2020-12-12
Il presepe «laico» da 38.000 euro con i vip nella grotta imbarazza la Rai
Gigliola Cinquetti (Getty images)
I vertici dell'azienda hanno bloccato l'installazione dell'opera con Lucio Dalla e Gigliola Cinquetti al posto di Giuseppe e Maria. Il pacco di Natale non verrà mai aperto. Anche perché non è un regalo ma è costato 38.000 euro e qualcuno dovrà pure pagarlo. È il presepe della Rai che nessuno vedrà, imballato in uno scantinato di viale Mazzini a Roma nella speranza che la polvere del tempo lo copra e rimanga lì per sempre, simbolo del fanatismo politico che pervade l'azienda culturale più importante d'Italia. Ne ha parlato Striscia qualche giorno fa come se il cadeau abbandonato fosse un segno di sciatteria, invece è una scelta precisa per evitare incidenti diplomatici con i credenti e forse con la Chiesa.Dentro quegli scatoloni c'è un «presepe laico» (già di per sé una contraddizione in termini), un colpo di genio del dirigente Nicola Sinisi, manager di lungo corso, oggi responsabile del Canone e dei Beni artistici (gestisce l'immenso patrimonio), due funzioni evidentemente solo all'apparenza agli antipodi. Qualche tempo fa, forse colpito da un vaso di gerani mentre passeggiava nel quartiere della Vittoria, il dirigente ha pensato di rinnovare la metafora millenaria della natività e di proporla in chiave alternativa. Ma essendo già sfruttate la mangiatoia sul barcone e la statuina di Diego Maradona, ecco la trovata: Lucio Dalla al posto di San Giuseppe, Gigliola Cinquetti al posto della Madonna, Luciano Pavarotti invece del re magio Gaspare. Le scatole con i bue, l'asinello e gli altri magi non sono state aperte per decenza.Sinisi era convinto che una simile trovata avrebbe bucato lo schermo e suscitato l'attenzione planetaria, invece ha ottenuto l'unico risultato di raggelare l'ambiente. Lui riteneva che i gradi e le ascendenze politiche potessero tutto. Rigorosamente piddino, molto legato a Dario Franceschini, sodale della consigliera d'amministrazione Rita Borioni, in ottimi rapporti con il direttore generale Alberto Matassino (anch'egli emanazione dem), si sentiva in una botte di ferro. Così ha commissionato il curioso manufatto a Marco Lodola, rockstar italiana dell'arte, ha pattuito il compenso sotto i 40.000 euro per non essere costretto a ricorrere a una gara pubblica e si apprestava a vivere il suo simpatico Natale dadaista. Consapevole che Lucio Dalla cantava «Ancora adesso che gioco a carte e bevo vino/ per la gente del porto mi chiamo Gesù Bambino». Ma del tutto ignaro di una delle massime più alte di Arrigo Sacchi: «Non bisogna perdere mai di vista la differenza fra conoscenza e conoscenze».Qualcosa è andato storto. Quando il presepe è stato consegnato qualcuno ha avvertito l'ad Fabrizio Salini, subito molto perplesso. Altri dirigenti sembra abbiano mostrato contrarietà, fra i quali il presidente Marcello Foa, in questa fase particolarmente turbolenta considerato da tutti la figura di garanzia istituzionale dell'azienda. La firma di Salini alla spesa non è mai arrivata e il presepe è rimasto negli scatoloni sostanzialmente per tre motivi: 1) avrebbe offeso senza alcun motivo i credenti suscitando indignazione e polemiche, 2) l'azienda pubblica non ha ritenuto di dover spendere 38.000 euro per un'installazione artistica fuori contesto, 3) la collocazione di Viale Mazzini, dove oggi lavora meno del 20% dei dipendenti, sembrava paradossale. Sinisi non è un uomo che si arrende facilmente. Sessantacinque anni, a uno dalla pensione, fondatore una vita fa dell'emittente radiofonica Coop Radio Informazione, promoter di concerti per l'Arci, ex assessore alla Cultura del comune di Bologna, vicepresidente della commissione italiana Unesco, manager di Conad, direttore di RadioRai e poi di Rai Canone, è il classico centrocampista di sistema della squadra gauchiste. Gran fumatore, solido e camaleontico, il dirigente è un simbolo come tanti della Rai granitica e fedele alla linea rossa, l'opposto vivente della parola «scaravoltone» usata troppo spesso dall'ex presidente Monica Maggioni per definire una rivoluzione impossibile. E che anche lei si guardava bene dal tentare. Da direttore di Rai Canone, Sinisi è noto per avere inventato il concorso che premia cinque abbonati con la partecipazione alla Barcolana di Trieste e al Festival di Sanremo. Un'idea d'altri tempi, oggi del tutto velleitaria perché il canone si paga in bolletta e non servono incentivi per fidelizzare l'utente. Ecco, lui non poteva finire imballato con le statuine di Dalla e della Cinquetti. Così la faccenda è diventata di dominio pubblico. Mentre Salini non firmava la bolla e faceva parcheggiare anche Pavarotti nel seminterrato, il GR1 annunciava l'avvenuta installazione dell'opera: «Alcuni artisti stamattina erano collegati da lontano per accendere assieme al presepe un segnale di speranza alla fine di un anno difficile». Lo stesso Lodola ha contribuito a rendere la vicenda stupendamente surreale. «Dovevamo installare l'opera ma siamo stati bloccati e non so il vero motivo. Non mi è mai capitato: ho anche sentito l'annuncio alla radio ma il presepe non c'è». Il nervosismo dell'artista è comprendibile, fra le righe si legge la domanda più culturalmente impegnativa: chi paga? Sinisi non raccoglie ma con lo stipendio di 240.000 euro l'anno non dovrebbe avere problemi. Nel dubbio, dai piani alti di viale Mazzini arriva fino a noi un dolce refrain: «Il presepe laico se lo paghi lui».
Papa Leone XIV (Getty Images)
Sergio Mattarella con la mamma di Willy Monteiro Duarte (Ansa)
Duilio Poggiolini (Getty Images)
L'amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)