2023-01-22
«Il rischio bomba sporca è reale». L’allarme dei generali a Italia e Nato
Leonardo Tricarico (Ansa)
Abbiamo rivolto cinque domande a tre super esperti sul conflitto e sull’atteggiamento del nostro governo. «L’atomica non è un’ipotesi, ordigni non convenzionali invece sì. Ma a questa guerra serve una scadenza».A quasi un anno dalla guerra in Ucraina, la situazione sul campo è sostanzialmente di stallo. Uno stallo che, però, potrebbe essere il preludio a una accelerazione improvvisa e a un profondo riassetto dello scenario non solo bellico, ma anche diplomatico e geopolitico. Abbiamo per questo deciso di interpellare tre esperti (il generale di squadra area, Leonardo Tricarico; il generale di corpo d’armata, Giorgio Battisti; e il generale di corpo d’armata Maurizio Boni) per raccogliere il loro punto di vista su cinque grandi quesiti che racchiudono il futuro dello scontro. A cominciare dall’atteggiamento del governo italiano sulla fine della guerra.1Per Tricarico, il nostro Paese «sembra appiattito nella scia di decisioni prese altrove. Una vera consultazione franca, come si suole dire, non c’è mai stata, la percezione è che il solo Draghi a suo tempo sia stato in grado di evocare con Biden l’ipotesi di un negoziato». «Il fatto che le riunioni non vengano convocate ricorrendo all’art. 4 del Trattato atlantico, che contempla le consultazioni in maniera esplicita, ma che gli Usa riuniscano un gruppo di 50 Paesi e dettino la linea la dice lunga sulla partecipazione e condivisione delle strategie». Per il già capo di Stato maggiore, quindi, «sarebbe necessario che si materializzasse un nuovo gruppo, magari con una testa di ponte iniziale Italia, Francia e Germania, che potesse mettere a punto una “posizione europea” da sottoporre alla più vasta platea Nato ed agli Usa in particolare». Linea condivisa dal generale di corpo d’armata Giorgio Battisti: «L’Italia è una dei dodici membri fondatori dell’Alleanza atlantica nel 1949 e, come tale, ritengo debba avere consapevolezza di questa storica scelta. L’Italia deve continuare a fornire equipaggiamenti e armamenti militari sulla base delle proprie disponibilità e delle prioritarie esigenze della difesa degli spazi e dei cieli nazionali». Per il generale di corpo d’armata Maurizio Boni invece «è indubbio che ci siano membri dello schieramento occidentale in favore della guerra a oltranza in grado di esercitare un’influenza significativa sullo sviluppo politico militare degli eventi e che sicuramente non vedono di buon occhio posizioni negoziali che penalizzino, anche minimamente, le aspettative di Kiev». D’altronde, aggiunge, «è proprio l’irriducibilità degli obiettivi politico strategici di Russia e Ucraina, e l’incapacità dei rispettivi strumenti militari di conseguirli, che ha reso impossibile sino a questo momento l’instaurazione di un processo negoziale significativo. Saranno le risorse (non solo militari) che ogni Paese europeo intenderà ancora spendere nel conflitto e i costi (anche politici) da sostenere, a determinare le future scelte. Da questo punto di vista, comincerei a prendere seriamente in considerazione un possibile limite, ipotesi che sarebbe certamente condivisa da molti alleati».2Sul fronte Donbass, Tricarico è netto: «Più che di riarmo parlerei di rimodulazione del complesso dei sistemi d’arma necessari per una nuova fase. Una fase in cui apparentemente Zelensky sarebbe intenzionato a tentare nuovi equilibri mediante la riconquista dei territori illegalmente annessi da Putin procedendo parallelamente ad un irrobustimento delle capacità di difesa aerea, anche in considerazione dell’apertura di un nuovo fronte, quello con la Bielorussia». A questo interrogativo Battisti ricorda come gli aiuti militari occidentali e di supporto nell’addestramento delle forze armate ucraine, che sono iniziati già nel 2014 dopo l’occupazione della Crimea, hanno visto diversi passaggi: «Inizialmente, a febbraio, sono stati forniti i missili controcarro (Javelin e Nlaw) e contraerei spalleggiabili (Stinger) per assicurare ai militari di Kiev la capacità di fermare l’avanzata russa; successivamente, in aprile, sono state inviate le artiglierie; a giugno sono arrivati progressivamente i lanciarazzi Himars e Mlrs con capacità di colpire in profondità, sino a 80 km, le retrovie russe creando sensibili problemi al sistema logistico moscovita. A ottobre sono stati forniti vari sistemi contraerei e contro-missili per ridurre gli effetti dell’inteso e quotidiano lancio di missili sulle infrastrutture critiche ucraine. Ora, dopo il meeting del 20 gennaio 2023 a Ramstein, gli occidentali provvederanno, con alcuni distinguo nazionali, a fornire mezzi corazzati di varia tipologia e capacità di fuoco, che dovrebbero consentire a Kiev quantomeno di contenere eventuali offensive russe». Boni ricorda come «il Donbass è la regione dove si sta concentrando maggiormente l’attenzione dell’opinione pubblica perché è il terreno di scontro al momento più visibile, ma ricordiamoci che il fronte è amplissimo». «Putin minaccia di utilizzare nuovamente il settore bielorusso settentrionale per colpire Kiev e l’amministrazione Biden risponde suggerendo agli ucraini di pianificare la riconquista della Crimea», spiega. «Molto probabilmente si tratta di ipotesi operative rese pubbliche per motivazioni di comunicazione strategica, ma il concetto è che sia i russi che gli ucraini stanno individuando i settori dove credono, rispettivamente, di conseguire i risultati più decisivi. In tale contesto, la conquista del Donbass rimane uno degli obiettivi prioritari di Mosca come per Kiev la sua liberazione».3Secondo Tricarico la rappresaglia di Mosca è una ipotesi lontana: «La bomba sporca ha una letalità di massa molto modesta. Diverso sarebbe l’uso di armamento nucleare. Una ipotesi sempre sullo sfondo che sembra provocare sempre meno preoccupazione, anche nell’opinione pubblica, pur non essendo mai tramontata. Significativo un recente sondaggio in cui gli intervistati collocano la guerra in Ucraina al quarto posto nella lista dei loro crucci». Battisti teme invece che la situazione possa sfuggire di mano: «A più riprese Putin ha fatto riferimento al possibile ricorso all’arma nucleare qualora la Russia fosse sul punto di essere sconfitta, a suo dire, dall’aggressione ucraina e occidentale. Qualora Putin intendesse ricorrere all’arma nucleare, è molto più plausibile che utilizzi una bomba cosiddetta “tattica” di contenuto effetto dell’esplosione: un’arma “di teatro” che avrebbe lo scopo d’influenzare direttamente la condotta di una manovra o l’esito di una battaglia». Per Boni, invece, «è molto difficile fare previsioni riguardanti aspetti che eccedono le ipotesi d’impiego dello strumento militare convenzionale nella sua totalità e complessità. Nel corso della storia militare moderna, almeno da quando l’energia nucleare per impieghi bellici ha cominciato ad essere considerata quale opzione operativa, la strategia militare non si è mai dovuta confrontare con questo dilemma. In ogni caso non trascurerei il possibile impiego delle armi chimiche».4Commenta Tricarico: «Non dobbiamo derogare di un millimetro dalla posizione di sostegno all’Ucraina, fino a quando questo sarà necessario. Al contempo andrebbe attivata una riflessione collettiva per individuare un end state condiviso, che definisca un aiuto all’Ucraina a tempo e condizioni determinati». Mentre Battisti ricorda come questo «deve scaturire da una decisione da concordare e condividere in ambito Nato, su un piano di pari autonomia decisionale, e deve tener conto sia delle disponibilità nazionali sia delle valutazioni circa il livello di capacità di difesa nazionale da mantenere sia delle esigenze ucraine. Sottolineo che, da un punto di vista meramente numerico e qualitativo, l’invio di armi italiane non è determinante per la condotta del conflitto ma, a mio avviso, è assolutamente opportuno per la credibilità e il rispetto della Nazione in ambito Nato guadagnati in 20 anni di missioni internazionali. L’invio delle armi dovrebbe continuare per consentire a Kiev di sostenere lo sforzo bellico ed eventualmente sedere al tavolo delle trattative da una posizione paritetica e, per quanto possibile, di prevalenza sul campo di battaglia». Sul tema Boni ritiene che «fino a quando il rapporto tra i costi delle forniture, in termini finanziari, politici e militari, e i benefici ottenuti sul campo di battaglia sarà giudicato soddisfacente per i sostenitori della causa di Kiev. Ma le risorse dell’Occidente non sono illimitate e sembra che Mosca stia già ricorrendo a forniture nordcoreane per accrescere le propria capacità di prolungare il conflitto».5Tricarico argomenta: «Particolarmente micidiale è l’abbinata intelligence ed armamento, missili o altro, di precisione. Se poi l’intelligence può contare su procedure di diramazione rapide e capillari e l’armamento è prontamente disponibile e mobile, si materializza una capacità di attacco difficilmente contrastabile». Battisti invece sottolinea come siano importanti tutti e due allo stesso modo per il diverso ma complementare impiego nel conflitto: «I carri armati servono sia come arma difensiva che offensiva a seconda del loro impiego, come hanno insegnato i tedeschi nella Seconda guerra mondiale. I missili servono per proteggere lo spazio aereo ucraino dal sistematico e pesante lancio di missili russi sulle infrastrutture critiche (strategiche) di Kiev, quali le centrali elettriche, gli snodi ferroviari, i depositi militari e centri di addestramento». A sua volta Boni nutre alcuni dubbi: «In questo momento, il potenziamento della difesa aerea di Kiev è fondamentale per la difesa del Paese mentre nutro delle perplessità sull’utilità dei carri armati non tanto per la natura di questo sistema d’arma che si è confermato senza dubbio quale protagonista di questa guerra moderna».