2019-07-26
L’unica carta che l’Italia può giocarsi nella Difesa europea è quella navale
Caro direttore, negli ultimi due giorni La Verità ha concentrato l'attenzione su alcuni aspetti del nostro accordo in via di finalizzazione con il gruppo francese Naval group, tralasciando altre riflessioni che, fuor di polemica e confidando di trovare ospitalità sulle vostre colonne, desideriamo condividere con i vostri lettori. C'è un assunto imprescindibile dal quale è necessario partire: l'unica carta che l'Italia può ancora giocare al tavolo della Difesa europea - priorità questa non di Fincantieri, ma del Paese intero - è quella navale. In questo ambito possiamo svolgere un ruolo di aggregatore, a differenza di quanto avvenuto in altri segmenti della Difesa, dove abbiamo assistito da spettatori ad alleanze che altre nazioni hanno stretto nell'aeronautica, nell'avionica e nel terrestre.Mentre in Italia si discute da tempo se aderire o meno al programma britannico Tempest, come non ricordare quanto fatto da Dassault Aviation e Airbus (richiederebbe troppo tempo dibattere sul perché anni fa scegliemmo di non prendere parte alla sua costituzione), che hanno unito le loro forze per lo sviluppo e la produzione del nuovo caccia di sesta generazione che entro il 2035/2040 dovrebbe affiancare e rimpiazzare gli attuali aerei da combattimento Eurofighter e Rafale? E che dire dell'altra joint venture franco-tedesca, Knds, creata tra la Krauss-Maffei Wegmann e Nexter Defense Systems, produttrici rispettivamente dei carri armati Leopard e Leclerc, per sviluppare un nuovo carro armato europeo e il relativo sistema di tiro?Perché, quindi, storcere aprioristicamente il naso di fronte al lavoro che stiamo portando avanti con la Francia che, mentre aleggia la Brexit, assume ancor maggior peso specifico anche in virtù della sua deterrenza nucleare e del diritto di veto che vanta in seno all'Onu?Se qualcuno ritiene che si possa perdere questo treno lo dica apertamente, motivandone le ragioni. Noi, però, siamo convinti che questo in futuro significherebbe abdicare a un ruolo da protagonisti, costringendoci a rivolgerci ad altri come un semplice cliente. Quanto al tema dell'Atlantismo, ricordato negli articoli di cui si dibatte, crediamo che non sia corretto effettuare una contrapposizione tra Difesa europea e ruolo della Nato, in un momento in cui questa chiede ai propri membri di aumentare gli investimenti attraverso acquisti che favorirebbero la nostra industria nazionale. Nessuno vuole mettere in discussione la fedeltà agli Stati Uniti e la partecipazione dell'Italia alla Nato. Come gruppo con cantieri in America che costruiscono navi per la Us Navy non possiamo che riportarci a quanto espresso nel comunicato diramato a valle dell'ultima riunione del Consiglio Supremo di Difesa, tenutasi il 25 giugno scorso: «L'Alleanza Atlantica, l'Unione europea e le Nazioni Unite rappresentano i nostri riferimenti in materia di sicurezza e Difesa. L'Italia deve continuare ad operare nel loro ambito in maniera convinta ed efficace».
Dario Franceschini (Imagoeconomica)
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