2024-09-19
Linea dura dell’Olanda con Bruxelles: chiede la deroga sull’immigrazione
Il nuovo premier olandese Dick Schoof (Ansa)
Il nuovo premier Dick Schoof ha annunciato l’attivazione delle clausole d’emergenza che permettono la chiusura delle frontiere: «Non possiamo più attendere. La priorità è proteggere i nostri cittadini».La Mare Jonio di Luca Casarini è stata sottoposta a un fermo amministrativo dalla Guardia costiera. La nave non sarebbe «abilitata al salvataggio».Lo speciale contiene due articoli.La nuova Commissione Ue non ha neanche fatto in tempo a insediarsi e ha già una una grossa grana: i Paesi Bassi, in aperta sfida con Bruxelles, hanno alzato il tiro sulla questione migratoria, annunciando che attiveranno «il più rapidamente possibile» la clausola d’emergenza sull’immigrazione e dichiarando una vera e propria crisi dell’asilo. Una specie di Oland-exit legata all’accoglienza. Un ulteriore passo che segna la linea dura del governo olandese, deciso a riprendere il controllo delle sue frontiere e a limitare drasticamente i flussi migratori. Questo strumento, che permette agli Stati membri di derogare a determinati obblighi comunitari in situazioni di emergenza, è l’ultima carta giocata dal premier Dick Schoof per affrontare quella che viene descritta come una «pressione insostenibile» sui servizi pubblici e sulla società olandese. Marjolein Faber, ministro per l’Asilo e portavoce del Pvv, il partito di destra guidato da Geert Wilders, su X, ha ribadito con fermezza la necessità di ricorrere a questa misura straordinaria: «Non possiamo più attendere. La situazione è critica e la nostra priorità è proteggere i cittadini olandesi e le risorse del nostro Paese». Dietro queste parole sembra celarsi una visione politica che punta a costruire un muro normativo contro l’immigrazione. La decisione di attivare la clausola d’emergenza arriva dopo settimane di pressioni interne e un dibattito acceso sull’immigrazione, tema centrale della campagna elettorale che ha portato alla vittoria dell’attuale esecutivo. Faber, infatti, ha sottolineato più volte come il sistema olandese sia al collasso: ospedali sovraccarichi, difficoltà nell’assegnazione di alloggi pubblici, scuole che faticano a integrare i nuovi arrivati. «È arrivato il momento di dire basta», aveva già dichiarato senza mezzi termini, «e questa crisi dell’asilo è la prova che l’Europa ha fallito nel proteggere i suoi cittadini». Nessuno però immaginava questa nuova mossa. Che mette ulteriore pressione sull’Unione Europea, già in difficoltà nel gestire le tensioni interne tra i Paesi membri. Se la richiesta di opt-out (la deroga) era già un segnale forte, l’attivazione della clausola d’emergenza rappresenta un’accelerazione verso una politica di chiusura senza precedenti. Il governo olandese non sembra intenzionato a fare passi indietro e anzi punta a coinvolgere altri Paesi europei nella sua battaglia. Faber ha fatto capire chiaramente che l’obiettivo è creare una «coalizione dei volenterosi», ovvero di quei Paesi che sono stanchi di subire le politiche migratorie decise a Bruxelles. Questa dichiarazione di crisi dell’asilo si inserisce in un contesto europeo già segnato da altre emergenze migratorie, che comprende anche i Paesi solitamente accoglienti, come la Germania, che ha recentemente aumentato il numero di espulsioni, e la Francia. Ma ciò che distingue l’azione olandese è la sua fermezza politica: l’attivazione della clausola d’emergenza viene presentata come una misura necessaria e inevitabile per salvaguardare il benessere dei Paesi Bassi. E mentre a Bruxelles si tenta di trovare una soluzione condivisa, in Italia la Lega ha elogiato l’azione del governo olandese e lancia l’ennesima bordata contro la sinistra: «L’Olanda ha il coraggio di fare ciò che è giusto per il proprio popolo», si legge in una nota del Carroccio, «mentre in Italia la sinistra ha portato Matteo Salvini a processo per aver difeso i confini». Secondo la Lega, la richiesta di opt-out e l’attivazione della clausola d’emergenza sono segnali chiari di un’Europa che non riesce più a contenere la pressione migratoria e che sta andando incontro a un inevitabile cambiamento. «Ora siamo concentrati nell’attuare il Patto sulla migrazione», ha sottolineato un portavoce della Commissione Europea, liquidando così la questione: «Abbiamo adottato una legge, l’Olanda l’ha approvata e nell’Ue, in generale, non si chiede di derogare a una legge adottata». E non è l’unica risposta arrivata: «Non ci aspettiamo alcun cambiamento immediato delle regole», ha spiegato una portavoce della Commissione Ue confermando la ricezione della lettera dei Paesi Bassi nella quale viene riconosciuto il requisito legale secondo il quale «un opt-out è possibile solo nel quadro della riforma dei Trattati (che passa dall’approvazione unanime di tutti gli Stati membri, ndr)», una possibilità che Bruxelles esclude nel breve termine. Tant'è che viene accolto con favore il passaggio della lettera nel quale Faber afferma che fino a quel momento l’Olanda continuerà ad attuare il Patto sulla migrazione». L’Europa, già frammentata e in difficoltà, però, deve ora rispondere a una crisi che rischia di spaccare ulteriormente il blocco comunitario. Resta da capire se Bruxelles sarà in grado di frenare Amsterdam o se l’esempio olandese sarà seguito da altri Paesi, aprendo un nuovo capitolo di conflitto all’interno dell’Unione. Ma è già muro contro muro.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/immigrazione-europa-2669235549.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="bloccata-in-porto-la-mare-jonio" data-post-id="2669235549" data-published-at="1726732559" data-use-pagination="False"> Bloccata in porto la Mare Jonio Le ispezioni a bordo della Mare Jonio, la nave che l’associazione Mediterranea saving humans ha affidato al timone del commodoro Luca Casarini, ex tuta bianca e leader No global, hanno prodotto l’ennesimo fermo amministrativo. La nave, che era pronta per una nuova missione nel Mediterraneo, rimarrà ormeggiata a Trapani. La squadra della Guardia costiera specializzata in sicurezza della navigazione inviata dal ministero delle Infrastrutture aveva un compito: «Accertare il mantenimento delle condizioni di sicurezza» perché, era il sospetto, la nave non sarebbe «abilitata alle operazioni di salvataggio». Casarini aveva replicato ipotizzando un complotto: «Abbiamo informato i nostri legali di parte civile al processo Open Arms (nel quale la Procura ha chiesto 6 anni per il ministro dei Trasporti Matteo Salvini, ndr) è in merito a quello che sta accadendo in queste ore, con questa ispezione occasionale durata dieci ore a bordo della nostra nave. Crediamo che sia importante che il presidente del Tribunale di Palermo ne venga a conoscenza». Durante l’ispezione, la quarta, indicata come «straordinaria», la Mare Jonio ha dovuto sbarcare i mezzi di soccorso che aveva a bordo, compresi i gommoni rescue, l’infermeria, i container e i bagni chimici. E ora Casarini rivendica che nel corso degli ultimi soccorsi in mare proprio la Guardia costiera avrebbe chiesto loro di usare quella strumentazione. Fatto sta che dopo l’approfondita verifica è arrivato il fermo amministrativo. In sostanza è risultato che la Mare Jonio può navigare ma non soccorrere e, per questo motivo, il ministero dei Trasporti ha intimato all’armatore (la società Idra social shipping) di lasciare a terra i mezzi di soccorso presenti, pena la perdita dell’idoneità alla navigazione. E Casarini si lagna: «Noi però operiamo da sei anni e il registro navale indica la Mare Jonio come nave da soccorso». Ma non è la prima volta che la nave del commodoro Casarini è costretta agli ormeggi. Nel settembre 2020, quando al ministero dei Trasporti non c’era Salvini ma Paola De Micheli, la Capitaneria di porto negò l’imbarco sulla Mare Jonio di un paramedico soccorritore e di un esperto di ricerca e soccorso in mare del Rescue team di Mediterranea. Solo qualche mese prima la nave era stata raggiunta da quattro diffide, inviate al comandante e all’armatore, perché le strumentazioni di soccorso non risultavano essere strutturali. Poi, multe e sequestri: nell’ottobre 2023 e nell’aprile 2024. Ma Casarini se la prende con Salvini: «Mettiti il cuore in pace, non riuscirai mai a dire a delle persone di non aiutare altre persone. Non riuscirà mai a dire a delle persone di non soccorrere chi ha bisogno di soccorso in mare». E subito dopo ha lanciato un guanto di sfida: «Torneremo presto in mare». A sostenerlo c’è anche l’armatore, Alessandro Metz: «Siamo partiti in missione per la prima volta il 3 ottobre 2018, quando il governo si vantava e applicava la politica dei «porti chiusi» e si scagliava contro i «taxi del mare». In sei anni hanno cercato di fermarci con inchieste penali, provvedimenti amministrativi e con tanti altri modi ma noi continueremo a soccorrere, a essere là dove bisogna stare finché le persone non potranno raggiungere l’Europa» attraverso canali che Metz ritiene «sicuri e legali». Ovvero la partenza con i barconi messi in mare dagli scafisti trafficanti di esseri umani. Per ora, però, la Mare Jonio resta al molo.