2025-07-23
Siamo immersi nell’epoca della «cristoamnesia». Vivere la fede è una lotta
Nel suo ultimo libro, Joseph Weiler analizza come il secolarismo abbia preso il sopravvento nel Vecchio continente, dove Gesù ormai non ha più cittadinanza.Il nome di Joseph Halevi Horowitz Weiler è noto al grande pubblico soprattutto per una battaglia legale condotta nel 2010 per l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche. Il caso, forse oggi dimenticato, sollevò enorme scalpore. Soile Lautsi, una cittadina italiana di origine finlandese, volle scagliarsi contro il Consiglio scolastico di una scuola di Abano Terme, in provincia di Padova, chiedendo che il crocifisso fosse rimosso dalle classi. Dopo una lunga trafila, la questione finì alla Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo. Weiler, da ebreo osservante, lavorò pro bono e ottenne un grande successo. Se la Camera inferiore della Corte si era espressa a netta maggioranza contro l’Italia, la Grande camera ribaltò il verdetto stabilendo che l’esposizione del Crocifisso non vìola la Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Qualche anno prima, Weiler aveva pubblicato un libro che ottenne un notevole successo e sollevò molto dibattito: Un’Europa cristiana. Un saggio esplorativo (Bur). Era il tempo in cui si discuteva di radici cristiane nella costituzione europea (progetto poi abortito) e Weiler tentava una ricognizione sullo stato della fede nel Vecchio continente. Ventidue anni dopo, e dopo aver ricevuto da papa Francesco il premio Ratzinger nel 2022, Weiler torna sulla questione con un libro ancora più urticante: L’Europa è ancora cristiana? Saggio esplorativo su Cristianesimo, laicità e identità europea (appena edito da Bur). La domanda che il giurista statunitense si pone non è affatto peregrina e la risposta è piuttosto complessa. «Allora, l’Europa è ancora cristiana?», si chiede Weiler. «Sotto alcuni aspetti, la risposta è ovvia: l’impatto del Cristianesimo sull’Europa è evidente in tutti gli aspetti della cultura europea, compresa la cultura politica. Solo chi è volutamente cieco potrebbe negarlo. Ma che dire del Cristianesimo come fede viva, praticata e seguita dai cittadini europei? E che dire dell’atteggiamento pubblico e privato nei confronti delle comunità di fedeli cristiani nei vari Stati membri dell’Unione europea? La risposta a queste domande è più complessa e, sotto alcuni aspetti, più scoraggiante. Viviamo chiaramente in un’Europa post-costantiniana, anche se forse dovremmo ringraziare l’Onnipotente per le piccole misericordie: almeno non gettano i fedeli in pasto ai leoni... Esaminiamo quindi i dati demografici del Cristianesimo come fede viva. Nota bene: sposarsi in chiesa e essere sepolti in un cimitero cristiano non rende una persona un cristiano praticante. A eccezione della Polonia, purtroppo, sarebbe difficile definire uno qualsiasi degli Stati membri come una comunità di fedeli cristiani. Con alcune notevoli eccezioni o rinascite, la tendenza non è rosea».Il cristianesimo è in crisi, dice Weiler, ma non è stato soppiantato dall’ateismo. A sostituirlo è arrivato qualcosa di molto più infido. «A livello individuale, la religione maggioritaria oggi in Europa è il secolarismo. Ci sono due o tre generazioni che semplicemente non hanno alcuna esperienza di fede religiosa nella loro vita. Nel 2003 ho scritto della cristofobia. Oggi ci troviamo di fronte alla cristoamnesia. Non so cosa sia peggio. Per quanto riguarda le autorità pubbliche, il secolarismo non è più semplicemente l’assenza di fede. È diventato un’ideologia, Viviamo sempre più in un nuovo tipo di Stato confessionale, dove la confessione dello Stato è il secolarismo». Weiler spiega che la divisione fra cattolici e laici non è più neutra. «La laicità», dice, «non è come il nero assenza di colore, ma come il nero colore audace in sé». Significa che la laicità non indica assenza di religione o pluralismo, ma è divenuta una forza di fatto ostile alla religione. «Qual è la “religione civica” che accomuna tutti gli europei?», chiede Weiler. «Certamente crediamo nella necessità di una democrazia liberale come cornice entro la quale deve svilupparsi la nostra vita pubblica. Le libere elezioni a suffragio universale, la tutela dei diritti umani fondamentali e lo Stato di diritto costituiscono la santa trinità di questa fede civica. La libertà religiosa è sancita da tutte le Costituzioni europee. Ma è anche comunemente intesa, e giustamente, come comprensiva della libertà di religione. Libertà religiosa positiva e negativa nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. Tuttavia, la libertà di religione rappresenta una sfida per la teoria liberale. Non abbiamo una nozione simile, ad esempio, di libertà dal socialismo. O di libertà dal neoliberismo. Se un governo socialista viene eletto democraticamente, ci aspettiamo politiche che derivino da una visione del mondo socialista e la attuino, ovviamente nel rispetto dei diritti delle minoranze. E, volenti o nolenti, ci si aspetta che osserviamo le leggi che attuano queste politiche, anche se non siamo socialisti. Lo stesso varrebbe, ad esempio, per un governo neoliberista. Ma se viene eletto un governo di orientamento cattolico, prendere sul serio la libertà di religione significa che il governo ha le mani legate quando si tratta di approvare leggi che derivano dalla sua visione religiosa del mondo». In Europa domina la visione di John Rawls secondo cui la pratica della democrazia deve per forza basarsi su argomentazioni razionali, il che esclude automaticamente ogni impostazione religiosa, giudicata non verificabile e non negoziabile. E qui sta la grande lezione di Weiler mutuata in parte da Benedetto XVI. Egli da una parte mostra che di fatto l’Europa non è più cristiana e tornerebbe a esserlo soltanto se i suoi cittadini diventassero cristiani praticanti. Dall’altra spiega che per la sopravvivenza della fede in un mondo sostanzialmente ostile occorre battersi. A suo dire si otterranno successi quando «i credenti smetteranno di provare imbarazzo per il loro credo e quando più persone smetteranno di illudersi, come suggerisce padre Carrón, che la via sia tornare a uno Stato confessionale o a un’Europa fondata sulle leggi cristiane. Il problema dei credenti europei è che non sono ancora abituati a essere una minoranza e a dover difendere quotidianamente il proprio credo».Nei fatti, dice Weiler, la libertà concessa dalla religione cattolica è superiore a quella delle nostre democrazie. Queste, infatti, escludono la religione, cercano di cancellarla dalla scena. Al contrario, «San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno difeso il primato della libertà religiosa tra tutte le libertà: essa rappresenta l’ontologia stessa della condizione umana. Di ciò che significa “essere” umano», scrive Weiler. «Citando san Giacomo, Benedetto XVI spiega nelle omelie di Ratisbona (a cui si è prestata troppa poca attenzione) che “la legge regale”, la legge della regalità di Dio è anche “la legge della libertà”. Questo è sconcertante: se, esercitando tale libertà, si accetta la legge regale trascendentale, come può questo costituire un reale potenziamento della libertà? La legge, per sua natura, non significa forse accettare restrizioni alla nostra libertà? Mi sembra», continua Weiler, «che Benedetto XVI abbia detto che, agendo al di fuori delle restrizioni della legge di Dio, la libertà è illusoria, perché divento semplicemente schiavo della mia condizione umana, dei miei desideri umani. Accettare la legge di Dio, come “vera legge”, la legge di Colui che trascende questo mondo, significa affermare la mia libertà interiore contro chiunque, contro qualsiasi autorità di questo mondo. [...] Non c’è antidoto migliore al totalitarismo in questo mondo». Sulla base di questa vera legge ci si può anche opporre alle tendenze totalitarie del secolarismo. E bisogna farlo cominciando a pensarsi come minoranza creativa, che agisce sulla base di una verità trascendente ma opera nel mondo e nell’ambito democratico usando la ragione. L’Europa non è più cristiana e, come dice qualcuno, è ora di iniziare ad agire consapevoli di trovarsi in una terra ostile.
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