2019-09-09
Così l’estate diversa dei figli di Salvini e Grillo ha condizionato
il ribaltone
Mentre il giro sull'acquascooter della polizia del rampollo del leader leghista affollava tv e giornali, la notizia dell'accusa di stupro al giovane Ciro restava segreta. E intanto suo padre Beppe preparava l'inciucio con il Pd.Le estati parallele dei figli di Beppe Grillo e Matteo Salvini, Ciro e Federico, potrebbero diventare oggetto di studio per chi voglia provare a comprendere gli imponderabili meccanismi del giornalismo italiano e dei suoi scoop.Il 16 luglio scorso Ciro Grillo, figlio diciottenne del fondatore del Movimento 5 stelle, da tempo silente, partecipa a una notte brava con tre amici e ha un rapporto sessuale di gruppo con una coetanea milanese, che da lì a poco li accuserà di violenza. La storia ha il suo epicentro in Sardegna, tra Porto Cervo e Arzachena, ma non trova nessun cronista pronto a intercettarla, neppure quando passa dalla Costa Smeralda a Milano, dove, il 26 luglio, la giovane che avrebbe subito lo stupro presenta denuncia nella centralissima caserma dei carabinieri di via della Moscova. Ma i segugi del giornalismo nostrano sono tutti impegnati su un'altra spiaggia, a Milano Marittima, dove Salvini ha stabilito il suo buen retiro estivo.La concentrazione di cronisti produce una notizia bomba: il 30 luglio un video maker di Repubblica, Valerio Lo Muzio, riprende il figlio sedicenne dell'allora ministro dell'Interno, Federico, mentre monta a bordo di una moto d'acqua e fa un giro davanti alla spiaggia in compagnia di un poliziotto.Il giorno dopo La Repubblica titola in prima pagina: «Il figlio (di Salvini, ndr) sulla moto della polizia. Il ministro: “Errore di papà". Intimidazione degli agenti al videomaker di Repubblica». Tutto il Pd parte all'attacco, dalla neo ministra Paola De Micheli, a Emanuele Fiano a Maria Elena Boschi.Luigi Di Maio sembra prendere le distanze dall'alleato: «Salvini si è scusato. Spero che i poliziotti non paghino gli errori altrui». Il videomaker denuncia di essere stato ostacolato e intimidito da due uomini. I giornali fanno sapere che «la questura di Ravenna ha iniziato le verifiche operative per chiarire quanto avvenuto martedì scorso a Milano Marittima» e che «la Procura aspetta le relazioni della scorta».Il ministro dell'Interno, dal Papeete beach, dove si trova, dà segni di nervosismo. L'1 agosto, in conferenza stampa, risponde piccato al giornalista della Repubblica: «Vada a riprendere i bambini lei che è specializzato». Lo Muzio insiste e vuole sapere chi siano i due uomini che hanno intralciato il suo lavoro. La Repubblica prosegue la campagna anti Salvini e il 5 agosto ci fa sapere che il suo cronista è stato «ascoltato dalla Digos». Lo stesso giorno il capo della polizia Franco Gabrielli ridimensiona la questione dell'acquascooter, ma aggiunge: «Mi preoccupa di più, e ho chiesto un approfondimento, quando c'è una limitazione al diritto di cronaca». Il responsabile del Viminale replica: «Non vedo rischi per la libertà di stampa in Italia, onestamente».Il 6 agosto il ministro dell'Ambiente Sergio Costa in un'intervista al sito Fanpage dichiara: «La vicenda del figlio di Salvini su una moto d'acqua della polizia a Milano Marittima configura un reato che è sanzionato, attenzione non sanzionabile, ma sanzionato». Salvini è sempre più spazientito: «Agli insulti e alle sciocchezze del Pd sono abituato, se ci si mettono anche quelli che dovrebbero essere “alleati" la pazienza finisce». E infatti dopo 36 ore si esaurisce per davvero. L'8 agosto il leader della Lega apre la crisi di governo. Nei giorni successivi tenta una timida retromarcia e lancia segnali distensivi ai vecchi compagni di maggioranza. Casaleggio e Di Maio non sembrano chiudere la porta, ma il 18 agosto Grillo convoca gli stati maggiori del movimento nella sua villa di Marina di Bibbona. Il fondatore dà l'impressione di voler far sapere al mondo che a comandare è ancora lui. Alla fine del summit viene diramata una nota che recita: «Tutti i presenti si sono ritrovati compatti nel definire Salvini un interlocutore non più credibile […], inaffidabile». È l'addio definitivo. Per i giornali «Grillo convince i big e vuole un contratto con i democratici».Il 22 agosto dalla Procura di Ravenna trapela la notizia dell'apertura di un fascicolo contro ignoti sull'episodio dell'acquascooter. Le ipotesi di reato sono il peculato e la tentata violenza privata per le presunte minacce al videomaker. Ma se Salvini è ufficialmente sulla graticola, nessuno sa ancora che sono in corso indagini per stupro nei confronti del pargolo del padre nobile del nascente gabinetto giallorosso.Il 27 agosto Grillo, tra il serio e il faceto, fa sapere di aver «incontrato Dio». Il quale gli avrebbe affidato questa missione: «Ora, faccia rientrare i vaffanculi signor Giuseppe, lasci che il mondo torni alle sue piccole diplomatiche faccende […]. Li lasci lì senza un linguaggio: che la Babele si scateni!». È un invito a 5 stelle e piddini a trattare.Il 29 agosto, mentre il comico conferisce con Dio e con i capi del Movimento, i carabinieri bussano alla porta della sua villa di Bibbona, dove si trova in vacanza il figlio Ciro. I militari, su disposizione della Procura di Tempio, sono lì per eseguire un decreto di sequestro del cellulare del ragazzo. Contestualmente viene notificato ai quattro indagati (gli altri tre si trovano a Genova) l'avviso di garanzia.Passano poche ore e sabato 31 agosto il garante dei 5 stelle pubblica un altro video, in cui prende per la giacchetta Di Maio, che con la sua melina sta rallentando la nascita del nuovo governo: «Voglio che vi sediate a un tavolo a parlare di queste cose, e invece ci abbrutiamo con scalette… il posto lo do a chi... i 10 punti, i 20 punti (tutte frecciate a Di Maio, ndr)... Basta, basta, io mi rivolgo al Pd, alla base dei ragazzi del Pd. Sarete contenti, è il vostro momento questo. È il vostro momento. Abbiamo un'occasione unica, Dio mio unica, non si riproporrà più un'altra occasione così. Allora cerchiamo di compattare i pensieri, di sognare a 10 anni…».Grillo chiude il collegamento sfiancato: «Basta, sono esausto». Forse le disavventure del figlio stanno contribuendo a quella stanchezza. I suoi sette minuti di monologo vengono interpretati dai giornali «come la benedizione al futuro governo giallorosso». Domenica 1 settembre i quattro indagati ricevono la convocazione per l'interrogatorio del giovedì successivo. Dopo quella data sarà difficile tenere nascosta la notizia. Il 2 settembre l'«Elevato» ribadisce la sua linea in una lettera al Fatto Quotidiano e il Corriere della Sera svela le «pressioni di Grillo sul passo indietro» di Di Maio. In tutta fretta viene organizzata la consultazione degli attivisti sulla piattaforma Rousseau. Il voto del 3 settembre è un plebiscito a favore del nuovo governo, con il 79% di suffragi positivi. Il giorno successivo viene ufficializzata la lista dei ministri e gli unici confermati al loro posto sono Costa (quello dell'attacco frontale sulla questione moto d'acqua) e Alfonso Bonafede, il Guardasigilli. Con certi chiari di luna è meglio avere un ministro della Giustizia non ostile, deve aver pensato qualcuno. Il 5 settembre Ciro e i suoi tre coindagati vengono interrogati dagli inquirenti sardi. Contemporaneamente i membri del nuovo governo salgono al Quirinale per giurare. La corsa contro il tempo è finita. Ormai il Conte bis è fatto. Il 6 settembre la notizia dell'indagine per violenza sessuale può essere pubblicata sulla Stampa e sul Secolo XIX. Federico Salvini e la moto d'acqua non interessano più nessuno.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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