2018-06-11
Esma e Eba criticano l'estensione delle norme sul default ai piccoli detentori di bond: si crea un inutile rischio sistemico. A fine mese il governo tratterà sull'unione bancaria, prenda spunto dal nuovo approccio.Il 27 e il 28 giugno a Bruxelles si terrà l'incontro decisivo per l'unione bancaria. Molti governi insistono perché vi sia una sufficiente riduzione dei rischi nei bilanci bancari prima di accettare che questi stessi rischi vengano condivisi in modo equo da tutte le piazze finanziarie del Vecchio continente. Viceversa, l'Italia e altri governi del club Med pensano che i conti bancari siano stati stressati fin troppo. In gennaio i ministri delle Finanze si sono accordati per mettere a punto un processo a tappe nel quale sia possibile misurare i progressi già fatti e quelli ancora da compiere. Dentro l'agenda ci sarà il passaggio di consegne effettivo alla vigilanza della Bce e, al tempo stesso, saranno discusse le nuove norme sulla gestione delle sofferenze e, soprattutto, degli Utp, unlikely to pay, cioè gli incagli. Per non parlare dell'applicazione definitiva del bail in. La norma è stata approvata in fretta e furia dal Parlamento italiano a dicembre del 2015, dando via a un dibattito che ancora non è scemato visto che pure l'Abi (anche se a buoi scappati) ha sollevato dubbi e perplessità a posteriori. In vista dell'incontro decisivo i vari partner Ue a cominciare dall'Italia farebbero bene a leggersi il paper pubblicato lo scorso 30 maggio dall'Esma e dall'Eba. Rispettivamente l'autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati e l'autorità bancaria europea hanno diffuso 27 pagine in grado potenzialmente di sconvolgere nuovamente il panorama del risparmio europeo. Il documento è zeppo di dubbi sull'estensione della pratica del bail in (in caso di crac bancari gli investitori e i risparmiatori rispondono con il loro capitale) alle obbligazioni detenute dai singoli cittadini dal comparto retail. Per una serie di motivi. Primo la disinformazione. Per l'Esma gran parte dei sottoscrittori non sono stati realmente informati dei rischi. Ovvero nel momento in cui un prodotto veniva venduto allo sportello, avrebbe necessitato di una postilla per spiegare che in futuro il capitale sottostante non sarebbe più stato garantito al 100%. L'altro dubbio fa venire un po' da ridere se non ci fossero stati così tanti miliardi finiti in fumo soltanto in Italia. Le due autorità si accorgono solo ora che applicare il bail in anche alle obbligazioni retail è distorsivo del mercato. Ammettiamo che non ci voleva un genio per arrivare a tali conclusioni, è sufficiente aver letto la stampa italiana a partire dal 2015 in avanti. «Da questa constatazione segue l'indicazione più innovativa del documento», spiega pure lavoce.info: le autorità chiamate ad applicare la Brrd (direttiva sui salvataggi bancari) dovrebbero seriamente considerare la possibilità di esentare dal bail in gli investitori al dettaglio in obbligazioni.Per essere efficace, l'esenzione dovrebbe essere prevista nei cosiddetti piani di risoluzione, che sono una sorta di testamento in cui si delinea come dovrebbe essere gestita una situazione di crisi, tale da condurre potenzialmente al bail in dei creditori. Il consiglio europeo del prossimo 27 e 28 giugno è proprio il tavolo ideale su cui sventolare questi dubbi. Soprattutto se il governo in qualche modo volesse applicare quanto scritto a pagina 31 del contratto firmato tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio, proprio là dove si prende l' impegno di rivedere le norme sul bail in. I tempi, per di più, sono stretti prima che l'unione bancaria si sigilli del tutto. Il Single resolution board sta predisponendo questi piani per ciascuna banca europea che rientra sotto il suo controllo: tutte le big, esclusi dunque i piccoli istituti. «Si spera che Srb e autorità di risoluzione nazionale accolgano l'invito di Eba ed Esma», aggiunge lavoce.info. Per agevolare il loro compito, occorre che il nuovo requisito relativo alle passività (Minimum requirement on eligible liabilities) da aggredire in caso di bail in sia introdotto in modo coerente con il suggerimento delle due autorità: in pratica, «venga soddisfatto mediante obbligazioni (subordinate e non-preferred senior) detenute da investitori istituzionali, oltreché con azioni». In Europa, i bond bancari detenuti dagli investitori al dettaglio sono molti: 262 miliardi di euro, di cui 50 sono titoli subordinati. La metà delle obbligazioni bancarie è concentrata in Italia (132 miliardi): una ventina sono subordinati. Tedeschi, francesi, austriaci, spagnoli, inglesi e olandesi tutti assieme non correvano e non corrono i nostri rischi e, a posteriori, le domande che sorgono spontanee sono due. Matteo Renzi è consapevole della mina che ha innescato? Le autorità Ue si accorgono solo ora che applicare il bail ai piccoli risparmiatori avrebbe creato contagio sistemico? Dopo più di 3 miliardi perduti in bond subordinati e 20 miliardi pubblici stanziati per tappare i buchi.
Ranieri Guerra (Imagoeconomica). Nel riquadro, Cristiana Salvi
Nelle carte di Zambon alla Procura gli scambi di opinioni tra i funzionari Cristiana Salvi e Ranieri Guerra: «Mitighiamo le critiche, Roma deve rifinanziare il nostro centro a Venezia e non vogliamo contrattacchi».
Un rapporto tecnico, destinato a spiegare al mondo come l’Italia aveva reagito alla pandemia da Covid 19, si è trasformato in un dossier da riscrivere per «mitigare le parti più problematiche». Le correzioni da apportare misurano la distanza tra ciò che l’Organizzazione mondiale della sanità dovrebbe essere e ciò che era diventata: un organismo che, di fronte a una crisi globale, ha scelto la prudenza diplomatica invece della verità. A leggere i documenti depositati alla Procura di Bergamo da Francesco Zambon, funzionario senior per le emergenze sanitarie dell’Ufficio regionale per l’Europa dell’Oms, il confine tra verità scientifica e volontà politica è stato superato.
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L’annuncio per un’abitazione a Roma. La padrona di casa: «Non dovete polemizzare».
La teoria di origine statunitense della «discriminazione positiva» ha almeno questo di buono: è chiara e limpida nei suoi intenti non egualitari, un po’ come le quote rosa o il bagno (solo) per trans. Ma se non si fa attenzione, ci vuole un attimo affinché la presunta e buonista «inclusione» si trasformi in una clava che esclude e mortifica qualcuno di «meno gradito».
Su Facebook, la piattaforma di Mark Zuckerberg che ha fatto dell’inclusività uno dei principali «valori della community», è appena apparso un post che rappresenta al meglio l’ipocrisia in salsa arcobaleno.
In Svizzera vengono tolti i «pissoir». L’obiettivo dei progressisti è quello di creare dei bagni gender free nelle scuole pubbliche. Nella provincia autonoma di Bolzano, pubblicato un vademecum inclusivo: non si potrà più dire cuoco, ma solamente chef.
La mozione non poteva che arrivare dai Verdi, sempre meno occupati a difendere l’ambiente (e quest’ultimo ringrazia) e sempre più impegnati in battaglie superflue. Sono stati loro a proporre al comune svizzero di Burgdorf, nel Canton Berna, di eliminare gli orinatoi dalle scuole. Per questioni igieniche, ovviamente, anche se i bidelli hanno spiegato che questo tipo di servizi richiede minor manutenzione e lavoro di pulizia. Ma anche perché giudicati troppo «maschilisti». Quella porcellana appesa al muro, con quei ragazzi a gambe aperte per i propri bisogni, faceva davvero rabbrividire la sinistra svizzera. Secondo la rappresentante dei Verdi, Vicky Müller, i bagni senza orinatoi sarebbero più puliti, anche se un’indagine (sì il Comune svizzero ha fatto anche questo) diceva il contrario.






