True
2019-10-13
Il voto in Umbria è Chiesa contro cattolici
Ansa
Su, dategliene atto. Almeno stavolta. Se c'è uno che ha sepolto l'anticomunismo clericale quello è Matteo Salvini. Prima i preti di campagna guardavano in cagnesco i compagni e i loro eredi. Adesso c'è il leader leghista. Un novello Peppone, senza baffi e d'opposte simpatie politiche. Per chierichetti, curati e cardinali Matteo è il diavolo. Anti migranti, cattivista, sempre con il crocifisso in mano… Vade retro. I fedeli guardino altrove, e pongano la loro crocetta il più lontano possibile. A partire dalla verdeggiante Umbria, dove il 27 ottobre si elegge il prossimo governatore. L'Ohio d'Italia, la chiamano. Perché l'esito potrebbe determinare gli assetti nazionali, dopo la scossa estiva e la rinascita del governo. Ed è pure la prima prova sul campo dell'alleanza tra Pd e M5s. Mentre Salvini medita vendetta, visto lo scorno agostano.
Voto strategico, quindi. Così tanto da aver convinto le gerarchie ecclesiastiche a non tirarsi indietro: giallorossi, senza se e senza ma. Meglio mantenere intatto l'esistente: quel groviglio di potere che governa la regione da 70 anni. Il centrodestra, di converso, può invece contare sull'appoggio del Family day. Il 17 ottobre a Perugia sarà presentato agli aspiranti presidenti un «manifesto valoriale», di chiara impronta cristiana, da sottoscrivere. Arriveranno i leader del centro destra: Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi. Insomma, da una parte la Chiesa, disposta persino a digerire l'asse tra democratici e grillini. Dall'altra, i cattolici e le associazioni pro vita e famiglia, che s'allontanano dai giallorossi a passi lunghi e ben distesi. Morale: il voto umbro non è solo una battaglia politica. Ma è diventata anche una singolar tenzone tra Chiesa e i fedeli.
Del resto, le intenzioni del clero sono sempre state manifeste. L'Umbria è la terra di San Francesco. E, più modestamente, anche del presidente della Conferenza episcopale italiana: il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia. La diocesi, in questa tornata elettorale, non s'era di certo tirata indietro. Il primo candidato del Pd è stato Andrea Fora, contiguo e cattolicissimo. Ma viene scartato dai grillini. Avanti un'altra: è Francesca Di Maolo, presidente del Serafico, l'istituto di Assisi che si occupa di assistenza a bambini malati. A sponsorizzarla sarebbe nientemeno che Bassetti. Ma lei alla fine desiste. Ecco quindi arrivare Vincenzo Bianconi, albergatore pacato e spirituale. È lui il prescelto. Certo, è un imprenditore, mica un frate svestito. Ma nei suoi incontri non dimentica le radici. Eccone un assaggio: «Pace, cura degli altri e del creato, accoglienza, fraternità, solidarietà. Gli insegnamenti di Francesco sono l'identità della nostra meravigliosa terra e i valori su cui s'intrecciano le nostre comunità». Meno misericordioso è Nicola Zingaretti, segretario del Pd. Dal palco di Perugia, ha tuonato: «Questa è la terra della pace e di San Francesco e non sarà mai la terra dell'odio e della Lega». Mentre il leader alleato, Luigi Di Maio, e il premier Giuseppe Conte, non hanno mancato di partecipare alle celebrazioni del patrono d'Italia ad Assisi.
Al loro fianco ci schierano dunque Chiesa, Cei, francescani e ortodossi. Bisogna fermare l'anticristiano che brandisce il rosario e attacca gli immigrati. L'Umbria deve restare terra accogliente e solidale. Il verbo corre dalle città alle vallate: Salvini è il demonio. E la Sanitopoli che ha terremotato la governatrice uscente, Catiuscia Marini? Peccatucci. E il sistema di potere che, dal Pci al Pd, avviluppa la regione da decenni? Tutto espiato. L'importante è tener a debita distanza il vichingo lombardo. L'Umbria è la regione dei santi: Francesco, Rita, Chiara e Benedetto. Mica si possono ripudiare millenni di misericordia? Peccato che i sondaggi diano in testa la senatrice leghista Donatella Tesei, candidata del centrodestra. E giovedì prossimo è previsto a Perugia il Family day, con il suo leader Massimo Gandolfini. Piazze contro sacrestie, famiglie contro gerarchie, cattolici contro (alcuni) sacerdoti. Il gregge seguirà i messia giallorossi o i dioscuri sovranisti?
Le schermaglie tra il leghista e i prelati erano già cominciate lo scorso maggio. Quando il Capitano, in piazza Duomo a Milano, mostra il rosario e invoca la protezione dei santi. Quanta inopportuna blasfemia… Le gerarchie ecclesiastiche si rivoltano. E interviene pure Bassetti: «Non si vive di ricordi, di richiami a tradizioni e simboli religiosi». Salvo poi negare, due giorni più tardi, ogni ingerenza: «Non è nel mio stile, nel mio temperamento, nel mio modo di pensare».
Un terribile fraintendimento. Ma qualche mese dopo, all'inizio di agosto, il presidente della Cei riaffonda: i cattolici non devono «mettersi in fila dietro i pifferai magici di turno». E a chi si riferiva mai il sibillino cardinale? Proprio al pifferaio che adesso zufola nella sua Umbria, con frotte di fedeli al seguito.
Il M5s sconfessa sé stesso e per salvare Bianconi studia una legge su misura
Chi se lo sarebbe mai aspettato che i grillini, che esordirono con i Vaffa day, 10 anni dopo proponessero addirittura una legge ad personam per sostenere il «loro» candidato presidente dell'Umbria? Anche i duri e puri hanno capito che, a Perugia e dintorni, il M5s si gioca una parte rilevante del futuro nonché la sopravvivenza del governo di Giuseppe Conte. Mentre Luigi Di Maio - a Napoli all'adunata celebrativa pentastellata - deve contrastare un' agguerrita contestazione da parte dei suoi, in Umbria volano gli stracci con inversioni a «U» e clamorose dimissioni. Terni è una polveriera, l'epicentro della contestazione - sia nel Pd sia nel M5s - per la scelta di Bianconi. Per i dem c'è un'altra grana. Il commissario regionale del partito Walter Verini, sotto accusa per la scelta di Bianconi, ha chiesto il commissariamento della federazione di Terni. Lì il Pd è andato in frantumi dopo che il 30 settembre il segretario, Paolo Silveri, ha sbattuto la porta. Ieri si è saputo che Silveri ha lasciato perché il Pd ha «candidato Bianconi, che ha un conflitto d'interessi irrisolto come imprenditore che partecipa a bandi pubblici». La scelta del capo degli albergatori umbri (a Norcia la sua famiglia possiede ben cinque strutture) come antagonista della senatrice indipendente della Lega Donatella Tesei, divide anche il M5s. Sempre da Terni è partita una nuova offensiva: la consigliera comunale e portavoce grillina Patrizia Braghiroli - una della prima ora - ha lasciato gruppo e Movimento con una motivazione che non ammette repliche: «Mi sono sentita tradita. Non si sono accorti che nella lista del Pd c'è tutto il vecchio sistema?». Contro quel sistema si era battuta molto la consigliera regionale uscente - ricandidata - Maria Grazia Carbonari. È stata lei a dare il via allo scandalo della sanità che ha portato agli arresti dell'ex segretario regionale del Pd, Gianpiero Bocci; dell'assessore alla Sanità Luca Barberini (per i quali, con altri otto, ieri il pm Mario Formisano ha chiesto il rinvio a giudizio) e alle dimissioni della governatrice Catiuscia Marini. Ebbene la Carbonari ha mandato giù il boccone, molto amaro, dell'alleanza elettorale col Pd e oggi è costretta a dire: «È vero, sul capo di Bianconi per via dei contributi post terremoto pende un grave indizio di incompatibilità e di conflitto d' interessi. Se fosse eletto, per evitare questo conflitto d'interessi dovrà chiedere una modifica del decreto terremoto. Sarebbe a posto. Non ci sono altre strade, serve un decreto ad hoc». Il M5s - teoricamente - aborrisce le leggi ad personam. Ma, se serve, è pronto a fare eccezioni. Tutto parte dai contributi sul terremoto chiesti e ricevuti dalla famiglia Bianconi per ristrutturare gli alberghi di Norcia danneggiati dal sisma del 2016. A seguito di un'interpellanza della lista del Pd al sindaco di Norcia - Nicola Alemanno di Forza Italia, eletto con il sostegno convinto e forte di Bianconi - riguardo la destinazione dei fondi per la ricostruzione delle strutture alberghiere, si è scoperto che i Bianconi, i più importanti albergatori della zona, hanno avuto 6 milioni: l'80% di quelli destinati a Norcia. Non solo, hanno avuto anche 2,4 milioni di appalti per le mense e 200.000 euro per il trasporto locale. Tutto raccontato dal Corriere dell'Umbria, poi duramente attaccato dal Pd per aver fatto della cronaca. Bianconi si è difeso dicendo - come in effetti è - che quei contributi sono del tutto legittimi e che comunque, in caso di elezione a presidente, delegherebbe ad altri le pratiche della ricostruzione post sisma. Ma seguendo questo filo La Verità ha scoperto che il decreto 189 del 10 ottobre 2016 non consente al presidente della Regione di delegare ad altri le pratiche post sisma. Vincenzo Bianconi tre giorni fa, peraltro, ha annunciato che la sua famiglia ha chiesto altri 15 milioni, mentre a Norcia alcuni operatori economici cominciano a chiedere conto del perché lui abbia avuto tanti contributi e così in fretta. Se fosse eletto, Bianconi erogherebbe - in parole povere - fondi a sé stesso. Ma la legge 154 del 1981, proprio in forza di quei contributi, rende Bianconi ineleggibile. Da qui l'idea della consigliera pentastellata: salvare l'alleato con un decreto ad personam.
Continua a leggereRiduci
Giovedì prossimo il Family day fa tappa a Perugia, in piazza anche Matteo Salvini e gli altri leader del centrodestra. Però i prelati della regione, paradossalmente, sono schierati sulla sponda opposta ai credenti: pur di osteggiare la Lega, vanno a sinistra.Il M5s sconfessa sé stesso e per salvare Vincenzo Bianconi studia una legge su misura. Il candidato rischia l'incompatibilità, perché la famiglia attinge ai fondi post sisma. La soluzione grillina? Riscrivere la norma.Lo speciale comprende due articoli. Su, dategliene atto. Almeno stavolta. Se c'è uno che ha sepolto l'anticomunismo clericale quello è Matteo Salvini. Prima i preti di campagna guardavano in cagnesco i compagni e i loro eredi. Adesso c'è il leader leghista. Un novello Peppone, senza baffi e d'opposte simpatie politiche. Per chierichetti, curati e cardinali Matteo è il diavolo. Anti migranti, cattivista, sempre con il crocifisso in mano… Vade retro. I fedeli guardino altrove, e pongano la loro crocetta il più lontano possibile. A partire dalla verdeggiante Umbria, dove il 27 ottobre si elegge il prossimo governatore. L'Ohio d'Italia, la chiamano. Perché l'esito potrebbe determinare gli assetti nazionali, dopo la scossa estiva e la rinascita del governo. Ed è pure la prima prova sul campo dell'alleanza tra Pd e M5s. Mentre Salvini medita vendetta, visto lo scorno agostano.Voto strategico, quindi. Così tanto da aver convinto le gerarchie ecclesiastiche a non tirarsi indietro: giallorossi, senza se e senza ma. Meglio mantenere intatto l'esistente: quel groviglio di potere che governa la regione da 70 anni. Il centrodestra, di converso, può invece contare sull'appoggio del Family day. Il 17 ottobre a Perugia sarà presentato agli aspiranti presidenti un «manifesto valoriale», di chiara impronta cristiana, da sottoscrivere. Arriveranno i leader del centro destra: Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi. Insomma, da una parte la Chiesa, disposta persino a digerire l'asse tra democratici e grillini. Dall'altra, i cattolici e le associazioni pro vita e famiglia, che s'allontanano dai giallorossi a passi lunghi e ben distesi. Morale: il voto umbro non è solo una battaglia politica. Ma è diventata anche una singolar tenzone tra Chiesa e i fedeli.Del resto, le intenzioni del clero sono sempre state manifeste. L'Umbria è la terra di San Francesco. E, più modestamente, anche del presidente della Conferenza episcopale italiana: il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia. La diocesi, in questa tornata elettorale, non s'era di certo tirata indietro. Il primo candidato del Pd è stato Andrea Fora, contiguo e cattolicissimo. Ma viene scartato dai grillini. Avanti un'altra: è Francesca Di Maolo, presidente del Serafico, l'istituto di Assisi che si occupa di assistenza a bambini malati. A sponsorizzarla sarebbe nientemeno che Bassetti. Ma lei alla fine desiste. Ecco quindi arrivare Vincenzo Bianconi, albergatore pacato e spirituale. È lui il prescelto. Certo, è un imprenditore, mica un frate svestito. Ma nei suoi incontri non dimentica le radici. Eccone un assaggio: «Pace, cura degli altri e del creato, accoglienza, fraternità, solidarietà. Gli insegnamenti di Francesco sono l'identità della nostra meravigliosa terra e i valori su cui s'intrecciano le nostre comunità». Meno misericordioso è Nicola Zingaretti, segretario del Pd. Dal palco di Perugia, ha tuonato: «Questa è la terra della pace e di San Francesco e non sarà mai la terra dell'odio e della Lega». Mentre il leader alleato, Luigi Di Maio, e il premier Giuseppe Conte, non hanno mancato di partecipare alle celebrazioni del patrono d'Italia ad Assisi.Al loro fianco ci schierano dunque Chiesa, Cei, francescani e ortodossi. Bisogna fermare l'anticristiano che brandisce il rosario e attacca gli immigrati. L'Umbria deve restare terra accogliente e solidale. Il verbo corre dalle città alle vallate: Salvini è il demonio. E la Sanitopoli che ha terremotato la governatrice uscente, Catiuscia Marini? Peccatucci. E il sistema di potere che, dal Pci al Pd, avviluppa la regione da decenni? Tutto espiato. L'importante è tener a debita distanza il vichingo lombardo. L'Umbria è la regione dei santi: Francesco, Rita, Chiara e Benedetto. Mica si possono ripudiare millenni di misericordia? Peccato che i sondaggi diano in testa la senatrice leghista Donatella Tesei, candidata del centrodestra. E giovedì prossimo è previsto a Perugia il Family day, con il suo leader Massimo Gandolfini. Piazze contro sacrestie, famiglie contro gerarchie, cattolici contro (alcuni) sacerdoti. Il gregge seguirà i messia giallorossi o i dioscuri sovranisti?Le schermaglie tra il leghista e i prelati erano già cominciate lo scorso maggio. Quando il Capitano, in piazza Duomo a Milano, mostra il rosario e invoca la protezione dei santi. Quanta inopportuna blasfemia… Le gerarchie ecclesiastiche si rivoltano. E interviene pure Bassetti: «Non si vive di ricordi, di richiami a tradizioni e simboli religiosi». Salvo poi negare, due giorni più tardi, ogni ingerenza: «Non è nel mio stile, nel mio temperamento, nel mio modo di pensare».Un terribile fraintendimento. Ma qualche mese dopo, all'inizio di agosto, il presidente della Cei riaffonda: i cattolici non devono «mettersi in fila dietro i pifferai magici di turno». E a chi si riferiva mai il sibillino cardinale? Proprio al pifferaio che adesso zufola nella sua Umbria, con frotte di fedeli al seguito.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-voto-in-umbria-e-chiesa-contro-cattolici-2640947884.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-m5s-sconfessa-se-stesso-e-per-salvare-bianconi-studia-una-legge-su-misura" data-post-id="2640947884" data-published-at="1765818763" data-use-pagination="False"> Il M5s sconfessa sé stesso e per salvare Bianconi studia una legge su misura Chi se lo sarebbe mai aspettato che i grillini, che esordirono con i Vaffa day, 10 anni dopo proponessero addirittura una legge ad personam per sostenere il «loro» candidato presidente dell'Umbria? Anche i duri e puri hanno capito che, a Perugia e dintorni, il M5s si gioca una parte rilevante del futuro nonché la sopravvivenza del governo di Giuseppe Conte. Mentre Luigi Di Maio - a Napoli all'adunata celebrativa pentastellata - deve contrastare un' agguerrita contestazione da parte dei suoi, in Umbria volano gli stracci con inversioni a «U» e clamorose dimissioni. Terni è una polveriera, l'epicentro della contestazione - sia nel Pd sia nel M5s - per la scelta di Bianconi. Per i dem c'è un'altra grana. Il commissario regionale del partito Walter Verini, sotto accusa per la scelta di Bianconi, ha chiesto il commissariamento della federazione di Terni. Lì il Pd è andato in frantumi dopo che il 30 settembre il segretario, Paolo Silveri, ha sbattuto la porta. Ieri si è saputo che Silveri ha lasciato perché il Pd ha «candidato Bianconi, che ha un conflitto d'interessi irrisolto come imprenditore che partecipa a bandi pubblici». La scelta del capo degli albergatori umbri (a Norcia la sua famiglia possiede ben cinque strutture) come antagonista della senatrice indipendente della Lega Donatella Tesei, divide anche il M5s. Sempre da Terni è partita una nuova offensiva: la consigliera comunale e portavoce grillina Patrizia Braghiroli - una della prima ora - ha lasciato gruppo e Movimento con una motivazione che non ammette repliche: «Mi sono sentita tradita. Non si sono accorti che nella lista del Pd c'è tutto il vecchio sistema?». Contro quel sistema si era battuta molto la consigliera regionale uscente - ricandidata - Maria Grazia Carbonari. È stata lei a dare il via allo scandalo della sanità che ha portato agli arresti dell'ex segretario regionale del Pd, Gianpiero Bocci; dell'assessore alla Sanità Luca Barberini (per i quali, con altri otto, ieri il pm Mario Formisano ha chiesto il rinvio a giudizio) e alle dimissioni della governatrice Catiuscia Marini. Ebbene la Carbonari ha mandato giù il boccone, molto amaro, dell'alleanza elettorale col Pd e oggi è costretta a dire: «È vero, sul capo di Bianconi per via dei contributi post terremoto pende un grave indizio di incompatibilità e di conflitto d' interessi. Se fosse eletto, per evitare questo conflitto d'interessi dovrà chiedere una modifica del decreto terremoto. Sarebbe a posto. Non ci sono altre strade, serve un decreto ad hoc». Il M5s - teoricamente - aborrisce le leggi ad personam. Ma, se serve, è pronto a fare eccezioni. Tutto parte dai contributi sul terremoto chiesti e ricevuti dalla famiglia Bianconi per ristrutturare gli alberghi di Norcia danneggiati dal sisma del 2016. A seguito di un'interpellanza della lista del Pd al sindaco di Norcia - Nicola Alemanno di Forza Italia, eletto con il sostegno convinto e forte di Bianconi - riguardo la destinazione dei fondi per la ricostruzione delle strutture alberghiere, si è scoperto che i Bianconi, i più importanti albergatori della zona, hanno avuto 6 milioni: l'80% di quelli destinati a Norcia. Non solo, hanno avuto anche 2,4 milioni di appalti per le mense e 200.000 euro per il trasporto locale. Tutto raccontato dal Corriere dell'Umbria, poi duramente attaccato dal Pd per aver fatto della cronaca. Bianconi si è difeso dicendo - come in effetti è - che quei contributi sono del tutto legittimi e che comunque, in caso di elezione a presidente, delegherebbe ad altri le pratiche della ricostruzione post sisma. Ma seguendo questo filo La Verità ha scoperto che il decreto 189 del 10 ottobre 2016 non consente al presidente della Regione di delegare ad altri le pratiche post sisma. Vincenzo Bianconi tre giorni fa, peraltro, ha annunciato che la sua famiglia ha chiesto altri 15 milioni, mentre a Norcia alcuni operatori economici cominciano a chiedere conto del perché lui abbia avuto tanti contributi e così in fretta. Se fosse eletto, Bianconi erogherebbe - in parole povere - fondi a sé stesso. Ma la legge 154 del 1981, proprio in forza di quei contributi, rende Bianconi ineleggibile. Da qui l'idea della consigliera pentastellata: salvare l'alleato con un decreto ad personam.
La risposta alla scoppiettante Atreju è stata una grigia assemblea piddina
Il tema di quest’anno, Angeli e Demoni, ha guidato il percorso visivo e narrativo dell’evento. Il manifesto ufficiale, firmato dal torinese Antonio Lapone, omaggia la Torino magica ed esoterica e il fumetto franco-belga. Nel visual, una cosplayer attraversa il confine tra luce e oscurità, tra bene e male, tra simboli antichi e cultura pop moderna, sfogliando un fumetto da cui si sprigiona luce bianca: un ponte tra tradizione e innovazione, tra arte e narrazione.
Fumettisti e illustratori sono stati il cuore pulsante dell’Oval: oltre 40 autori, tra cui il cinese Liang Azha e Lorenzo Pastrovicchio della scuderia Disney, hanno accolto il pubblico tra sketch e disegni personalizzati, conferenze e presentazioni. Primo Nero, fenomeno virale del web con oltre 400.000 follower, ha presentato il suo debutto editoriale con L’Inkredibile Primo Nero Show, mentre Sbam! e altre case editrici hanno ospitato esposizioni, reading e performance di autori come Giorgio Sommacal, Claudio Taurisano e Vince Ricotta, che ha anche suonato dal vivo.
Il cosplay ha confermato la sua centralità: più di 120 partecipanti si sono sfidati nella tappa italiana del Nordic Cosplay Championship, con Carlo Visintini vincitore e qualificato per la finale in Svezia. Parallelamente, il propmaking ha permesso di scoprire il lavoro artigianale dietro armi, elmi e oggetti scenici, rivelando la complessità della costruzione dei personaggi.
La musica ha attraversato generazioni e stili. La Battle of the Bands ha offerto uno spazio alle band emergenti, mentre le icone delle sigle tv, Giorgio Vanni e Cristina D’Avena, hanno trasformato l’Oval in un grande palco popolare, richiamando migliaia di fan. Non è mancato il K-pop, con workshop, esibizioni e karaoke coreano, che ha coinvolto i più giovani in una dimensione interattiva e partecipativa. La manifestazione ha integrato anche dimensioni educative e culturali. Il Dipartimento di Matematica dell’Università di Torino ha esplorato il ruolo della matematica nei fumetti, mostrando come concetti scientifici possano dialogare con la narrazione visiva. Lo chef Carlo Mele, alias Ojisan, ha illustrato la relazione tra cibo e animazione giapponese, trasformando piatti iconici degli anime in esperienze reali. Il pubblico ha potuto immergersi nella magia del Villaggio di Natale, quest’anno allestito nella Casa del Grinch, tra laboratori creativi, truccabimbi e la Christmas Elf Dance, mentre l’area games e l’area videogames hanno offerto tornei, postazioni libere e spazi dedicati a giochi indipendenti, modellismo e miniature, garantendo una partecipazione attiva e immersiva a tutte le età.
Con 28.000 visitatori in due giorni, Xmas Comics & Games conferma la propria crescita come festival della cultura pop, capace di unire creatività, spettacolo e narrazione, senza dimenticare la componente sociale e educativa. Tra fumetti, cosplay, musica e gioco, Torino è diventata il punto d’incontro per chi vuole vivere in prima persona il racconto pop contemporaneo, dove ogni linguaggio si intreccia e dialoga con gli altri, trasformando la fiera in una grande esperienza culturale condivisa.
Continua a leggereRiduci
i,Hamza Abdi Barre (Getty Images)
La Somalia è intrappolata in una spirale di instabilità sempre più profonda: un’insurrezione jihadista in crescita, un apparato di sicurezza inefficiente, una leadership politica divisa e la competizione tra potenze vicine che alimenta rivalità interne. Il controllo effettivo del governo federale si riduce ormai alla capitale e a poche località satelliti, una sorta di isola amministrativa circondata da gruppi armati e clan in competizione. L’esercito nazionale, logorato, frammentato e privo di una catena di comando solida, non è in grado di garantire la sicurezza nemmeno sulle principali rotte commerciali che costeggiano il Paese. In queste condizioni, il collasso dell’autorità centrale e la caduta di Mogadiscio nelle mani di gruppi ostili rappresentano scenari sempre meno remoti, con ripercussioni dirette sulla navigazione internazionale e sulla sicurezza regionale.
La pirateria somala, un tempo contenuta da pattugliamenti congiunti e operazioni navali multilaterali, è oggi alimentata anche dal radicamento di milizie jihadiste che controllano vaste aree dell’entroterra. Questi gruppi, dopo anni di scontri contro il governo federale e di brevi avanzate respinte con l’aiuto delle forze speciali straniere, hanno recuperato terreno e consolidato le proprie basi logistiche proprio lungo i corridoi costieri. Da qui hanno intensificato sequestri, assalti e sabotaggi, colpendo infrastrutture critiche e perfino centri governativi di intelligence. L’attacco del 2025 contro una sede dei servizi somali, che portò alla liberazione di decine di detenuti, diede il segnale dell’audacia crescente di questi movimenti.
Le debolezze dell’apparato statale restano uno dei fattori decisivi. Nonostante due decenni di aiuti, investimenti e programmi di addestramento militare, le forze somale non riescono a condurre operazioni continuative contro reti criminali e gruppi jihadisti. Il consumo interno di risorse, la corruzione diffusa, i legami di fedeltà clanici e la dipendenza dall’Agenzia dell’Unione africana per il supporto alla sicurezza hanno sgretolato ogni tentativo di riforma. Nel frattempo, l’interferenza politica nella gestione della missione internazionale ha sfiancato i donatori, ridotto il coordinamento e lasciato presagire un imminente disimpegno. A questo si aggiungono le tensioni istituzionali: modifiche costituzionali controverse, una mappa federale contestata e tentativi percepiti come manovre per prolungare la permanenza al potere della leadership attuale hanno spaccato la classe politica e paralizzato qualsiasi risposta comune alla minaccia emergente. Mentre i vertici si dividono, le bande armate osservano, consolidano il controllo del territorio e preparano nuovi colpi contro la navigazione e le città costiere. Sul piano internazionale cresce il numero di governi che, temendo un collasso definitivo del sistema federale, sondano discretamente la possibilità di una trattativa con i gruppi armati. Ma l’ipotesi di una Mogadiscio conquistata da milizie che già controllano ampie aree della costa solleva timori concreti: un ritorno alla pirateria sistemica, attacchi oltre confine e una spirale di conflitti locali che coinvolgerebbe l’intero Corno d’Africa.
Continua a leggereRiduci
Il presidente eletto del Cile José Antonio Kast e sua moglie Maria Pia Adriasola (Ansa)
Un elemento significativo di queste elezioni presidenziali è stata l’elevata affluenza alle urne, che si è rivelata in aumento del 38% rispetto al 2021. Quelle di ieri sono infatti state le prime elezioni tenute dopo che, nel 2022, è stato introdotto il voto obbligatorio. La vittoria di Kast ha fatto da contraltare alla crisi della sinistra cilena. Il presidente uscente, Gabriel Boric, aveva vinto quattro anni fa, facendo leva soprattutto sull’impopolarità dell’amministrazione di centrodestra, guidata da Sebastián Piñera. Tuttavia, a partire dal 2023, gli indici di gradimento di Boric sono iniziati a crollare. E questo ha danneggiato senza dubbio la Jara, che è stata ministro del Lavoro fino allo scorso aprile. Certo, Kast si accinge a governare a fronte di un Congresso diviso: il che potrebbe rappresentare un problema per alcune delle sue proposte più incisive. Resta tuttavia il fatto che la sua vittoria ha avuto dei numeri assai significativi.
«La vittoria di Kast in Cile segue una serie di elezioni in America Latina che negli ultimi anni hanno spostato la regione verso destra, tra cui quelle in Argentina, Ecuador, Costa Rica ed El Salvador», ha riferito la Bbc. Lo spostamento a destra dell’America Latina è una buona notizia per la Casa Bianca. Ricordiamo che, alcuni giorni fa, Washington a pubblicato la sua nuova strategia di sicurezza nazionale: un documento alla cui base si registra il rilancio della Dottrina Monroe. Per Trump, l’obiettivo, da questo punto di vista, è duplice. Innanzitutto, punta a contrastare il fenomeno dell’immigrazione irregolare. In secondo luogo, mira ad arginare l’influenza geopolitica della Cina sull’Emisfero occidentale. Vale a tal proposito la pena di ricordare che Boric, negli ultimi anni, ha notevolmente avvicinato Santiago a Pechino. Una linea che, di certo, a Washington non è stata apprezzata.
Continua a leggereRiduci