2023-06-30
Immigrati, al Consiglio Ue mezza vittoria per l’Italia. La spina è il ricollocamento
L’Europa ha cambiato approccio sul tema e vuole un accordo entro il voto nel 2024. Ma sull’accoglienza la Polonia si mette di traverso. E serve trattare con la Tunisia.Da un lato, la soddisfazione di Giorgia Meloni per i progressi compiuti e per le prospettive future, dall’altro gli ostacoli legati agli interessi di ogni singolo Stato: la questione migranti esce dal Consiglio europeo così come vi era entrata, ovvero con tante buone intenzioni, diversi piani in stato di avanzamento ma, per ora, nessuna soluzione concreta.«Per quanto riguarda le migrazioni», dice Meloni al suo arrivo a Bruxelles, «non devo ricordare che quello che oggi c’è scritto nelle conclusioni del Consiglio era probabilmente impensabile otto mesi fa. Siamo davvero riusciti a cambiare il punto di vista, anche col contributo di altre nazioni, sull’annosa divisione tra Paesi di primo approdo e Paesi di movimenti secondari, passando a un approccio unico che risolve i problemi di tutti, che è quello sulla dimensione esterna. Il fatto che ci sia un paragrafo dedicato alla Tunisia in quello delle relazioni esterne», aggiunge Meloni, «racconta qualcosa di importante. Racconta di quella idea di partenariato strategico con i Paesi del Nord Africa che, per noi, è un cambio di passo molto importante sul ruolo dell’Europa nel Mediterraneo, di cui l’Italia è stata portatrice in questi mesi». Che l’approccio dell’Europa alla questione migratoria sia cambiato sotto la spinta anche e soprattutto del governo italiano, è un dato di fatto: un argomento che, negli anni scorsi, veniva spesso e volentieri completamente trascurato fa, ormai, stabilmente parte dell’agenda delle riunioni. Detto ciò, è vero anche che gli interessi dei vari governi non sempre convergono e che, quindi, un accordo definitivo è difficile da raggiungere. Pensiamo, per fare un esempio, alla Polonia, guidata da Mateusz Morawiecki, leader del partito Diritto e giustizia, azionista di peso dei Conservatori europei guidati dalla Meloni.Varsavia è nettamente contraria ai ricollocamenti obbligatori e alle conseguenti sanzioni, così come Budapest, e non a caso lo scorso 9 giugno Morawiecki e Viktor Orban, il premier ungherese, hanno consumato uno strappo con gli altri Stati europei. «Abbiamo ottimi rapporti con la premier italiana», dice Morawiecki, «potremmo avere interessi diversi, ma elaboriamo soluzioni che servono a tutti. Tuttavia, in questo caso, sottolineo con forza che difenderemo sicuramente il diritto della Polonia di garantire non solo del nostro sistema politico ma, soprattutto, che la nostra sicurezza sia nelle nostre mani. Guardate cosa sta succedendo nei sobborghi di Malmö», aggiunge il premier polacco, «o a Parigi, Marsiglia, Lille o anche in Italia. Il trasferimento forzato non sarà consentito finché ci sarà un governo di Diritto e giustizia». Tattica? Propaganda a uso interno? In realtà la Polonia, in questo momento, ha il vento della diplomazia in poppa: la sua importanza strategica per quello che riguarda il sostegno all’Ucraina contro la Russia rende Varsavia un partner che difficilmente può essere scontentato o, addirittura, mortificato su un argomento così sentito da parte della popolazione: «La Polonia», sottolinea non a caso Morawiecki, «sa molto bene cos’è la solidarietà e non abbiamo bisogno che ci venga insegnata. Abbiamo accolto oltre tre milioni di rifugiati. Un milione e mezzo sono ancora nel nostro Paese. Abbiamo aperto le case polacche. Eppure, nel caso dell’Ucraina, la Polonia ha ricevuto scarso sostegno: alcune decine di euro per rifugiato. Nel caso di un rifugiato non accettato dal Medio Oriente», conclude, «dobbiamo essere puniti con una multa di 20.000 euro o più. Non siamo d’accordo». Un accordo, in ogni caso, va raggiunto e anche in fretta: «La migrazione non può essere strumentalizzata», sottolinea la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, «dobbiamo trovare un accordo prima delle elezioni europee, lo dobbiamo ai nostri cittadini. Dobbiamo trovare una strada giusta, umana nei confronti di chi ha bisogno di protezione, equa e ferma nei confronti di chi non ha diritto a protezione e, ricordando le ultime tragedie, particolarmente forte contro i trafficanti».Del resto, se si arrivasse alle elezioni europee del 2024 senza un’intesa su questo tema così delicato, le istituzioni continentali presterebbero il fianco ai movimenti euroscettici, favorendone ulteriormente la crescita nei consensi. Un accordo va trovato, dunque, e la soluzione più pratica è quella di trovare intese con i Paesi di partenza: il dossier Tunisia, non a caso, è caldissimo, ma pure in questo caso occorre convincere il governo guidato da Kais Saied a collaborare (leggi, a bloccare le partenze).La chiave sono, manco a dirlo, i soldi: il prestito del Fondo monetario internazionale da 1,9 miliardi di dollari ai quali la Ue può aggiungere un altro miliardo, ma la trattativa sul memorandum è difficile poiché Saied non vuole accettare le riforme che gli vengono chieste in cambio dei denari. Il negoziato vede Meloni in prima linea e già nei prossimi giorni potrebbero arrivare novità decisive.
Il sindaco di Roma Roberto Gualtieri (Ansa)
Federico Marchetti, fondatore di Yoox (Ansa)
Pier Silvio Berlusconi (Ansa)