
Proteste dei fedeli dopo la messa prefestiva. Il sacerdote: «Ho solo citato Bergoglio».In Valle d'Aosta la Chiesa è già in campagna elettorale. A Cervinia, al termine della messa prefestiva di sabato scorso, il prete ha pensato bene di fare una tirata contro il sovranismo «che cerca i pieni poteri come Hitler». I nomi di Matteo Salvini e Giorgia Meloni non sono risuonati nella casa di Dio, ma chi aveva orecchi per intendere ha inteso. Ampio brusio di fronte all'azzardato accostamento e dopo, sul sagrato, molti fedeli sono andati a protestare garbatamente con il parroco, il quale si è fatto scudo con l'intervista di papa Francesco, in cui si esprimevano concetti simili. Peccato che un conto è parlare a un quotidiano, un conto è straparlare dall'altare. Il vangelo domenicale non conteneva passi che potessero risvegliare più di tanto la coscienza democratica del parroco. Si trattava di un passo di Luca (12, 32-48) in cui Gesù raccomanda di stare svegli nell'attesa del Signore. Ma forse un versetto che ha fatto da detonatore per il sacerdote c'era: «Se il padrone di casa sapesse a che ora viene il ladro non si lascerebbe scassinare la casa». Obiettivamente, ci poteva anche scappare una meditazione sul decreto Sicurezza, ma il parroco ha aspettato la benedizione finale e l'ha presa alta: «Coloro che vogliono il sovranismo chiedono i pieni poteri come Hitler». Metà chiesa, come raccontano alla Verità due persone che erano presenti, ha mormorato stupita, sia per il luogo sia per l'accostamento al Führer. E quando il parroco è sceso a salutare i fedeli, molti si sono lamentati, sentendosi rispondere: «Ma che ho detto di strano? L'ha sostenuto anche Francesco». In effetti, Bergoglio in questi giorni ha dichiarato alla Stampa: «Questo tipo di pensiero (dei sovranisti, ndr) mi fa paura. I loro discorsi sono simili a quelli che Hitler faceva negli anni Trenta». Un paio di parrocchiani, sentita questa aggiunta, hanno però gelato il parroco: «Ma guardi che metà Chiesa cattolica non si riconosce in questi giudizi politici da teologia della liberazione». Insomma, dal punto di vista pastorale, l'incursione in politica è stato un mezzo disastro. Un tempo, nei seminari vescovili, insegnavano la prudenza come virtù cardinale. Oggi forse non è più così visto che lo stesso celebrante, il giorno dopo, ha turbato di nuovo i fedeli facendo i complimenti «agli scout islamici». Il leader della Lega resta comunque il nemico numero uno del clero. Ormai non passa mese senza che un parroco sbrocchi contro Salvini. Tra i più virulenti, l'attacco di don Claudio Miglioranza, che dicendo messa alla Pieve di Castelfranco (Treviso), poco prima di Natale, accusò il ministro dell'Interno di «fomentare l'odio e il razzismo». E l'estate scorsa a Martinsicuro, nel Teramano, il parroco don Federico Pompei, citò il capo del Carroccio, sostenendo che portava avanti una politica sbagliata: «Da cristiani bisogna accogliere». Quasi ovvio il riferimento evangelico ai doveri verso i poveri, ma forse non è davvero necessario additare Salvini dall'altare. I cattolici adulti hanno anche diritto di farlo, o non farlo, da soli.
Johann Chapoutot (Wikimedia)
Col saggio «Gli irresponsabili», Johann Chapoutot rilegge l’ascesa del nazismo senza gli occhiali dell’ideologia. E mostra tra l’altro come socialdemocratici e comunisti appoggiarono il futuro Führer per mettere in crisi la Repubblica di Weimar.
«Quella di Weimar è una storia così viva che resuscita i morti e continua a porre interrogativi alla Germania e, al di là della Germania, a tutte le democrazie che, di fronte al periodo 1932-1933, a von Papen e Hitler, ma anche a Schleicher, Hindenburg, Hugenberg e Thyssen, si sono trovate a misurare la propria finitudine. Se la Grande Guerra ha insegnato alle civiltà che sono mortali, la fine della Repubblica di Weimar ha dimostrato che la democrazia è caduca».
(Guardia di Finanza)
I finanzieri del Comando Provinciale di Palermo, grazie a una capillare attività investigativa nel settore della lotta alla contraffazione hanno sequestrato oltre 10.000 peluches (di cui 3.000 presso un negozio di giocattoli all’interno di un noto centro commerciale palermitano).
I peluches, originariamente disegnati da un artista di Hong Kong e venduti in tutto il mondo dal colosso nella produzione e vendita di giocattoli Pop Mart, sono diventati in poco tempo un vero trend, che ha generato una corsa frenetica all’acquisto dopo essere stati indossati sui social da star internazionali della musica e del cinema.
In particolare, i Baschi Verdi del Gruppo Pronto Impiego, attraverso un’analisi sulla distribuzione e vendita di giocattoli a Palermo nonché in virtù del costante monitoraggio dei profili social creati dagli operatori del settore, hanno individuato sette esercizi commerciali che disponevano anche degli iconici Labubu, focalizzando l’attenzione soprattutto sul prezzo di vendita, considerando che gli originali, a seconda della tipologia e della dimensione vengono venduti con un prezzo di partenza di circa 35 euro fino ad arrivare a diverse migliaia di euro per i pezzi meno diffusi o a tiratura limitata.
A seguito dei preliminari sopralluoghi effettuati all’interno dei negozi di giocattoli individuati, i finanzieri ne hanno selezionati sette, i quali, per prezzi praticati, fattura e packaging dei prodotti destavano particolari sospetti circa la loro originalità e provenienza.
I controlli eseguiti presso i sette esercizi commerciali hanno fatto emergere come nella quasi totalità dei casi i Labubu fossero imitazioni perfette degli originali, realizzati con materiali di qualità inferiore ma riprodotti con una cura tale da rendere difficile per un comune acquirente distinguere gli esemplari autentici da quelli falsi. I prodotti, acquistati senza fattura da canali non ufficiali o da piattaforme e-commerce, perlopiù facenti parte della grande distribuzione, venivano venduti a prezzi di poco inferiori a quelli praticati per gli originali e riportavano loghi, colori e confezioni del tutto simili a questi ultimi, spesso corredati da etichette e codici identificativi non conformi o totalmente falsificati.
Questi elementi, oltre al fatto che in alcuni casi i negozi che li ponevano in vendita fossero specializzati in giocattoli originali di ogni tipo e delle più note marche, potevano indurre il potenziale acquirente a pensare che si trattasse di prodotti originali venduti a prezzi concorrenziali.
In particolare, in un caso, l’intervento dei Baschi Verdi è stato effettuato in un negozio di giocattoli appartenente a una nota catena di distribuzione all’interno di un centro commerciale cittadino. Proprio in questo negozio è stato rinvenuto il maggior numero di pupazzetti falsi, ben 3.000 tra esercizio e magazzino, dove sono stati trovati molti cartoni pieni sia di Labubu imbustati che di scatole per il confezionamento, segno evidente che gli addetti al negozio provvedevano anche a creare i pacchetti sorpresa, diventati molto popolari proprio grazie alla loro distribuzione tramite blind box, ossia scatole a sorpresa, che hanno creato una vera e propria dipendenza dall’acquisto per i collezionisti di tutto il mondo. Tra gli esemplari sequestrati anche alcune copie più piccole di un modello, in teoria introvabile, venduto nel mese di giugno a un’asta di Pechino per 130.000 euro.
Soprattutto in questo caso la collocazione all’interno di un punto vendita regolare e inserito in un contesto commerciale di fiducia, unita alla cura nella realizzazione delle confezioni, avrebbe potuto facilmente indurre in errore i consumatori convinti di acquistare un prodotto ufficiale.
I sette titolari degli esercizi commerciali ispezionati e destinatari dei sequestri degli oltre 10.000 Labubu falsi che, se immessi sul mercato avrebbero potuto fruttare oltre 500.000 euro, sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria per vendita di prodotti recanti marchi contraffatti.
L’attività s’inquadra nel quotidiano contrasto delle Fiamme Gialle al dilagante fenomeno della contraffazione a tutela dei consumatori e delle aziende che si collocano sul mercato in maniera corretta e che, solo nell’ultimo anno, ha portato i Baschi Verdi del Gruppo P.I. di Palermo a denunciare 37 titolari di esercizi commerciali e a sequestrare oltre 500.000 articoli contraffatti, tra pelletteria, capi d’abbigliamento e profumi recanti marchi delle più note griffe italiane e internazionali.
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Stefano Arcifa
Parla il neopresidente dell’Aero Club d’Italia: «Il nostro Paese primeggia in deltaplano, aeromodellismo, paracadutismo e parapendio. Rivorrei i Giochi della gioventù dell’aria».
Per intervistare Stefano Arcifa, il nuovo presidente dell’Aero Club d’Italia (Aeci), bisogna «intercettarlo» come si fa con un velivolo che passa alto e veloce. Dalla sua ratifica da parte del governo, avvenuta alla fine dell’estate, è sempre in trasferta per restare vicino ai club, enti federati e aggregati, che riuniscono gli italiani che volano per passione.
Arcifa, che cos’è l’Aero Club d’Italia?
«È il più antico ente aeronautico italiano, il riferimento per l’aviazione sportiva e turistica italiana, al nostro interno abbracciamo tutte le anime di chi ha passione per ciò che vola, dall’aeromodellismo al paracadutismo, dagli ultraleggeri al parapendio e al deltaplano. Da noi si insegna l’arte del volo con un’attenzione particolare alla sicurezza e al rispetto delle regole».
Riccardo Molinari (Ansa)
Il capogruppo leghista alla Camera: «Stiamo preparando un pacchetto sicurezza bis: rafforzeremo la legittima difesa ed estenderemo la legge anti sgomberi anche alla seconda casa. I militari nelle strade vanno aumentati».
«Vi racconto le norme in arrivo sul comparto sicurezza, vogliamo la legittima difesa “rinforzata” e nuove regole contro le baby gang. L’esercito nelle strade? I soldati di presidio vanno aumentati, non ridotti. Landini? Non ha più argomenti: ridicolo scioperare sulla manovra».
Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera, la Cgil proclama l’ennesimo sciopero generale per il 12 dicembre.
«Non sanno più di cosa parlare. Esaurito il filone di Gaza dopo la firma della tregua, si sono gettati sulla manovra. Ma non ha senso».






