2022-08-21
Il rigoglioso bosco che fa compagnia a chi si riposa alle Terme di Valdieri
Lo stabilimento, nel cuore delle Alpi Marittime, è circondato da una faggeta che ospita diversi alberi ultrasecolari. Alcuni tronchi, compatti e robustissimi, raggiungono anche i tre metri di circonferenza.Gianna e sua sorella Edit amano andare alle terme. Non nei grandi complessi, preferiscono le piccole strutture, magari addirittura dimenticate, semiabbandonate, in evidente decadenza. C’è uno spirito che spesso alberga queste architetture liberty o simili, che reclama il rispetto della legge dura del tempo perso invano, di un dolce far niente che si viene a spendere in luoghi periferici, se non addirittura remoti. In estate e puntualmente nel mese di agosto, arriva la mattina nella quale loro due si alzano, preparano borse, costumi, teli e vettovaglie per attraversare le focose pianure interne della regione e arrivare alle pendici delle Alpi Marittime, nel Sud del Piemonte, laddove si risale a quasi 1.400 metri di altitudine. Tra vaste e ininterrotte foreste, subito dopo un ponticello, c’è una piccola stradina che si disegna tra il corso di un torrente che borbotta superando grandi rocce e un edificio lungo, alto tre piani. Inatteso, a questo punto del mondo. Di fronte si innalza il petto rocciuto di una montagna che sembra pronta a scrollarsi di dosso tonnellate di massi. Automobili parcheggiate ai lati della lingua d’asfalto e sembra esaurirsi in un parcheggio. Qui, prima di tre pennoni verde scuro che salgono oltre i trenta metri di altezza, ci sono le Terme Reali di Valdieri. Gianna è una persona tranquilla, ha avuto un marito, due figlie, già un nipote, Tommaso, il figlio della primogenita. Il marito è un appassionato ciclista che ogni fine settimana parte coi suoi colleghi e va da qualche parte a pedalare, forse anche per sentirsi ancora giovane, a suo modo. Lei invece odia tutto quel che è fatica - a suo dire assolutamente inutile! - e appena può ama distendersi in acque calde, ma anche in acque fredde, poco importa che sia il mare - rigorosamente fuori stagione per evitare certe «carnezzerie» - il lago, un fiume, una piscina pubblica o uno stabilimento termale. L’importante è poco rumore, poca gente, e le acque che accolgono. Valdieri è uno dei suoi posti del cuore, ha anche vagheggiato l’eventualità, semmai raggiungerà in salute l’età della pensione, di venire a stabilirsi qui, cercando magari una piccola abitazione, una baita per se stessa e le gatte, Tita e Fes. Il marito può anche restare in città, le figlie già sono altrove impegnate nelle loro cento vite nuove. Al contrario la sorella minore, Edit, ama la compagnia, è una chiacchierona, e infatti nelle ore passate qui sarà lei a concimare la distanza tra le loro persone con racconti dettagliatissimi di quel che le è accaduto al lavoro, dell’ultimo amico che ha avuto e poi lasciato, come fa quasi sempre, e di tante altre facezie di cui ritiene opportuno informarla. Lei la ascolta, è sua sorella, sangue del suo sangue.Gianna ama gli alberi, tra le mille cose che compongono la sua esistenza gli alberi sono quasi diventati dei totem spirituali, senza esagerare, non che li preghi o cose simili. Semplicemente li ammira, proprio per la loro fissità, per quel senso di stabilità e pace che le trasmettono. Un bosco ombroso cresce alle spalle dell’edificio delle terme reali: è una faggeta che ospita diversi esemplari ultrasecolari, con tronchi in taluni casi di circa 250-300 cm di circonferenza, ad occhio, cortecce lisce e grigie, compatte, robustissime. Dalla parte opposta, tra la stradella e il canyon del torrente altri faggi di dimensione analoga. Appeso come un enorme punto di domanda, sopra il parcheggio, invece un coriaceo frassino monumentale, mentre i tre soldati fronzuti che si scorgono al fondo del parcheggio sono sequoie dette giganti (Sequoiadendron giganteum), piantate probabilmente un secolo addietro, di cui una molto ampia anche alla base. Le acque che sgorgano dalle rocce sono state regimentate e indirizzate nelle vasche nella grotta sudatoria di cui i clienti possono giovare, sono solfuree, ipertermali, ottime per lenire infezioni cutanee e le vie respiratorie. Ci sono clienti di ogni età, e le lingue che frizzano nell’aria, oltre all’italiano e al piemontese, sono almeno per oggi il francese, il tedesco e l’inglese. Per fortuna si tratta di poche decine di persone, che a turni usufruiscono dei bagni all’aria aperta, con un cielo non di rado punteggiato di nubi che verso sera si infittiscono. Certo è un posto raccolto, non un richiamo di folle, ed è parte integrante, essenziale, del suo fascino. Nelle giornate di maggiore splendore, mentre sei immerso nella piscina con acque calde - 34 gradi centigradi - i tuoi occhi navigano in un azzurro abbacinante, le poche nuvole scavallano le vette d’attorno come ciclisti i valichi al Giro d’Italia o al Tour. Lassù, guadagnandosi il gran premio della montagna, c’è una fascia sommitale di roccia viva, aguzza, quasi ne senti il taglio sulla pelle, e subito sotto legioni rade di larici, tatuati dal sole. Quando invece le nubi avanzano si scorgono gli spettri delle cime, alberi che sembrano presagire un’ecatombe cinematografica da Alba dei morti viventi. E Gianna sorride, pensandoci, immagina le scene, un horror termale con effetti da quattro soldi. A seconda della direzione dei venti le nuvole possono veleggiare dal mare, verso il confine francese, al cuore della regione dove spesso si dissolvono. Tra i passanti, a ben guardare, si distinguono immediatamente i turisti dai camminatori: i primi sono spesso lenti e imbolsiti, i secondi snelli e scattanti; i primi sono come loro due, ospiti dell’hotel o in visita giornaliera, gli altri hanno un camper, o sono in qualche struttura poco distante, o ancora, si portano appresso vistosi bagagli appesi alle schiene, issati sulle spalle, a Gianna viene un esaurimento soltanto a guardarli. Da ragazza ogni tanto andava a camminare ma poi ha deciso che era già troppo. Quando si presenta la sera alcuni cerbiatti curiosi allungano il muso oltre le fronde, sbucano dal fitto bosco ombroso e vetusto che non lascia intravedere spiazzi, dedite alla conservazione del buio sottratto in parte alla notte; forse sono in cerca di cibo, o forse soltanto di attenzioni, prima di lanciarsi in nuove fughe in selva. E infatti gli ospiti si avvicinano, allungano il collo, scattano immancabili fotografie con i cellulari. Loro due restano in silenzio, dopo cena, la pancia sazia, la mente sgombra, i battiti dei cuori costanti, stanno qui, ad ascoltare il fiume che sembra diventare un maestoso Rio delle Amazzoni. Non sanno spiegarselo, ma è molto rassicurante potersi abbandonare allo sconosciuto che abita questi luoghi e che le ignora.