
Joe Biden vuol trattenere a Cuba chi scappa dalla guerra per evitare l’ennesima ondata di sfollati. Eppure, in campagna elettorale, era lui che accusava la destra di crudeltà.Una nuova bomba migratoria rischia di abbattersi sugli Usa. Haiti è nel caos dopo che, a inizio mese, alcune gang armate hanno assaltato la più grande prigione del Paese, liberando oltre tremila detenuti. Al momento, secondo le Nazioni Unite, le bande criminali avrebbero il controllo dell’80% di Port-au-Prince, mentre si registrerebbero già circa 300.000 sfollati. Si tratta di un incubo per Joe Biden: non dimentichiamo che l’immigrazione clandestina è da sempre stata la sua principale spina nel fianco e che risulta, a tutt’oggi, una delle ragioni alla base delle sue pessime performance sondaggistiche.Ebbene, secondo quanto rivelato alla Cnn da un funzionario americano, l’inquilino della Casa Bianca starebbe prendendo seriamente in considerazione l’ipotesi di usare Guantanamo Bay per trattenere in loco i potenziali immigrati haitiani prima di decidere se rimpatriarli o ricollocarli in Paesi terzi. La baia cubana ospita infatti un centro per migranti che già nel 2010, ai tempi dell’amministrazione Obama, fu messo in allerta per una possibile crisi migratoria a seguito del violento terremoto che sconvolse Haiti (l’isola dista infatti circa 200 miglia dalla baia).Nonostante il sito sia separato dalla controversa prigione utilizzata per i terroristi, puntare sul centro per migranti di Guantanamo è politicamente rischioso per Biden. Si pone infatti una questione d’immagine per un presidente che, durante la campagna elettorale del 2020, aveva promosso svolte aperturiste in materia di immigrazione, accusando inoltre l’allora presidente americano, Donald Trump, di «crudeltà». Tra l’altro, già in passato l’attuale inquilino della Casa Bianca è stato criticato per aver cercato di mandare a Guantanamo gli immigrati haitiani. A settembre 2021, la sua amministrazione negò di voler effettuare questa mossa, dopo aver subito pressioni dal mondo progressista. Inoltre, a novembre dell’anno successivo, Amnesty International, insieme ad altre 280 associazioni, esortò Biden a non mandare gli immigrati haitiani a Guantanamo o in un Paese terzo.Tuttavia, pur dovendo coprirsi politicamente a sinistra, il presidente non può oggi permettersi, nel pieno della campagna elettorale per la riconferma, una nuova crisi migratoria. Un’eventualità, quest’ultima, tutt’altro che remota. Martedì, l’alta funzionaria del Dipartimento della Difesa, Rebecca Zimmerman, ha detto alla Camera che una «migrazione di massa marittima» è considerata dal Pentagono una «possibilità». Non a caso, il governatore repubblicano della Florida, Ron DeSantis, ha già schierato le forze dell’ordine locali sulla costa meridionale del suo Stato. «Non possiamo permettere che immigrati clandestini arrivino in Florida», ha dichiarato. Ricordiamo che, da quando Biden si è insediato alla Casa Bianca, si è registrato il record storico di arrivi di immigrati clandestini alla frontiera meridionale.Ma il nodo migratorio non è l’unico per l’attuale Casa Bianca. Il caos di Haiti rappresenta anche un duro colpo all’influenza geopolitica di Biden, che nel 2021 scelse di appoggiare l’impopolare e controverso presidente haitiano, Ariel Henry, il quale ha annunciato le proprie dimissioni pochi giorni fa a seguito dello scoppio dei disordini. In particolare, Henry era bendisposto verso i rimpatri di immigrati haitiani attuati dall’amministrazione Biden. Senza trascurare che l’isola è al momento nel novero dei Paesi che mantengono relazioni diplomatiche con Taiwan. Eppure, secondo l’intelligence americana, a febbraio 2023 il Wagner Group provò a intavolare trattative con il governo haitiano per stipulare contratti di sicurezza volti a contrastare il fenomeno delle gang armate. Inoltre, si registrò un certo scalpore quando, l’anno scorso, Henry evitò di menzionare Taiwan nel suo discorso alla settantottesima Assemblea generale dell’Onu.
Ansa
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Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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