Si chiama zou hun ed è la versione cinese della «una botta e via» occidentale. Letteralmente, significa «matrimonio di passaggio». Una pratica unica nel suo genere, in cui sono le donne a decidere con chi trascorrere una notte d'amore. A portare avanti quella che non è altro che la forma più estrema di matriarcato sono i mosuo, un tribù antichissima composta da circa 40.000 persone che vive all'ombra dell'Himalaya, in minuscoli villaggi affacciati sul lago Lugu, tra le province dello Yunnan e del Sichuan.
Si chiama zou hun ed è la versione cinese della «una botta e via» occidentale. Letteralmente, significa «matrimonio di passaggio». Una pratica unica nel suo genere, in cui sono le donne a decidere con chi trascorrere una notte d'amore. A portare avanti quella che non è altro che la forma più estrema di matriarcato sono i mosuo, un tribù antichissima composta da circa 40.000 persone che vive all'ombra dell'Himalaya, in minuscoli villaggi affacciati sul lago Lugu, tra le province dello Yunnan e del Sichuan. La loro cultura è basata totalmente sul potere delle donne. Il girl power che in Occidente si manifesta con picchetti, pressoché inutili giornate in rosa e striscioni che ricordano vagamente il lontano Sessantotto, qui è regola quotidiana. Gli uomini, infatti, non hanno alcun tipo di potere decisionale né tantomeno diritto di parola. A loro non spetta nemmeno il compito di badare ai figli o provvedere al loro sostentamento. Così, il loro ruolo si riduce a quello di semplici «portatori di vita». La missione dell'uomo mosuo è infatti quella di inseminare la donna che lo sceglie, e poi… scomparire. Letteralmente. Fino a che questa non decida di rivederlo. O di ripetere l'atto sessuale. I mosuo hanno vissuto in isolamento, in una sorta di paradiso terrestre incontaminato, fino agli anni Novanta, quando, complice il crescente interesse del mondo verso la Cina e le prime ondate di turismo, hanno portato i più curiosi a spingersi alla scoperta dell'entroterra cinese. I primi turisti che hanno visitato i villaggi mosuo hanno scoperto una cultura in cui la donna non è colei che è destinata a badare a casa e figli, come ci si potrebbe aspettare da una società rigida e maschilista come quella cinese. Tutt'altro. La donna mosuo gode infatti di una libertà nella gestione della propria vita e del rapporto con l'altro sesso che va al di là di qualsiasi immaginazione occidentale. Decide tutto. La «nonna» è a capo del villaggio. È nella sua abitazione che si decide l'andamento economico e politico dei villaggi. Sceglie quanto grano vendere e quanto riso tenere come riserva nei villaggi. Il suo cognome è quello che viene dato non soltanto ai suoi figli, ma anche ai figli dei figli e a coloro che vengono ritenuti degni di entrare a far parte della «famiglia reale». Che è composta, ovviamente, solo da donne. E sono le stesse donne che lavorano, anche i campi, e sono totalmente indipendenti a livello economico. La pratica più particolare di questa tribù unica nel suo genere è quella del walking marriage, il matrimonio di passaggio. Quando la giovane diventa sessualmente matura (di solito intorno ai 13 anni), dopo un rito di iniziazione, riceve un simbolo che da quel momento la renderà a pieno titolo membro adulto del clan: la chiave della sua camera da letto, simbolo della presa di coscienza del proprio corpo e sopratutto della possibilità di iniziare a scegliere i propri partner per la notte. La nuova ah mi, così si chiamano le donne adulte mosuo, si guadagna così la possibilità di essere inviata alle danze in onore della dea dell'Amore, Gan Mu, che si tengono tutte le sere al centro del villaggio. In queste occasioni, la ah mi sceglie ogni volta un nuovo partner fra i giovani uomini presenti nel villaggio. Anche in questo caso, a scegliere sono sempre e solo le donne e l'uomo non ha alcuna possibilità di rifiutare la nottata d'amore. L'unico compito che spetta ai mosuo di sesso maschile, infatti, è riposare durante il giorno per essere pronti per la notte a svolgere il compito di «mariti di passaggio». I prescelti, durante le danze dell'amore, prendono il nome di axia e vengono considerati come dei veri e propri eletti a cui viene concessa la possibilità di andare a trovare la donna nella sua camera da letto la notte stessa. Tutto rose e fiori? Non proprio. Perché l'amore mosuo è passeggero e dura solo poche ore. La mattina seguente alla danza, prima che sorga il sole, gli uomini devono obbligatoriamente abbandonare la stanza della ah mi e tornare dalle loro madri, poiché essi non godono in alcun modo del diritto di vivere con la donna che lo ha scelto. Al maschio, non resta che obbedire, uscire dalla finestra della stanza e lasciare spazio al prossimo prescelto. Ma cosa succede nel caso in cui la ah mi, dopo una notte di passione, dovesse rimanere incinta? La risposta è semplicissima: nulla. Cambiando partner ogni notte, è raro che le ah mi conoscano il padre dei propri figli. E il rapporto di coppia così come concepito nel mondo occidentale non esiste tra i mosuo. La donna non lascia mai la casa della propria famiglia, i termini «padre» e «marito» non esistono nel dialetto locale e i figli non sono un vincolo o una forma di sicurezza per la coppia. Tanto che il padre, o presunto tale, viene chiamato semplicemente zio dal figlio. Ultimamente questa particolare comunità sta vivendo un vero e proprio boom di turisti attratti proprio dal loro bizzarro sistema di coppia. Il governo cinese ha così deciso di monetizzare il «matrimonio di passaggio» mosuo installando all'ingresso dei villaggi dei veri e propri caselli dove pagare un biglietto da 5 dollari per accedere al villaggio. Una cifra irrisoria soprattutto per quei turisti che vedono nella tradizione mosuo una nuova forma di turismo sessuale. Solo nell'ultimo anno, infatti, nell'area un tempo incontaminata intorno al lago Lugo sono stati costruiti hotel, motel, ristoranti, bar e addirittura karaoke e casinò di proprietà della vicina Thailandia. Qui lavorano decine e decine di prostitute che vengono istruite a vestirsi come le mosuo per attrarre quella parte di turismo incontrollato. La differenza sostanziale? In questo caso, per consumare il rapporto, gli uomini non dovranno arrampicarsi su un muro, entrare da una finestra e lasciare appese le scarpe sul davanzale per segnalare la loro presenza. Basterà pagare per aver accesso diretto alla porta della falsa mosuo. !function(e,t,n,s){var i="InfogramEmbeds",o=e.getElementsByTagName(t)[0],d=/^http:/.test(e.location)?"http:":"https:";if(/^\/{2}/.test(s)&&(s=d+s),window[i]&&window[i].initialized)window[i].process&&window[i].process();else if(!e.getElementById(n)){var a=e.createElement(t);a.async=1,a.id=n,a.src=s,o.parentNode.insertBefore(a,o)}}(document,"script","infogram-async","https://e.infogram.com/js/dist/embed-loader-min.js");
2025-11-10
Indivia belga, l’insalata ideale nei mesi freddi per integrare acqua e fibre e combattere lo stress
iStock
In autunno e in inverno siamo portati (sbagliando) a bere di meno: questa verdura è ottima per idratarsi. E per chi ha l’intestino un po’ pigro è un toccasana.
Si chiama indivia belga, ma ormai potremmo conferirle la cittadinanza italiana onoraria visto che è una delle insalate immancabili nel banco del fresco del supermercato e presente 365 giorni su 365, essendo una verdura a foglie di stagione tutto l’anno. Il nome non è un non senso: è stata coltivata e commercializzata per la prima volta in Belgio, nel XIX secolo, partendo dalla cicoria di Magdeburgo. Per questo motivo è anche chiamata lattuga belga, radicchio belga oppure cicoria di Bruxelles, essendo Bruxelles in Belgio, oltre che cicoria witloof: witloof in fiammingo significa foglia bianca e tale specificazione fa riferimento al colore estremamente chiaro delle sue foglie, un giallino così delicato da sfociare nel bianco, dovuto a un procedimento che si chiama forzatura. Cos’è questa forzatura?
Zohran Mamdani (Ansa)
Nella religione musulmana, la «taqiyya» è una menzogna rivolta agli infedeli per conquistare il potere. Il neosindaco di New York ne ha fatto buon uso, associandosi al mondo Lgbt che, pur incompatibile col suo credo, mina dall’interno la società occidentale.
Le «promesse da marinaio» sono impegni che non vengono mantenuti. Il detto nasce dalle numerose promesse fatte da marinai ad altrettanto numerose donne: «Sì, certo, sei l’unica donna della mia vita; Sì, certo, ti sposo», salvo poi salire su una nave e sparire all’orizzonte. Ma anche promesse di infiniti Rosari, voti di castità, almeno di non bestemmiare, perlomeno non troppo, fatte durante uragani, tempeste e fortunali in cambio della salvezza, per essere subito dimenticate appena il mare si cheta. Anche le promesse elettorali fanno parte di questa categoria, per esempio le promesse con cui si diventa sindaco.
Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.







