2021-01-15
Il Tar della Lombardia suona la campanella ma le scuole aprono per dover richiudere
Irragionevole tira e molla e solito caos. I giudici bocciano la Dad la sentenza però sarà inapplicabile con la regione in zona rossaScuola chiuse, poi aperte, infine (forse) nuovamente chiuse. Se non fosse che in ballo c’è l’educazione dei nostri ragazzi ci sarebbe quasi da ridere. E invece le vicende che si stanno consumando in questi giorni, più che a una commedia, somigliano a una vera e propria tragedia. Facciamo un passo indietro: mercoledì il Tar della Lombardia aveva accolto il ricorso presentato dal comitato «A scuola!» contro la decisione della giunta di imporre la didattica a distanza al 100% per le scuole superiori. Uno stop alle lezioni in presenza imposto una settimana fa dal governatore Attilio Fontana, firmatario di un’ordinanza volta a inasprire la soglia della Dad al 50% prevista dal decreto legge varato il 5 gennaio dall’esecutivo. Alla base della scelta di chiudere gli istituti scolastici lombardi fino al 24 gennaio la situazione epidemiologica regionale, definita «in crescita» con un «inizio precoce in particolare nella fascia d’età 14-18, fascia che si caratterizza per significativa attività sociale e bassa manifestazione clinica di malattia». Da qui la necessità di «ridurre le possibilità di assembramento, limitando le occasioni di spostamento delle persone per attività didattiche in presenza».Una motivazione che il Tar della Lombardia ha ritenuto senza fondamento. Proprio in merito agli assembramenti, infatti, i togati fanno notare che «anziché intervenire su siffatto fenomeno, vieta radicalmente la didattica in presenza per le scuole di secondo grado». Principio condivisibile in astratto, ma la pratica è un altro paio di maniche. Nella sola città di Milano, infatti, si contano quasi 60 tra istituti superiori, tecnici, professionali, magistrali e licei. Presidiarli tutti per sciogliere i capannelli pare impresa davvero ardua.Quindi si torna tutti a scuola? Non è così facile, perché occorre rispettare quelli che il prefetto di Milano Renato Saccone e il direttore dell’Ufficio scolastico regionale Augusta Celada definiscono in una lettera inviata al Tar «tempi minimi insopprimibili» per riorganizzare il rientro dei ragazzi tra i banchi. Risultato: gli studenti lombardi potranno rientrare in classe rispettando la soglia del 50% in presenza, ma solo a partire da lunedì. Sulla ripartenza delle lezioni grava tuttavia una pesante incognita, dal momento che oggi è previsto il decreto del ministero della Salute che stabilisce le nuove fasce di rischio. E la probabilità che la Lombardia finisca in zona rossa è altissima. Se così fosse, la Dad tornerebbe al 100%, e la decisione del Tar risulterebbe di fatto inapplicabile. Un tira e molla che sta facendo disperare i dirigenti scolastici. «È una tristezza, la scuola non meritava di essere trattata così», ha dichiarato sconsolato Domenico Squillace, preside del liceo scientifico «Volta» di Milano: «Domani (oggi per chi legge, ndr) io dovrei riaprire il mio istituto, secondo quanto stabilito dal Tribunale amministrativo, ma so già che a breve dovrebbero arrivare indicazioni ufficiali da parte dell’Usr, che di comune accordo con la Prefettura e la Regione ha deciso di farci aprire lunedì». Nei primi giorni dell’anno, intervista da Repubblica, Squillace si era scagliato contro il «calendario mutante» previsto dal governo, e secondo il quale la percentuale in presenza avrebbe inizialmente dovuto essere del 50%, per poi salire al 75% la settimana successiva. «Siamo in un pandemonio, avrei rimandato le lezioni di qualche settimana, a inizio febbraio», sosteneva Squillace nell’intervista, «l’Italia ha chiuso le scuole più a lungo di tutti, ora che gli altri Paesi chiudono per assorbire l’effetto del Natale noi riapriamo».Un giudizio che mette in luce la totale mancanza di pianificazione da parte del governo. Anziché curare il rientro in sicurezza nelle aule da parte dei ragazzi, studiando con cura il delicatissimo tema dei trasporti, si è preferito sprecare l’estate a discettare di banchi a rotelle. Così, il mondo della scuola si è trascinato fino alle vacanze natalizie, senza una strategia efficace e soprattutto senza un ministro in grado di affrontare le criticità che di volta in volte le si presentavano davanti. Oggi il titolare dell’Istruzione solidarizza con i ragazzi che - giustamente - desiderano riprendersi il loro posto: tra i banchi, insieme ai compagni di scuola e di vita. Ma quando Lucia Azzolina sostiene che «la Dad non funziona più», chi dovrebbe incolpare di questo fallimento se non sé stessa?Altrove le cose vanno diversamente. Le scuole in Francia «restano aperte» nonostante l’inasprimento del coprifuoco, ha annunciato ieri il primo ministro Jean Castex, aggiungendo che è stato previsto «un rafforzamento del protocollo sanitario». E il ministro dell’Educazione, Jean-Michel Blanquer, ha affermato che «la Francia è fiera di essere stata finora il Paese in Europa che ha tenuto aperte le sue scuole più a lungo». Basterebbe copiare, ma forse il nostro governo non sa fare nemmeno quello.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)