2018-07-15
Il processo a Silvana De Mari riguarda la libertà di tutti
Il 18 luglio la nostra collaboratrice e dottoressa a giudizio per avere detto che un rapporto anale può causare malattie.Leggi le carte del processo cliccando quiChicco non può dire che bisogna fare più figli. La Barilla non può mettere la pastasciutta sul tavolo di una famiglia tradizionale. L'uomo non si può chiamare più uomo. Mamma e papà sono due parole da Mesozoico. Fiocco azzurro e fiocco rosa sono stati banditi. Cenerentola e il Principe Azzurro messi fuori legge. E perciò arrivati a questo punto, può apparire quasi normale che un medico finisca davanti a un tribunale per avere detto che i rapporti anali possono causare malattie. Invece, scusateci, normale non lo è affatto. E dunque noi nei prossimi giorni faremo un gran casino. Come al solito, probabilmente, saremo soli. Ma siamo sicuri che voi lettori ci seguirete per tentare di scongiurare quest'ultima follia.Il 18 luglio, infatti, viene processata al tribunale di Torino la nostra collaboratrice, Silvana De Mari, medico e scrittrice, una carriera lunga 40 anni, autrice di libri di straordinario successo, di conferenze, relazioni e insegnamenti. Adesso è finita nel mirino delle organizzazioni Lgbt, in particolare il Torino Pride, per avere detto, per l'appunto, che i rapporti anali possono causare malattie. Il movimento lesbogay si è sentito offeso e ha presentato querela per diffamazione. Il pm ha chiesto l'archiviazione, ma Torino Pride ha fatto opposizione. E così mercoledì se ne occuperà il giudice.Il processo, capirete, a questo punto diventa un passaggio fondamentale non solo per lei ma anche per noi. Per capire quanto l'omologazione del pensiero dominante pro gay stia minando le nostre libertà. Se si vieta, infatti, di pronunciarsi contro i rapporti omosessuali, il prossimo passo quale sarà? La censura della Bibbia? Ci verranno a incollare le pagine di Sodoma e Gomorra? Taglieranno con le forbici le lettere di san Paolo?Un conto, infatti, è garantire la libertà di ciascuno di fare quello che crede, soprattutto nel suo letto. Un altro conto è impedire a chicchessia di dire che un certo comportamento non è condivisibile. Anche se lo dice con parole forti, come ha fatto la professoressa De Mari. Altrimenti, avanti su questa china, tra un po' diventerà obbligatoria l'educazione omosessuale nelle scuole (a Bologna ci sono già andati assai vicini, come sapete). E poi diventerà obbligatoria la pratica omosessuale: chi non diventa gay almeno una volta all'anno, verrà immediatamente processato come omofobo. Ma che razza di folle mondo stiamo costruendo?Fra l'altro, nel caso della De Mari, c'è un elemento in più. Lei è una dottoressa. Si è occupata per una vita di omosessuali. E, come ha più volte spiegato, i suoi erano prima di tutto dei consigli medici. Per questo la difesa, pubblicata sul suo blog, verte soprattutto su dati scientifici, con la spiegazione precisa del perché e del percome le pratiche anali possono realmente causare malattie. Chi vuole, ovviamente, può leggersele. Io non ho competenze sufficienti per addentrarmi nel meandro oscuro di herpes simplex ano rettali, gonorree, amebiasi, sepsi ano rettali e verruche anali. Anzi, il solo citarle mi fa un po' male.Ma non posso fare a meno di domandarmi: come si fa a portare in tribunale un medico che dice che una certa pratica fa male? La si può contestare, eventualmente. La si può mettere in discussione sul piano scientifico. La si può invitare a un convegno, a un dibattito, a un simposio internazionale. Ma denunciare? Si può denunciare? È un po' come se gli obesi, a un certo punto, decidessero di portare in tribunale tutti i dietologi che dicono di non rimpinzarsi di cheeseburger e amatriciane. O come se i calvi chiedessero la condanna per diffamazione di tutti i medici tricologi che suggeriscono il trapianto dei capelli. «Se dici che non bisogna ingrassare discrimini i grassoni». Oppure: «Se dici che alla mattina è bello pettinarsi davanti allo specchio offendi i pelati». Ve lo immaginate?Per altro dicendo che «la cavità ano rettale non fa parte dell'apparato sessuale» e che, dunque, chi la usa in modo improprio lo fa a suo rischio e pericolo, Silvana De Mari non fa altro che ripetere una semplice e banale verità. Ma, si sa, questi sono tempi in cui la verità diventa pericolosa. Siamo ormai arrivati, l'abbiamo detto tante volte, al punto immaginato da Chesterton: il punto in cui anche dire che il prato è verde e il cielo è azzurro è diventato un atto rivoluzionario. Siamo talmente abituati al gaiamente corretto che non solo un'opinione, non solo un credo religioso, ma ancor di più: persino un parere medico, diventa immediatamente una diffamazione, se prima non ha ricevuto l'apposita bollinatura Lgbt.A qualcuno tutto ciò potrà sembrare normale. A noi no. Perciò ci schieriamo. Sappiamo che ci sono già mobilitazioni #IoStoConSilvanaDeMari, sappiamo che ci sono tante persone che la sostengono. E noi vorremmo metterci lì, al suo fianco. Accanto a lei. In tribunale. Con la forza del buon senso. Con la forza della libertà. Con la forza, soprattutto, della Verità. Perché bisogna porre un freno all'egemonia strapotente del Minculpop Lgbt. Altrimenti, dopo averci impedito di dire che la sodomia può far male, vedrete che poi la imporranno come un obbligo per tutti. E allora noi, almeno in modo metaforico, ma non per questo meno doloroso, ce l'avremo davvero in quel posto.
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Piergiorgio Odifreddi (Getty Images)