
Il pg ha chiesto alle sezioni riunite di annullare la decisione del tribunale di Trento che riconobbe due padri per due bimbi nati in Canada. Intanto a Milano parte della sinistra si ribella a Giuseppe Sala: no alle mamme surrogate.Che l'utero in affitto equivalga una bomba atomica in grado mandare in pezzi la sinistra era sfuggito solo agli osservatori più distratti o ideologizzati. Sul tema della maternità surrogata i nodi stanno ormai venendo al pettine anche tra le diverse anime progressiste e lunedì a Milano si è avuta contezza di quanto lo scontro sia ormai a un livello fuori controllo. La maggioranza in Consiglio comunale che sostiene la giunta del sindaco Giuseppe Sala si è spaccata sul decreto con cui il Tribunale di Milano ha ordinato agli uffici di Stato civile di rettificare l'atto di nascita di una bimba, nata negli Stati Uniti tramite utero in affitto, riconoscendola come «figlia di due padri». Due settimane fa l'ottava sezione civile del Tribunale aveva infatti stabilito che riconoscere a una bambina due genitori dello stesso sesso «non viola alcun principio fondamentale», ma anzi garantisce i «diritti alla bigenitorialità». La coppia di uomini si era rivolta ai giudici milanesi dopo che lo scorso febbraio la richiesta di riconoscimento di «due padri» era stata rifiutata dall'anagrafe che invece aveva trascritto il documento di nascita americano solo con il nome del padre biologico. Secondo i due omosessuali si era trattato di una discriminazione visto che l'amministrazione del capoluogo lombardo aveva invece già riconosciuto le «due mamme» nel caso delle coppie di lesbiche che avevano avuto accesso all'inseminazione eterologa. Ma visto che madre natura richiede ancora il grembo di una donna per portare avanti una gravidanza, si arriva tramite semplice deduzione che trascrivere gli atti di nascita di bambini come figli di due padri significa automaticamente legittimare la pratica dell'utero in affitto, che in Italia è punita penalmente dall'articolo 12 della legge 40 del 2004, con la reclusione fino a due anni e con una multa fino ad un milione di euro. Succede così che la trascrizione della sentenza è ancora in attesa, perché il sindaco Sala ha annunciato di volerne discutere con gli assessori della sua giunta, lasciando intendere un'apertura alla richiesta del Tribunale di Milano. Sulla stessa linea la quasi totalità dei consiglieri del Pd a Palazzo Marino che hanno votato un ordine del giorno che chiede l'immediata trascrizione dei genitori all'anagrafe. Tuttavia lunedì in aula si sono palesate le prime crepe nella maggioranza ed è uscita alla scoperto una prima pattuglia di contrari che chiede di andare oltre la discussione tra assessori con un dibattito pubblico in Consiglio. Questa sentenza «porta ad una deriva inaccettabile perché si legittima la pratica dell'utero in affitto che in Italia è illegale», ha detto in aula il consigliere Enrico Marcora, esponente della lista civica del sindaco, «Noi Milano». «Da cattolico impegnato in politica mi dissocio radicalmente dalla posizione del mio sindaco», ha proseguito Marcora, «perché le persone in privato possono fare ciò che vogliono ma non possono comprare bambini, affittare uteri e dichiararsi madri e padri di figli non loro». Dello stesso parere sono i suoi compagni di lista, Elisabetta Strada, Marco Fumagalli e la consigliera del Pd Roberta Osculati, che hanno firmato tutti una richiesta per istituire una apposita commissione consiliare sul tema. Il documento è stato firmato anche da Forza Italia e da Matteo Forte di Milano Popolare. Dal canto suo Osculati ha poi rimarcato che «la genitorialità non può essere considerata un fatto commerciale». Lo scontro in seno al centro sinistra milanese si consuma mentre le sessioni unite della Cassazione si sono riunite ieri per pronunciarsi, per la prima volta, su un caso di trascrizione alla anagrafe di un atto di nascita di due bimbi ottenuti in Canada da una coppia di uomini di Trento tramite una maternità surrogata. Si tratta di una decisione che farà giurisprudenza, poiché a emetterla sarà il massimo organismo della giurisdizione ordinaria.A chiedere il giudizio delle sessioni unite è stato, fra gli altri, il procuratore generale della Cassazione, allo scopo di mettere ordine nell'azione contraddittoria delle procure e dei tribunali italiani, molti dei quali hanno infatti rifiutato di riconoscere le trascrizioni. Lo stesso procuratore, ieri, ha ribadito la sua richiesta di annullare la sentenza della Corte d'Appello di Trento che aveva detto sì alla trascrizione del nome del sedicente secondo padre di due bambini nati in Canada, definendo l'utero in affitto come pratica contraria all'ordine pubblico. Il procuratore generale ha inoltre chiesto alla sessioni unite di accogliere i ricorsi del Pg di Trento, del sindaco della stessa città e del ministero dell'Interno, secondo i quali la trascrizione sarebbe contraria all'ordine pubblico. La sentenza sarà emessa tra qualche settimana contemporaneamente al deposito delle motivazioni.Nulla sembra dunque ancora perduto, il buon senso alberga ancora anche tra molti togati, consapevoli che il riconoscimento tout court di «due padri» porterebbe alla cancellazione del diritto di ogni essere umano a non essere oggetto di una compravendita. La decisione che uscirà dalle sessioni unite può quindi confermare o stravolgere la stessa concezione dell'antropologia della società italiana.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





