2021-11-09
Orde di immigrati al confine polacco. La Bielorussia ricatta l’Ue immobile
Almeno 3.000 i profughi, molti da Africa e Medio Oriente, scortati dai militari di Alexander Lukashenko alla frontiera in risposta alle sanzioni europee, con il benestare di Vladimir Putin. Bruxelles, contraria ai muri, resta a guardare. È sempre più alta la tensione al confine tra Polonia e Bielorussia. Ingenti flussi migratori si sono infatti diretti ieri verso la frontiera polacca, suscitando le ire di Varsavia. In particolare, dei video - diffusi dall'account Twitter del ministero della Difesa nazionale polacco - mostravano migranti che, brandendo delle pale, colpivano recinzioni di filo spinato al confine, mentre i soldati cercavano di allontanarli. Frattanto altri nutriti gruppi di migranti si avventavano contro delle reti protettive nell'intento di abbatterle. «Informazioni molto inquietanti dal confine. Un folto gruppo di migranti si è radunato in Bielorussia, vicino al confine con la Polonia. Si sono appena spostati verso il confine della Repubblica di Polonia. Cercheranno di entrare in massa in Polonia», ha twittato ieri mattina il portavoce dei Servizi di sicurezza polacchi, Stanislaw Zaryn. «Ulteriori informazioni», ha aggiunto, «mostrano che il gruppo è sotto lo stretto controllo dei bielorussi armati. Decidono in che direzione va il gruppo. Questa è un'altra azione nemica bielorussa nei confronti della Polonia». «La Bielorussia vuole provocare un grave incidente, preferibilmente con colpi di arma da fuoco e vittime: secondo i resoconti dei media, stanno preparando una grande provocazione vicino a Kuznica Bialostocka, in cui si tenterà un attraversamento di frontiera di massa», ha dichiarato il viceministro degli Esteri polacco, Piotr Wawrzyk. Nel frattempo, il ministro della Difesa Mariusz Blaszczak ha annunciato che sono stati schierati nell'area 12.000 soldati, mentre il premier Mateusz Morawiecki ha scritto su Facebook: «Il confine polacco non è solo una linea su una mappa. Il confine è sacro: per esso è stato versato sangue polacco». La situazione, insomma, appare significativamente tesa: tra l'altro, secondo quanto riferito ieri dal governo di Varsavia, sarebbero tra i 3.000 e i 4.000 i migranti stazionati attualmente in Bielorussia a ridosso della frontiera polacca. Ricordiamo che il quadro generale dei rapporti tra Bielorussia e Unione europea risulti particolarmente burrascoso. Il presidente bielorusso, Alexander Lukashenko, sta infatti da mesi utilizzando la leva migratoria come strumento di ritorsione per le sanzioni che Bruxelles ha imposto a Minsk, accusandola di violazione dei diritti umani e di condotta antidemocratica. «Abbiamo fermato droga e migranti. Ora ve la mangerete e ve li prenderete voi stessi», aveva tuonato a maggio -secondo Voice of America - Lukashenko, rivolgendosi ai Paesi dell'Europa occidentale. La pressione migratoria ha quindi iniziato ad aumentare nei mesi estivi, mettendo in difficoltà specialmente Polonia, Lettonia e Lituania: in particolare, sono morti almeno sette migranti nell'area di confine tra Polonia e Bielorussia da quando la crisi è cominciata. Tutto questo, mentre -a inizio ottobre- il parlamento bielorusso ha sospeso l'accordo con Bruxelles, che imponeva a Minsk di riprendere quei migranti - generalmente provenienti da Africa e Medio Oriente- che avessero attraversato la frontiera verso l'Unione europea. È proprio alla luce di tale mossa che 12 Stati membri (tra cui la stessa Polonia) hanno inviato una lettera alla Commissione europea, invocando il finanziamento di barriere difensive: una richiesta a cui il presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha tuttavia risposto picche, dichiarando: «Non ci saranno finanziamenti per filo spinato e muri». In questo quadro, a fine ottobre, il parlamento polacco ha votato a favore della realizzazione di un muro difensivo di oltre 100 chilometri, dal costo complessivo di 353 milioni di euro. Tutto ciò, mentre Varsavia - già a inizio settembre- aveva decretato lo stato d'emergenza a causa della crisi migratoria. Ma la Polonia è finita sotto pressione anche su altri fronti: critiche alla linea dura alla frontiera sono infatti arrivate dall'Unhcr, da Amnesty International e dalla Ocalenie Foundation. Quest'ultima, in particolare, è una Ong che, stando a quanto riporta il suo stesso sito web, vanta tra i propri sostenitori e finanziatori sia l'Unione europea che la Open Society Foundation del miliardario George Soros. Come che sia, la scarsa risolutezza di Bruxelles (che manca non solo di una strategia per la sicurezza dei confini, ma anche di una politica estera realmente comune) rischia di trasformarsi in un problema geopolitico. Ricordiamo infatti che, soprattutto nell'ultimo anno, Lukashenko si è fortemente riavvicinato al presidente russo, Vladimir Putin. Quello stesso Putin che, appena giovedì scorso, aveva ribadito il proprio sostegno al leader bielorusso, parlando di legami «fraterni». Tutto ciò, mentre lo stesso portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha difeso ieri l'operato di Minsk sul piano migratorio. A livello generale, la Russia intrattiene relazioni tese con la Polonia e non è quindi un caso che proprio Varsavia risulti uno dei principali oppositori al gasdotto Nord Stream 2. D'altronde, proprio la linea morbida inaugurata da Joe Biden su questo dossier rispetto a Donald Trump ha creato delle difficoltà alla Polonia che si ritrova adesso in una posizione politicamente più debole nei confronti della Russia: una Russia che ha tutto l'interesse a mettere i polacchi sotto pressione. E intanto Bruxelles difetta di un approccio geopolitico.
Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)
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