
Fanno discutere le idee di Anastasio, il vincitore della gara canora, che sui social segue Matteo Salvini, Donald Trump e Casa Pound. E lui non si tira indietro: «Sono un libero pensatore. Oggi i progressisti sono diventati liberisti, i lavoratori li difende la destra».Chissà se Gino Castaldo di Repubblica ha compiuto un lapsus inconsapevole quando ieri, sulle colonne del quotidiano diretto da Mario Calabresi, ha elogiato in modo entusiastico Anastasio, il rapper che ha vinto l'ultima edizione di X Factor. Già, perché il giornalista e critico musicale non solo ha dichiarato in modo netto che «per una volta ha vinto il migliore, e su questo ci sarà poco da discutere», ma ha anche insistito su un altro aspetto che, col senno del poi, appare involontariamente ironico. Castaldo ha infatti scritto che con Anastasio «ha vinto il rap, ha vinto una visione rabbiosa e apocalittica di un giudizio universale che si sgretola in coriandoli e cade sulla folla danzante. Ha vinto per una volta la voglia di qualcosa che perlomeno possa “sembrare" più autentico, qualcosa da toccare, da vivere sulla pelle, qualcosa da sentire come un pezzo di realtà». Ancora: «Ha vinto la rappresentazione del vero», quella che ha evitato il rischio tipico dei talent show, ovvero «uscire dal tempo, staccarsi troppo dalla realtà». E chissà, appunto, se Castaldo era già a conoscenza, quando scriveva queste righe, delle simpatie politiche social dell'artista che andavano emergendo, alla luce delle quali quella «autenticità» e quella «realtà» riconosciute nel rapper assomigliano proprio a quella concretezza e a quella vicinanza ai problemi della gente che determinano il successo politico di certi «populisti» e lo scacco di certa sinistra, rappresentata proprio da Repubblica. La quale, quindi, ha (senza accorgersene?) in buona sostanza elogiato Anastasio proprio per il fatto di non essere un radical chic come quelli di Repubblica. Ma facciamo un passo indietro. Poche ore prima della finale del talent poi vinto dal rapper, infatti, in rete era partito il tam tam: Anastasio ha un profilo Facebook privato in cui pubblica contenuti «populisti». Il sito Noisey riassumeva così: «Il profilo attribuito a Marco Anastasio ha like a Salvini, Trump e Casa Pound, sembra essere garantista per Weinstein» (si noti il garantismo come capo d'accusa). E poi chiosava: «Non è un crimine ma è sicuramente una variabile da prendere in considerazione prima di decidere se ascoltare la sua musica e supportarlo nella sua carriera artistica». Il messaggio, vagamente minaccioso, era chiaro: sembra che sia di destra, boicottiamolo. La campagna si è tuttavia rivelata un boomerang. In una fase in cui il leader della Lega mantiene comunque un altissimo consenso fra gli italiani, in effetti, l'idea di rendere qualcuno impopolare accostandolo a Matteo Salvini non sembra esattamente brillante. La chiamata alle armi è tuttavia restata timida fino a che non si è compreso se il profilo social in questione appartenesse effettivamente ad Anastasio (nome per esteso: Marco Anastasio, originario di Meta, nella penisola sorrentina, nato nel 1997). La speranza, si sa, è l'ultima a morire. Metti un'omonimia, un mitomane, un fake. Metti che spunta una tessera del Pd a salvare il buon nome delle istituzioni, una giovanile frequentazione di qualche centro sociale, uno zio sindacalista, un nonno partigiano. E invece, seconda piacevole sorpresa «sovranista», Anastasio, a domanda diretta, ha confermato che il profilo è il suo. E, pur senza sbilanciarsi, ha anche tenuto il punto: «Sono un libero pensatore», ha detto, «non credo che siano opinioni additabili come fascismo. I like li ho messi perché sono articoli che ho letto, mi piace tenermi informato», ha spiegato nel corso della conferenza stampa all'indomani della vittoria. E ha continuato: «C'è un caos politico completo, basta parlare ancora di comunismo e fascismo. Ormai la destra fa la sinistra e viceversa. La destra oggi difende i lavoratori, la sinistra è diventata liberista, è un casino. Ho opinioni su fatti di cronaca a volte da una parte e a volte dall'altra, non mi sento di etichettarmi. Se uno dice una cosa giusta la condivido, che sia Salvini o Renzi. Guardo cosa si dice, non chi lo dice». E il like a Donald Trump? «È il presidente degli Stati Uniti, mi sembra interessante sapere cosa pensa. Nelle scorse elezioni ho visto un afflato della destra e mi sono interessato. Ma se vuole saperlo ho votato scheda bianca». A chi gli contesta che in una delle sue canzoni, Un adolescente, un verso recita «Nel cesso ho disegnato un'altra svastica», lui ribatte: «Parlo di un adolescente che fa ragazzate, non è una cosa mia, parlo di me ma come di tanti altri adolescenti casinisti. Quel testo parla della goliardata di un adolescente che disegna una svastica e non sa cosa sta facendo, non lo fa perché è nazista. Ma scusi, le svastiche nei cessi delle scuole le fanno i nazisti? Quello è un brano che parla del proibito, cui è stata data una interpretazione sbagliata». Non un passo indietro, quindi. Certo, c'è la (giusta) volontà di scrollarsi di dosso etichette impegnative e fuorvianti, come quella di «fascista», c'è la voglia di rifiutare le «strumentalizzazioni», anche da destra, come chiaruito ieri, ma non la voglia di compiacere le idee «giuste» o di arruffianarsi la critica benpensante. «Qualcosa da sentire come un pezzo di realtà», diceva Repubblica. Anastasio li ha accontentati subito, dicendo che la sinistra è liberista e la destra difende i lavoratori. Più reale di così.
Gattuso e la Nazionale lasciano San SIro al termine del match perso per 4-1 contro la Norvegia (Ansa)
Necessarie misure serie: una quota per gli extracomunitari e almeno cinque azzurri in campo di norma. L’ennesimo Mondiale è a rischio, Gravina si prenda la responsabilità. E i settori giovanili vanno ripensati.
Questo non è un pezzo nostalgico anzi è un pezzo che guarda al futuro perché mi sono semplicemente rotto le scatole di una Nazionale scialba, viziata e perdente. E - chiedo scusa a Gattuso perché adesso tocca a lui fare da parafulmine - mi innervosiscono quelle dichiarazioni stupidamente ottimiste del tipo: «Bisogna ripartire dai primi 45 minuti», perché durante il primo tempo la Norvegia era in modalità «turismo»; quando si è svegliata ci ha preso a pallonate.
(Arma dei Carabinieri)
I Carabinieri del Comando Provinciale di Vicenza hanno portato a termine l'operazione «Marshall». Arrestati 20 cittadini di nazionalità nigeriana gravemente indiziati di appartenere a un gruppo criminale transnazionale dedito al traffico di cocaina ed eroina.
L’organizzazione era strutturata per assicurare un costante approvvigionamento e una capillare distribuzione della droga nelle principali piazze di spaccio del capoluogo e della provincia, oltre che in Veneto e Lombardia. Il canale di rifornimento, rimasto invariato per l’intero periodo dell’indagine, si trovava in Olanda, mentre la gestione dei contatti e degli accordi per l’invio della droga in Italia era affidata al capo dell'organizzazione, individuato nel corso dell’attività investigativa. L’importazione della droga dai Paesi Bassi verso l’Italia avveniva attraverso corrieri ovulatori (o “body packer”) i quali, previa ingestione degli ovuli contenenti lo stupefacente, raggiungevano il territorio nazionale passando dalla Francia e attraversando la frontiera di Ventimiglia a bordo di treni passeggeri.
Lo schema operativo si ripeteva con regolarità, secondo una cadenza settimanale: ogni corriere trasportava circa 1 chilogrammo di droga (cocaina o eroina), suddiviso in ovuli termosaldati del peso di circa 11 grammi ciascuno. Su ogni ovulo era impressa, con pennarello, una sigla identificativa dell’acquirente finale, elemento che ha permesso di tracciare la rete di distribuzione locale. Tutti i soggetti interessati dal provvedimento cautelare risultano coinvolti, a vario titolo, nella redistribuzione dello stupefacente destinato alle piazze di spaccio cittadine.
Dopo due anni di indagini, i Carabinieri sono stati in grado di ricostruire tutta la filiera del traffico di stupefacenti: dal fornitore olandese al promotore che in Italia coordinava la distribuzione alla rete di corrieri che trasportavano la droga in ovuli fino ai distributori locali incaricati dello spaccio al dettaglio.
Nel corso delle indagini è stato inoltre possibile decodificare il linguaggio in codice utilizzato dagli indagati nelle loro comunicazioni: il termine «Top» era riferito alla cocaina, «Spa» all’eroina, «Pantaloncino»alle dosi da 5grammi, mentre «Fogli di caramelle» si riferiva al contante. Il sequestro di quaderni contabili ha documentato incassi giornalieri e movimentazioni di denaro riconducibili a un importante giro d’affari, con pagamenti effettuati tramite bonifici internazionali verso conti correnti nigeriani per importi di decine di migliaia di euro.
Il Gip del Tribunale di Venezia ha disposto la custodia cautelare in carcere per tutti i venti indagati, evidenziando la «pericolosa professionalità» del gruppo e il concreto rischio di fuga, considerati anche i numerosi precedenti specifici a carico di alcuni appartenenti all’organizzazione.
L’esecuzione dei provvedimenti restrittivi e delle perquisizioni è stata condotta con il concorso di Carabinieri di rinforzo provenienti da tutti i Comandi Provinciali del Veneto, con il supporto dei Reparti Mobili e Speciali dell’Arma, delle Unità Cinofile Antidroga e del Nucleo Elicotteri Carabinieri, che hanno garantito la copertura aerea durante le operazioni.
L’Operazione «Marshall» rappresenta un importante risultato dell’attività di contrasto al narcotraffico internazionale e alle organizzazioni criminali transnazionali, confermando l’impegno costante dell’Arma dei Carabinieri nel presidio del territorio e nella tutela della collettività.
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Gli operai di Prato protestavano per le condizioni di lavoro nel distretto del fast fashion.
La donna cinese, che sta lì davanti ai capannoni con i capi, a un certo punto urla preoccupata: «Quella no, quella è polizia!». Troppo tardi. L’agente della Digos in borghese è stata scaraventata a terra da una squadretta di padroncini cinesi del Consorzio Euroingro di Prato, impegnata in una spedizione punitiva ai danni di un gruppo operai pakistani che stanno manifestando pacificamente contro le condizioni di lavoro da semi-schiavitù. Due i poliziotti feriti. In serata, la Procura di Prato ferma tre cittadini cinesi, accusati di resistenza a pubblico cinese e lesioni, ma le indagini sono ancora in corso e la polizia sta identificando uno a uno tutti i partecipanti al blitz.
Sul cartello c'è scritto: «Per il futuro dei nostri bambini» (Getty)
Il colosso tedesco manderà a casa 35.000 lavoratori entro il 2035. Stellantis chiede pietà a Ursula von der Leyen. Salta la gigafactory di Termoli?
La politica green di Bruxelles continua a mietere vittime nell’industria dell’auto. In attesa del piano sul settore che sarà presentato dalla Commissione europea, il prossimo 10 dicembre, si allunga il bollettino dei caduti sotto i colpi della crisi. Da questo appuntamento non ci si attende uno stravolgimento delle scadenze per l’elettrificazione dell’industria dell’automotive, con la data ultima del 2035 ancora segnata sul calendario di Bruxelles e considerata incontestabile, ma alcuni aggiustamenti.






