In difficoltà non solo Coop centro Italia e Cmc Ravenna, finisce in tribunale la Cft, Cooperativa facchinaggio e trasporti, di Firenze. Il presidente aveva fatto un mega spot elettorale per Matteo Renzi. Sono a rischio 2.100 soci.
In difficoltà non solo Coop centro Italia e Cmc Ravenna, finisce in tribunale la Cft, Cooperativa facchinaggio e trasporti, di Firenze. Il presidente aveva fatto un mega spot elettorale per Matteo Renzi. Sono a rischio 2.100 soci.Con il muletto contro un muro. Erano i leader italiani della logistica per la grande distribuzione, erano uno dei fiori all'occhiello delle cooperative rosse ed erano i beniamini di Matteo Renzi e i suoi cari, ma adesso boccheggiano al tribunale fallimentare. La Cooperativa facchinaggio e trasporti (Cft) di Firenze, con oltre 2.100 soci-lavoratori e 142 milioni di fatturato nel 2017, venerdì ha chiesto il concordato in bianco. Fino a pochi giorni prima, Legacoop e Unicoop Toscana avevano rassicurato i compagni cooperatori che avrebbero messo 16 milioni di euro per coprire il buco nei conti. Ma in una specie di riedizione (accelerata) del crac dell'Unità, al momento sta andando in scena la fiera del disimpegno solidale. Anche perché in tutta Italia le cooperative rosse stanno saltando come birilli, per via della crisi edilizia, certo, ma anche per la perdita di peso politico del sistema coop agli occhi di banche e creditori vari. Nessuno più garantisce per loro, insomma.Per capire le dimensioni del crollo di Cft, che ha accumulato ingenti debiti con il fisco e con i fornitori, basta tornare al novembre del 2012, quando al governo c'è Mario Monti con la sua austerità recessiva e Renzi prepara da Firenze la scalata che lo porterà a Palazzo Chigi. I leader di Cft vengono ospitati il 22 novembre 2012 in pompa magna in Comune e offrono all'amministrazione renziana l'occasione per uno spottone che oggi sembra davvero sinistro: annunciano 93 assunzioni a tempo indeterminato. Il presidente della super-coop, Leonardo Cianchi, filosofeggia così: «Il patrimonio che fa grande la nostra cooperativa è quello umano, i lavoratori e le lavoratrici che ogni giorno con il sudore della fronte garantiscono alla Cft una professionalità di alta qualità che ci rende competitivi in tutta Italia nel settore della logistica per la grande distribuzione». Seguono i soliti inni alla diversità della cooperazione rispetto al mercato «cattivo», che per Cianchi «troppo spesso gioca sulla pelle dei lavoratori, mentre noi vogliamo invece valorizzare i nostri soci. Puntare sulle persone è l'unico antidoto da opporre alla crisi, la vera scommessa sul futuro». Tutti a battere le mani, assessori e soci cooperanti. Esattamente sei anni dopo, con oltre 15 milioni di perdite sul groppone, la Lega delle cooperative costringe Cianchi alle dimissioni. E adesso, tutti al tribunale fallimentare, come una qualsiasi spa e nonostante un disperato piano di salvataggio della Kpmg. Per la serie, quando la diversità era solo fiscale, evidentemente. Eppure, dopo un anno e mezzo di crisi conclamata, ancora venti giorni fa le cooperative rosse, nazionali e toscane, cercavano di far credere che tutto si sarebbe risolto, un po' come per lo storico giornale fondato da Antonio Gramsci. Le perdite sono arrivate a 17,7 milioni su 142 milioni di fatturato, molti fornitori non vengono pagati da mesi (anche loro hanno dei lavoratori da pagare) e c'è una montagna di tasse e contributi non versati. Nei giorni scorsi viene approvato un piano di risanamento durissimo, ma poi si scopre che non basta e allora ecco la richiesta di concordato in bianco. Ovvero, la domanda al tribunale di Firenze di aprire un ombrello che fermi i pignoramenti e le richieste di fallimento, definito «in bianco» perché un accordo con i creditori ancora non c'è. Il fondo mutualistico Coopfond, quello che aveva promesso di iniettare 16 milioni di liquidità salvavita nelle casse di Cft, al momento si è dileguato come Renzi da largo del Nazareno. Ci sono decine di immobili da mettere all'asta, quote di società non strategiche da far fuori e 60 impiegati hanno già la borsa pronta per lasciare un posto di lavoro di quelli che sembravano i più sicuri del mondo. Ma se l'accordo con i creditori non arriverà, a rischiare sono tutti i 2.100 soci, che per il Pd significano tanti voti, se si contano anche le famiglie. Va detto, per altro, che la crisi di Cft non è solo colpa di una gestione poco accorta e di una perdita di potere del sistema cooperativo rosso in generale, perché erano anni che il gruppo lamentava il giro di vite sui costi, e le condizioni capestro, in alcuni casi, che i giganti della grande distribuzione (molti sono francesi) avrebbero impresso sul settore della logistica. Poi, a spiegare la latitanza della Lega coop nazionale, c'è anche una catena di crisi e fallimenti in tutto il sistema cooperativo nazionale, ben rappresentato dalla grave situazione della Cmc di Ravenna, dal disastro del prestito sociale nel carrello della spesa a Nordest, dalla difficile situazione del gruppo Coop Centro Italia e dalla frettolosa cessione di Unipol banca alla Popolare dell'Emilia Romagna.
Guido Crosetto (Cristian Castelnuovo)
Il ministro della Difesa interviene all’evento organizzato dalla «Verità» dedicato al tema della sicurezza con i vertici del comparto. Roberto Cingolani (Leonardo) e Nunzia Ciardi (Acn): bisogna prevenire le minacce con l’Ia.
Mai, come nel periodo storico nel quale stiamo vivendo, il mondo è stato più insicuro. Attualmente ci sono 61 conflitti armati attivi, il numero più alto dalla Seconda guerra mondiale, che coinvolgono oltre 92 Paesi. Ieri, a Roma, La Verità ha organizzato un evento dal titolo «Sicurezza, Difesa, Infrastrutture intelligenti», che ha analizzato punto per punto i temi caldi della questione con esponenti di spicco quali il ministro della Difesa Guido Crosetto intervistato dal direttore della Verità, Maurizio Belpietro.
Donald trump e Viktor Orbán (Ansa)
Il premier ungherese è stato ricevuto a pranzo dall’inquilino della Casa Bianca. In agenda anche petrolio russo e guerra in Ucraina. Mosca contro l’Ue sui visti.
Ieri Viktor Orbán è stato ricevuto alla Casa Bianca da Donald Trump, che ha definito il premier ungherese «un grande leader». Di più: tessendo le sue lodi, il tycoon ci ha tenuto a sottolineare che «sull’immigrazione l’Europa ha fatto errori enormi, mentre Orbán non li ha fatti». Durante la visita, in particolare, è stato firmato un nuovo accordo di cooperazione nucleare tra Stati Uniti e Ungheria, destinato a rafforzare i legami energetici e tecnologici fra i due Paesi. In proposito, il ministro degli Esteri magiaro, Péter Szijjártó, ha sottolineato che la partnership con Washington non preclude il diritto di Budapest a mantenere rapporti con Mosca sul piano energetico. «Considerata la nostra realtà geografica, mantenere la possibilità di acquistare energia dalla Russia senza sanzioni o restrizioni legali è essenziale per la sicurezza energetica dell’Ungheria», ha dichiarato il ministro.
Bivacco di immigrati in Francia. Nel riquadro, Jean Eudes Gannat (Getty Images)
Inquietante caso di censura: prelevato dalla polizia per un video TikTok il figlio di un collaboratore storico di Jean-Marie Le Pen, Gannat. Intanto i media invitano la Sweeney a chiedere perdono per lo spot dei jeans.
Sarà pure che, come sostengono in molti, il wokismo è morto e il politicamente corretto ha subito qualche battuta d’arresto. Ma sembra proprio che la nefasta influenza da essi esercitata per anni sulla cultura occidentale abbia prodotto conseguenze pesanti e durature. Lo testimoniano due recentissimi casi di diversa portata ma di analoga origine. Il primo e più inquietante è quello che coinvolge Jean Eudes Gannat, trentunenne attivista e giornalista destrorso francese, figlio di Pascal Gannat, storico collaboratore di Jean-Marie Le Pen. Giovedì sera, Gannat è stato preso in custodia dalla polizia e trattenuto fino a ieri mattina, il tutto a causa di un video pubblicato su TikTok.
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Il ministro fa cadere l’illusione dei «soldi a pioggia» da Bruxelles: «Questi prestiti non sono gratis». Il Mef avrebbe potuto fare meglio, ma abbiamo voluto legarci a un mostro burocratico che ci ha limitato.
«Questi prestiti non sono gratis, costano in questo momento […] poco sopra il 3%». Finalmente il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti fa luce, seppure parzialmente, sul grande mistero del costo dei prestiti che la Commissione ha erogato alla Repubblica italiana per finanziare il Pnrr. Su un totale inizialmente accordato di 122,6 miliardi, ad oggi abbiamo incassato complessivamente 104,6 miliardi erogati in sette rate a partire dall’aprile 2022. L’ottava rata potrebbe essere incassata entro fine anno, portando così a 118 miliardi il totale del prestito. La parte residua è legata agli obiettivi ed ai traguardi della nona e decima rata e dovrà essere richiesta entro il 31 agosto 2026.






