano di tenere nascoste le notizie che riguardano le violenze dei richiedenti asilo. Qualche giorno fa, per esempio, una studentessa è stata violentata da due afghani, Jan Jahanzeb e Israr Niazal. I due le si avvicinano per portarla in un luogo appartato. La ragazza capisce cosa sta accadendo. Prova a fuggire ma non riesce. Accende la videocamera e registra tutto. La si sente pietosamente dire «mi stuprerai?» e gridare disperatamente aiuto. Che però non arriva. Il video è terribile, tanto che uno degli avvocati degli stupratori ha detto che, se dovesse essere pubblicato, il Regno Unito verrebbe attraversato da un’ondata di proteste. Che già ci sono. Perché l’immigrazione incontrollata sull’isola (e non solo) sta provocando enormi sofferenze alla popolazione locale. Nel Regno, certo. Ma anche da noi. Del resto è stato il questore di Milano a notare come gli stranieri compiano ormai l’80% dei reati predatori. Una vera e propria emergenza che, per motivi ideologici, si finge di non vedere.
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Una fotografia limpida e concreta di imprese, giustizia, legalità e creatività come parti di un’unica storia: quella di un Paese, il nostro, che ogni giorno prova a crescere, migliorarsi e ritrovare fiducia.
Un percorso approfondito in cui ci guida la visione del sottosegretario alle Imprese e al Made in Italy Massimo Bitonci, che ricostruisce lo stato del nostro sistema produttivo e il valore strategico del made in Italy, mettendo in evidenza il ruolo della moda e dell’artigianato come forza identitaria ed economica. Un contributo arricchito dall’esperienza diretta di Giulio Felloni, presidente di Federazione Moda Italia-Confcommercio, e dal suo quadro autentico del rapporto tra imprese e consumatori.
Imprese in cui la creatività italiana emerge, anche attraverso parole diverse ma complementari: quelle di Sara Cavazza Facchini, creative director di Genny, che condivide con il lettore la sua filosofia del valore dell’eleganza italiana come linguaggio culturale e non solo estetico; quelle di Laura Manelli, Ceo di Pinko, che racconta la sua visione di una moda motore di innovazione, competenze e occupazione. A completare questo quadro, la giornalista Mariella Milani approfondisce il cambiamento profondo del fashion system, ponendo l’accento sul rapporto tra brand, qualità e responsabilità sociale. Il tema di responsabilità sociale viene poi ripreso e approfondito, attraverso la chiave della legalità e della trasparenza, dal presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Giuseppe Busia, che vede nella lotta alla corruzione la condizione imprescindibile per la competitività del Paese: norme più semplici, controlli più efficaci e un’amministrazione capace di meritarsi la fiducia di cittadini e aziende. Una prospettiva che si collega alla voce del presidente nazionale di Confartigianato Marco Granelli, che denuncia la crescente vulnerabilità digitale delle imprese italiane e l’urgenza di strumenti condivisi per contrastare truffe, attacchi informatici e forme sempre nuove di criminalità economica.
In questo contesto si introduce una puntuale analisi della riforma della giustizia ad opera del sottosegretario Andrea Ostellari, che illustra i contenuti e le ragioni del progetto di separazione delle carriere, con l’obiettivo di spiegare in modo chiaro ciò che spesso, nel dibattito pubblico, resta semplificato. Il suo intervento si intreccia con il punto di vista del presidente dell’Unione Camere Penali Italiane Francesco Petrelli, che sottolinea il valore delle garanzie e il ruolo dell’avvocatura in un sistema equilibrato; e con quello del penalista Gian Domenico Caiazza, presidente del Comitato «Sì Separa», che richiama l’esigenza di una magistratura indipendente da correnti e condizionamenti. Questa narrazione attenta si arricchisce con le riflessioni del penalista Raffaele Della Valle, che porta nel dibattito l’esperienza di una vita professionale segnata da casi simbolici, e con la voce dell’ex magistrato Antonio Di Pietro, che offre una prospettiva insolita e diretta sui rapporti interni alla magistratura e sul funzionamento del sistema giudiziario.
A chiudere l’approfondimento è il giornalista Fabio Amendolara, che indaga il caso Garlasco e il cosiddetto «sistema Pavia», mostrando come una vicenda giudiziaria complessa possa diventare uno specchio delle fragilità che la riforma tenta oggi di correggere. Una coralità sincera e documentata che invita a guardare l’Italia con più attenzione, con più consapevolezza, e con la certezza che il merito va riconosciuto e difeso, in quanto unica chiave concreta per rendere migliore il Paese. Comprenderlo oggi rappresenta un'opportunità in più per costruire il domani.
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Merito-Dicembre-2025.pdf
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