
Il killer silenzioso usato dalla notte dei tempi: da madame Popova che uccise 300 uomini alla signora di Bra che cucinava piatti con il topicida. Le spie russe offrono tè al polonio, le cinesi stufati di gatto con erbe letali.Nei grandi drammi della storia o nelle cronache più minute nel corso dei secoli il veleno, arma subdola, vile, silenziosa, ha ucciso milioni di persone. Tutte ignare d'essere condannate a morte da un esercito di mogli ansiose di diventar vedove, da avidi assassini, da potenti ambiziosi o da spietati 007. Ora l'avvelenamento sembra essere tornato di moda o, più semplicemente, come spiega il chimico britannico John Emsley in Gli elementi dell'omicidio, «è anche possibile che se ne parli di più perché siamo diventati più bravi a individuarli». Da ultimo il caso di Imane Fadil, la modella trentaquattrenne testimone chiave del processo delle cene eleganti di Arcore. Anche se le probabilità che sia morta per colpa del cobalto sembrano essere prossime allo zero - i risultati dell'autopsia arriveranno fra un mese -, solo la notizia di un possibile avvelenamento ha fatto rabbrividire l'opinione pubblica. Eppure il veleno non è mai sparito dalle cronache.Tra i casi più recenti di avvelenamento una signora di Imola, che lo scorso Natale tentò di uccidere il marito, dal quale si stava separando, con una crostata avvelenata. Per fortuna, al primo morso, l'uomo s'accorse che qualcosa non andava, ma gli bastò quel sol boccone per finire in ospedale; la quarantanovenne di Bra che per un mese servì al marito ricoverato per una polmonite prelibati pranzetti a base di polveri di bromadiolone, un topicida; Mattia Del Zotto, ventottenne di Nova Milanese che ha ucciso i nonni e una zia sciogliendo nella loro acqua del solfato di tallio; l'anatomopatologo di Usmate che festeggiò il Natale del 2000 brindando con del vino al taglio che gli era stato regalato in un pacco dono. È del 2013 invece la notizia della brasiliana che si cosparse le parti intime con del veleno, nella speranza di uccidere il marito, ingannandolo grazie al sesso orale. Lui finì in ospedale, lei in tribunale.«O speziale veritiero! Il tuo veleno è rapido. E così con un bacio io muoio» (William Shakespeare in Romeo e Giulietta).Nell'Antica Roma il primo processo per avvelenamento avvenne nel 331 avanti Cristo, quando una ventina di donne furono accusate da una serva d'aver ucciso i propri mariti con delle pozioni. Da lì a poco 170 mogli vennero condannate a morte, strangolate - come prevedeva il codice - dai parenti più prossimi. Nel 1600 il veleno prediletto delle donne era l'arsenico, per i francesi Poudre de succession (polvere di successione). Isolato per la prima volta da Johann Schroeder nel 1640, è un minerale che si trova nella crosta terrestre. Per uccidere una persona ne servono tra i 60 e i 120 milligrammi. Essendo solubile, inodore, incolore e insapore, la fattucchiera palermitana Giulia Tofana ne fece una pozione fatale. L'acqua Tofana ebbe un tale successo tra le mogli scontente delle loro vite, che la megera sicula l'esportò in tutta la penisola. Prima d'essere giustiziata ammise d'aver venduto dosi in grado di uccidere 600 mariti. Avvelenatrice anche la prima serial killer degli Stati Uniti Mary Ann Cotton, che con l'arsenico fece fuori madre, sorella, mariti, amanti e figli per accaparrarsi i soldi delle assicurazioni, e la russa Madame Popova, che in 30 anni sterminò 300 mariti violenti, confortandoli con calde bevande al veleno. Arrestata nel 1909 ammise con fierezza: «Non ho mai ucciso una donna, io, solo uomini che abusavano delle loro donne». Morì fucilata da un plotone d'esecuzione. Nel V secolo avanti Cristo Ippocrate utilizzò l'arsenico per curare l'ulcera, nell'Ottocento veniva usato nei ricostituenti. Era presente nel Liquore di Fowler, nella Soluzione di Pearson e anche nello Iodarsolo Baldacci, per combattere la sifilide, nell'Eutrofina, per crescere dei bambini sani e forti, e nel Tonico Bayer, dove oltre ai sali organici di arsenico, c'erano stricnina, vino liquoroso, acido benzoico e anche un po' di vitamina C. Nel 1890, poi, il medico William Osier sostenne che l'arsenico fosse il miglior farmaco per curare la leucemia. Come diceva lo scapigliato Carlo Dossi: «Ogni veleno, in breve quantità, giova, in grande uccide».Il veleno ha ispirato le tragedie di William Shakespeare, è nelle pagine del Nome della Rosa di Umberto Eco, in quelle di L'avvelenatrice di Alexandre Dumas, ma soprattutto nei libri di Agatha Christie. La scrittrice britannica, grazie alle sue conoscenze farmacologiche, uccise gran parte dei suoi personaggi offrendo loro veleni come il vino alla stricnina (Il misterioso Signor Quin), la birra alla morfina (Perché non l'hanno chiesto a Evans?), il Porto alla nicotina (Tragedia in tre atti), e per i più raffinati lo champagne al cianuro (Giorno dei morti). Probabile che la sua penna sia l'avvelenatrice più prolifica della storia.Si racconta che Lucrezia Borgia per avvelenare le sue vittime usasse un anello cavo riempito con una polvere a base di arsenico da svuotare in piatti e bevande. Ma la Borgia per disfarsi dei suoi uomini usava anche la polvere di Cortinarius orellanus, oggi noto come fungo di Lucrezia, un veleno micidiale che uccide dopo 25 giorni di agonia. Anche l'imperatore Claudio, pare, morì avvelenato dalla moglie Agrippina, probabilmente per aver ingerito un fungo velenoso, la tignosa verdognola.La cicuta, una pianta con foglie molto grandi e con fiori bianchi piccolissimi che uccide in tre ore, è passata alla storia nel 399 quando Socrate la bevve dopo essere stato condannato a morte. Con la cicuta si sono suicidati anche Annibale e Seneca. Tra le piante killer ci sono anche l'aconite, tanto bella quanto velenosa - per morire è sufficiente tenerne un mazzo in mano - e le bacche della Belladonna, simili alle ciliegie, letali in 24-36 ore. Il cianuro, un sale derivato dall'acido cianidrico, è il veleno che ha ucciso più persone al mondo. Adolf Hilter, terrorizzato dal morire avvelenato, aveva assoldato un esercito di 15 assaggiatrici ma, alla fine, si suicidò ingurgitando una capsula di cianuro. Questo veleno era una delle sostanze letali utilizzate nelle camere a gas che hanno ucciso milioni di deportati. Anche i 909 adepti del Tempio del popolo in Guyana, per ordine della loro guida, il reverendo Jim Jones, bevvero succo di frutta corretto con del cianuro di potassio, Valium, idrato di cloralio e cloruro di potassio. Morirono l'uno a pochi minuti dall'altro in «un suicidio di massa per la gloria del socialismo». Il mezzo chilo di cianuro di sodio usato per la mistura, dose in grado di uccidere quasi 2.000 persone, costò 8,85 dollari. Infine il caso di Francesca Moretti, una psicologa di 29 anni morta avvelenata nel 2000. Inizialmente la procura arrestò la sua coinquilina, accusandola di aver ucciso la Moretti con una minestrina preparata con 350 milligrammi di cianuro e un formaggino. Poco dopo la donna fu assolta per non aver commesso il fatto e da allora il caso è rimasto irrisolto. L'uso del veleno, però, non è solo appannaggio delle donne. Anche le spie ne hanno fatto largo uso. Nel 1978 lo scrittore bulgaro Georgi Markov, che viveva a Londra a causa delle sue idee antigovernative, stava prendendo l'autobus quando un agente segreto gli sparò dalla punta del suo ombrello un proiettile in platino-iridio, contenente ricina. Markov morì tre giorni dopo. Stessa sorte capitò a Viktor Yushchenko: durante la campagna elettorale per le presidenziali in Ucraina nel 2004, vide il suo volto sfigurarsi e il suo corpo ricoprirsi di escoriazioni. Alcuni sostennero che aveva mangiato sushi avariato, ma diversi esami mostrarono che era stato avvelenato con la diossina. Fu eletto presidente nel 2005.Indimenticabile poi la vicenda di Aleksander «Sasha» Litvinenko, dissidente russo, già agente dei servizi segreti, morto il 23 novembre del 2006, 23 giorni dopo aver bevuto un tè al polonio-210 all'Hotel Millenium di Londra, con il suo ex collega, la spia Andrei Lugovoi. Per il suo assassinio non si badò a spese: nella tazza di tè c'era abbastanza veleno da uccidere 100 persone, una dose da circa 30 milioni di euro. Il corpo di Litvinenko era talmente contaminato che gli anatomopatologi indossarono tute ermetiche e respiratori per difendersi dalle radiazioni. Walter Litvinenko, padre di Sasha, esclamò: «Mio figlio è stato ucciso da una piccola bomba nucleare». Stessa fine per i suoi connazionali Alexander Perepilichnyy, un matematico avvelenato da un cocktail di veleni, e Sergej Skripal, una spia russa che aveva disertato, avvelenata lo scorso marzo insieme alla figlia con il novichok, un agente nervino. Il multimilionario cinese Long Liyuan fu ucciso nel 2011 da un suo commensale, rivale in affari, che condì con il gelsemium, un'erba aromatica velenosa, il suo stufato di carne di gatto.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.
Nei riquadri, Letizia Martina prima e dopo il vaccino (IStock)
Letizia Martini, oggi ventiduenne, ha già sintomi in seguito alla prima dose, ma per fiducia nel sistema li sottovaluta. Con la seconda, la situazione precipita: a causa di una malattia neurologica certificata ora non cammina più.
«Io avevo 18 anni e stavo bene. Vivevo una vita normale. Mi allenavo. Ero in forma. Mi sono vaccinata ad agosto del 2021 e dieci giorni dopo la seconda dose ho iniziato a stare malissimo e da quel momento in poi sono peggiorata sempre di più. Adesso praticamente non riesco a fare più niente, riesco a stare in piedi a malapena qualche minuto e a fare qualche passo in casa, ma poi ho bisogno della sedia a rotelle, perché se mi sforzo mi vengono dolori lancinanti. Non riesco neppure ad asciugarmi i capelli perché le braccia non mi reggono…». Letizia Martini, di Rimini, oggi ha 22 anni e la vita rovinata a causa degli effetti collaterali neurologici del vaccino Pfizer. Già subito dopo la prima dose aveva avvertito i primi sintomi della malattia, che poi si è manifestata con violenza dopo la seconda puntura, tant’è che adesso Letizia è stata riconosciuta invalida all’80%.
Maria Rita Parsi critica la gestione del caso “famiglia nel bosco”: nessun pericolo reale per i bambini, scelta brusca e dannosa, sistema dei minori da ripensare profondamente.






