2018-11-14
Il terrorismo psicologico dei «salva Fornero»
In tv mi capita spesso di ascoltare racconti di persone che lavorano da una vita e, pur avendo versato 41 anni di contributi, non possono andare in pensione prima della fatidica soglia fissata da Elsa Fornero. Si tratta dei cosiddetti lavoratori precoci, i quali hanno raggiunto vette altissime di contribuzione, in quanto costretti da vicende familiari a lasciare gli studi per guadagnarsi da vivere. (...)Di solito sono uomini e donne che occupano posti umili, poco gratificanti ma quasi sempre molto pesanti. Ai miei occhi questi lavoratori la pensione non solo se la sono guadagnata, ma credo che anche se la siano meritata, in quanto a prescindere dalle aspettative di vita e dai calcoli attuariali, dopo oltre 40 anni di duro lavoro, una persona ha diritto di prendersi una pausa e di pensare un po' anche a sé stessa. Soprattutto se tutto ciò è messo a confronto con pensionati che se ne stanno comodamente a riposo e percepiscono un trattamento previdenziale nonostante non possano vantare una contribuzione che lo giustifichi.Già, perché tra le tante anomalie del sistema c'è proprio il fatto che in Italia ci siano figli e figliastri. Il problema è che i figliastri appartengono alla schiera di chi si è sacrificato di più e ciò nonostante lo Stato nei loro confronti non sente alcun obbligo, ma anzi si considera più impegnato a risolvere i problemi di coloro i quali hanno sudato di meno. Mi spiego. Uno dei fattori che nel corso degli anni mi ha sempre colpito in modo particolare è il fatto che su circa 16 milioni di pensionati ce ne sia almeno un quarto che la pensione la incassa senza averla guadagnata. Come spiega il professor Alberto Brambilla, un esperto di sistemi previdenziali, questi quattro milioni sono signori e signore che o non hanno mai lavorato o, nel caso lo abbiano fatto, non hanno versato i contributi, preferendo lavorare in nero ed evadere le tasse. E tuttavia questi signori ricevono regolarmente il loro assegno Inps, che certo non è tra i più congrui, ma neppure giustificato, dato che non è sorretto da contributi. Non solo: ci sono altri milioni di signori e signore che hanno versato un po' di contributi, ma di gran lunga meno di quelli che consentirebbero una pensione piena. Tuttavia, avendo raggiunto l'età per accedere al trattamento previdenziale, si sono ritirati pure loro ricevendo un vitalizio mensile.Ecco, a fronte di questa situazione, che certo non è frutto di decisioni prese da chi lavora regolarmente da 40 anni ma di scelte politiche e sindacali, come si può negare a persone con una contribuzione in regola di potersi mettere a riposo e ricevere parte di ciò che hanno versato? Io capisco tutti i bei discorsi sulle responsabilità nei confronti delle future generazioni e sul rispetto delle regole imposte dall'Unione europea. Ma queste nobili chiacchiere perché i politici e i sindacalisti, la Banca d'Italia e la Ue, non le vanno a fare anche a quelli che fino a ieri hanno mandato in pensione nonostante non avessero i contributi che potessero sorreggere il loro trattamento? Le attese di vita e i calcoli attuariali per loro non valevano? Eppure si sapeva che gonfiando di pre pensionati gli organici dell'Inps, presto il bilancio dell'ente sarebbe scoppiato. E si sapeva anche che se uno ha 50 anni, non tira le cuoia un paio d'anni dopo, ma in media ne campa altri 20, 30 e forse 40. Dunque? Dov'erano questi soloni che oggi negano ciò che prima consentivano senza troppi pensieri?Non solo. In questi giorni leggiamo che consentire alle persone di ritirarsi in anticipo dal lavoro costerebbe 13 miliardi l'anno e allo stesso tempo scopriamo che accettare l'uscita di scena per accedere alla pensione provocherebbe riduzioni dell'assegno Inps per percentuali che potrebbero anche raggiungere il 34 per cento. Fosse vero, i cari colleghi che si esercitano nel dipingere a tinte fosche il quadro previdenziale dovrebbero spiegarci come si faccia da un lato a spendere di più e dall'altro a risparmiare tantissimo. Una pensione ridotta è infatti per sempre, come il diamante. E dunque all'Inps costerebbe il 34 per cento in meno e se per caso il lavoratore ritiratosi venisse rimpiazzato in azienda da un giovane (cosa da non escludere), l'ente previdenziale avrebbe nuovi contributi e trattamenti ridotti.La verità però è che molto probabilmente non ci sarà un esodo in massa di dipendenti (e dunque neppure un costo di 13 miliardi) e neppure un taglio del 34 per cento (si tratta infatti di casi limite, come potete leggere qui sotto), anche perché al momento nessuno pare in grado di calcolare le cifre precise della riforma che il governo intende presentare. In compenso una cosa è certa: il terrorismo psicologico che alcuni giornali e molti burocrati stanno creando al fine di far naufragare la legge cambia Fornero.