2020-10-22
Il prof Paty è stato venduto al boia per 300 euro da due alunni di 14 anni
La Procura anti terrorismo francese svela i dettagli dell'esecuzione islamica. Confermata la premeditazione ma soprattutto la collusione di alcuni genitori e studenti. Questi ultimi l'hanno indicato al killer dietro pagamento.Gli scandali del figlio inseguono il candidato democratico. Pure l'Fbi nega la mano russa dietro le mail. L'attacco di Giuliani: «Nel suo pc chat con ragazzine». Stasera il duello tvLo speciale contiene due articoliSette persone dovranno comparire davanti ad giudice della procura antiterrorismo per aver ispirato o aiutato Abdoullakh Anzorov, l'assassino di Samuel Paty, a pianificarne l'atroce decapitazione. Nove altre sono state invece prosciolte da tutte le accuse. Alla luce delle informazioni fornite ieri, in conferenza stampa, dal capo della procura antiterrorismo, Jean-François Ricard, sembra chiaro che non si possa parlare dell'atto di un «lupo solitario» o di uno «squilibrato», come spesso è accaduto in occasione di altri attentati.I sette sono accusati di «concorso in omicidio legato ad un'impresa terroristica», «concorso in tentato omicidio di una persona depositaria di pubblica autorità, legato ad una impresa terroristica» e «associazione terroristica per compiere crimini contro le persone». Basandosi sulle rivelazioni di Ricard, si possono raggruppare i sospetti in tre gruppi distinti. Il primo è quello dei complici logistici: le persone che, in un modo o nell'altro, hanno aiutato il boia ceceno Anzorov. Tra questi figurano due minori di 14 e 15 anni che frequentano la scuola media in cui lavorava il professore ammazzato. I ragazzini avrebbero ricevuto 300-350 euro dal terrorista, in cambio di un aiuto ad identificare Paty all'uscita della scuola. L'assassino avrebbe detto loro di voler «umiliare e picchiare» il professore obbligandolo a «chiedere perdono» per aver mostrato le caricature di Maometto pubblicate da Charlie Hebdo. Il procuratore ha sottolineato che l'identificazione fisica della vittima è stata resa possibile proprio dall'«intervento degli studenti». Per la prima volta, dunque, in Francia dei minori si trovano direttamente coinvolti nell'organizzazione di un attentato terroristico. Gli altri tre individui accusati di complicità con il macellaio islamista - ha spiegato ancora Ricard - avrebbero avuto un ruolo di supporto nella preparazione dell'attentato. Del primo, si conoscono nome ed età: Azim E. 19 anni. Lui e il secondo sospetto sarebbero stati amici di Anzorov. Il giorno prima della mattanza, sarebbero andati con il boia ceceno in una coltelleria per acquistare l'arma e una pistola da softball, poi ritrovate sulla scena della decapitazione. Il secondo individuo, un diciottenne, avrebbe anche dato un passaggio in macchina al terrorista.Due delle sette persone fermate, sono sospettate di aver avuto un ruolo da «mandanti». Si tratta di Brahim Chnina e di Abdelhakim Sefrioui. Il primo è il genitore di una studentessa della scuola in cui insegnava Paty e che, qualche giorno prima dell'assassinio, ha postato un video sul proprio profilo Facebook, nel quale attaccava il docente definendolo un «voyou», cioè un poco di buono. Il secondo è un imam autoproclamato, ben noto alle forze dell'ordine d'Oltralpe perché è un fiché S, significa che è schedato in quanto rappresenta una potenziale minaccia per la sicurezza nazionale. Di lui, il procuratore antiterrorismo ha ricordato la militanza pro Hamas. Ricard ha anche confermato definitivamente che, nei giorni precedenti al massacro del professore di storia, Chnina ha comunicato via whatsapp con Anzorov. Per il procuratore inoltre, il terrorista «si è ispirato direttamente ai messaggi di Chnina».Il capo dei giudici antiterrorismo ha anche smentito la tesi sostenuta da Chnina sulla presunta esclusione della propria figlia, decisa da Paty, dalla lezione sulla libertà d'espressione. In effetti, la ragazzina non ha mai partecipato al corso su questa libertà fondamentale, tenuto dal docente ucciso.E mentre a Parigi continuava l'indagine sulla decapitazione di Samuel Paty, a Brest, in Bretagna, la direzione generale della sicurezza interna (Dgsi) ha compiuto un'operazione antiterrorismo. Come riportato dal quotidiano locale Le Télégramme; lunedì sono state fermate sette persone. Tra di loro figurano vari schedati come potenziali minacce alla sicurezza nazionale ed sono noti perché vicini all'islamismo radicale. Gli inquirenti non hanno comunicato troppo sull'operazione ma, secondo il settimanale L'Express, il nome di Wahid B. figurerebbe tra quelli dei sospetti. L'uomo avrebbe tentato di raggiungere la Siria nel 2014. Il raid di Brest, avrebbe permesso di fermare anche un liceale sedicenne che, sempre per il settimanale, sarebbe il figlio di un commerciante della cittadina bretone, che per diversi anni è stato vicino all'ex imam di Brest, Rachid Eljav. Quest'ultimo, qualche anno fa, era balzato alle cronache per delle prediche come quella in cui affermava che i bambini che ascoltano musica si trasformerebbero «in scimmie o porci». Per L'Express, gli inquirenti sospettano i sette fermati di partecipare ad un progetto di un'azione violenta in Francia e ad un piano per raggiungere l'Iraq o la Siria.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-prof-paty-e-stato-venduto-al-boia-per-300-euro-da-due-alunni-di-14-anni-2648430044.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="su-biden-jr-anche-lombra-sexgate" data-post-id="2648430044" data-published-at="1603305217" data-use-pagination="False"> Su Biden jr anche l’ombra sexgate A quasi due settimane dalle presidenziali novembrine, non si placano le polemiche sul figlio di Joe Biden, Hunter. Secondo quanto riportato ieri da Fox News, l'Fbi risulterebbe attualmente in possesso del laptop in cui sarebbero contenute le email dedicate a suoi opachi affari in Cina e in Ucraina. Lo avrebbero riferito due funzionari dell'amministrazione americana. Alla base di tutto, gli scoop del New York Post, che hanno pubblicato documenti secondo cui l'attuale candidato dem, da vicepresidente, potrebbe essersi macchiato di conflitto di interessi proprio a causa di suo figlio. Donald Trump sta continuando ad andare all'attacco. Non solo è tornato a definire ieri il rivale su Twitter un «politico corrotto», ma ha chiesto anche al ministro della Giustizia, Bill Barr, di aprire un'inchiesta sulla sua famiglia. Su tale fronte ha tuttavia gettato parzialmente acqua sul fuoco ieri il capo dello staff della Casa Bianca, Mark Meadows, lasciando intendere che un'indagine non sia al momento considerata una priorità dalle alte sfere dell'amministrazione. I democratici hanno frattanto replicato, sostenendo che le rivelazioni del Post nascerebbero da una manovra di disinformazione russa, approntata per danneggiare Biden. Una tesi che è stata tuttavia sconfessata non soltanto dal Director of National Intelligence John Ratcliffe, ma -stando quanto riferito ieri- anche dallo stesso Fbi. Sulla stessa linea si è tra l'altro collocato nelle scorse ore il Dipartimento di Giustizia. In tutto questo, secondo l'avvocato di Trump ed ex sindaco di New York Rudy Giuliani, il laptop di Hunter conterrebbe prove di possibile maltrattamento di minori. In tal senso, lo stesso Giuliani ha presentato di recente una denuncia presso il dipartimento di polizia di Wilmington (in Delaware). Particolarmente irritata la reazione dell'ex vicepresidente, che ieri ha definito Giuliani uno «sgherro di Trump», non risparmiando critiche neppure al senatore repubblicano, Ron Johnson, che ha accusato Biden di conflitto di interessi. In questo quadro, un recentissimo sondaggio, condotto da Washington Examiner e YouGov, ha rilevato che secondo il 41% degli elettori registrati Biden sarebbe stato onesto sulle attività estere di suo figlio, mentre il 45% dei rispondenti si è espresso in modo opposto. È tra l'altro altamente probabile che la questione possa irrompere nel dibattito televisivo che stasera vedrà contrapposti i due candidati presidenziali a Nashville. In tutto ciò, The Hill ha comunque riferito che alcuni senatori repubblicani stiano esortando il presidente a concentrarsi maggiormente sulle questioni programmatiche, anziché sugli attacchi alla famiglia Biden. Nel frattempo, il New York Times ha rivelato nelle scorse ore che l'inquilino della Casa Bianca abbia un conto corrente in Cina e che, tra il 2013 e il 2015, avrebbe pagato nella Repubblica Popolare quasi 190.000 dollari di tasse. Non si profilano al momento scenari di illegalità ma, si fa notare, la faccenda risulterebbe politicamente in contraddizione con le istanze dure che il presidente sta attualmente tenendo verso il dragone. Certo è che, in termini di rapporti opachi con la Cina, anche Biden non si fa mancare nulla. Non solo il viaggio ufficiale del 2013 da vicepresidente nella Repubblica Popolare, quando si portò dietro suo figlio. Ma anche le recenti rivelazioni del New York Post, secondo cui Hunter avrebbe cercato di concludere danarose intese con l'azienda cinese Cefc e avrebbe intrattenuto contatti con il suo presidente Ye Janming: controversa figura accusata di corruzione e, secondo il Financial Times, avente stretti legami con l'esercito della Repubblica Popolare. La campagna elettorale si fa intanto sempre più serrata, con Barack Obama che ieri è sceso in campo per Biden in Pennsylvania.