2020-02-14
Il posto più chic dove nascondere ogni vergogna
Dal moccio dei re al disagio di Marilyn Monroe, nel fazzoletto finisce il peggio di tutti noi. Ma c'è chi ci ha trovato perfino l'amore.Gli ambientalisti sostengono che i fazzoletti di carta siano la causa della distruzione della foresta boreale. Il ministero della Salute li promuove per evitare il contagio del coronavirus. Gli abitanti di Hong Kong ne stanno facendo incetta nei supermercati, assieme ad altri beni di prima necessità come la carta igienica, per timore che la stretta sull'export cinese li lasci a secco. Perché il fazzoletto, che sia di carta o di stoffa, lo si usa per tutto. Pulisce bocca e occhiali, asciuga lacrime e sudore, lo si sventola per dire addio o per arrendersi, lo si espone nel taschino per darsi un tono, lo si fa cadere per sedurre, ma soprattutto serve per soffiarci il naso. Probabilmente inventato dagli Egizi, nella Roma antica i fazzoletti - all'epoca sudarium per asciugare il sudore e orarium per pulirsi la bocca - erano appannaggio esclusivo dei ricchi. Ai poveri non restava che tamponarsi la fronte o soffiarsi il naso con il lembo della tunica. Durante il Medioevo il fazzoletto sparì come il resto della biancheria. Tuttavia sembra che la prima menzione nella lingua inglese sia del 1384, quando re Riccardo II lo usava per «purgarsi il naso». È a lui che viene attribuita l'invenzione del fazzoletto da taschino che andrà poi di moda durante il Rinascimento.Sono 52 i modi differenti di piegare il fazzoletto per porlo nel taschino della giacca. Marco Belpoliti: «I più usati sono: la piega presidenziale, semplice, rettangolare; la piega a punta, con varie soluzioni; la piega a sbuffo, briosa. Le varianti sono tante e fantasiose».Nel 1600 e nel 1800 il fazzoletto, ricamato, in filati sempre più pregiati, veniva sbandierato come simbolo di eleganza. Nel 1700 e nel 1900 lo si usava con discrezione solo per soffiarsi il naso. Scrive Irene Brin nel suo dizionario: «Tirate fuori di tasca il fazzoletto, che spero immacolato (bisogna averne sempre uno pulito, il che equivale non solo a cambiarlo ogni giorno, ma a tenerne anche di riserva in qualche tasca o, per le donne, in altro scomparto della borsa). Non sparite sotto il tavolo, non voltatevi, non divincolatevi. Ma nemmeno guardate ansiosamente, nel fazzoletto, i risultati dell'operazione. E, una volta riposto il fazzoletto, non toccatevi più il naso, e particolarmente non toccatevelo con le dita nude, che poi offrirete altrui, nella stretta del congedo».Clamoroso il servizio del comico Mekki Leeper che per il suo show su Comedy central si finse imprenditore della Vævtissue, una start up danese con sede a Los Angeles, che vendeva fazzoletti usati per 70 euro. Fazzoletti pieni di moccio che promettevano di rafforzare le difese immunitarie. In una settimana Leeper ha confezionato un packaging convincente con un logo elegante, creato un sito Internet, profili sui social, girato una pubblicità e ovviamente ha informato la stampa. La (falsa) notizia, lanciata con un'intervista dal Time - che però si chiedeva se fosse tutto vero -, è stata ripresa da mezzo mondo. Anche perché chiunque provava ad acquistarli online si trovava davanti la scritta «Sold out». Solo qualche mese dopo, quando andò in onda lo show, si seppe che era una bufala. Il fazzoletto di carta fu creato nel 1800 in Giappone. Proprio lì dove soffiarsi il naso è considerato un gesto di maleducazione. I giapponesi lo trovano antigienico e preferiscono tirar su il moccio piuttosto che liberarsene in un morbido panno di stoffa o di carta. Il primo fazzoletto usa e getta ad essere commercializzato fu il Kleenex. Venne lanciato nel 1924 dalla Kimberly-Clark per struccare il viso delle signore ma col tempo diventò multiuso. In Europa il suo uso si diffuse grazie all'imprenditore ebreo Oskar Rosenfelder, che nel 1929 creò il Tempo. In Italia arrivò nel 1960 e già l'anno successivo era usato da 700.000 famiglie. Oggi il consumo pro capite di fazzoletti, carta igienica, asciugatutto e tovaglioli è di nove chilogrammi all'anno.Dopo che la testa di Luigi XVI fu mozzata dalla ghigliottina, molti cittadini presenti all'esecuzione intinsero il loro fazzoletto nel sangue del monarca come macabro souvenir. Uno di questi, conservato in una zucca, è stato consegnato ai ricercatori dell'Università di Bologna, perché analizzassero i residui di una sostanza di colore scuro depositata sul fondo. Analisi che hanno stabilito che la polvere rinvenuta è ciò che resta del sangue del re decapitato il 21 gennaio del 1793. Luigi XIV il 4 ottobre 1658, nella Sala delle guardie del Louvre, assisté alla rappresentazione de Le docteur amoureux di Molière. Rise fino alle lacrime, tanto da doversi asciugare gli occhi con un fazzoletto: «Ma da dove viene questo qui? Chi è? E tutti gli altri? Sono più bravi degli attori italiani! Gli scherzi di questo Molière sono impagabili».Paola Levi, sorella di Natalia Ginzburg e prima moglie di Adriano Olivetti, raccontava che Carlo Emilio Gadda per timore di sporcarle i cuscini del divano ci metteva un fazzoletto pulito perché temeva di avere i capelli unti. Marilyn Monroe, in segno di vergogna, ne accostò uno al viso prima di ammettere che si fece fotografare nuda per 50 dollari: quegli scatti le servivano «per riprendere l'auto pignorata». Il cornettista jazz Freddie Keppard lo usava per coprire la sua mano mentre suonava per evitare che qualcuno potesse appropriarsi della sua arte.Il soprannome di Adriano Celentano da bambino era magna marìsc, «mangiamoccio». Pare avesse difficoltà ad usare il fazzoletto.«Il N°5, Chanel non sapeva come chiamarlo. A rue Cambon erano arrivate parecchie essenze da scegliere. Coco chiamò uno dei suoi grandi amici russi e gli chiese: “Aiutami a scegliere [...] ci sono dieci fazzoletti [...] versa una goccia di campioni di profumo su ogni fazzoletto, e quando l'alcol è evaporato fammelo sapere". Così fece. Quindi Coco prese a turno ogni fazzoletto. Il primo: “C'est impossible!". Il secondo: “Orrible!". Il terzo: “Pas encore". Il quarto “Non". Poi all'improvviso: “Ça va, ça va!"» (Diana Vreeland nella sua autobiografia). Franco Zeffirelli dopo aver recitato il monologo di Macduff, dal Macbeth, ricevette un buffetto di incoraggiamento da Luchino Visconti. Zeffirelli sfilò dal taschino il fazzoletto imbevuto di un profumo intenso. «Hammam Bouquet, lo fanno in Inghilterra, ti piace? Te ne manderò una bottiglia». Ricordava Zeffirelli: «Passò il fazzoletto sotto le narici, col gesto di un innamorato. Sentii che gli avrebbe dato piacere restare a parlare con me. Ma mi disse soltanto: “Un giorno mi racconterai la tua storia". E si avviò. Sulla porta si voltò di nuovo. “Ti farò sapere; lascia il tuo indirizzo". E scomparve».Tattica di seduzione secondo Desmond Morris: «In Inghilterra una vecchia credenza popolare dice che se un giovane vuol sedurre una ragazza al ballo, prima di cominciare a ballare deve mettersi un fazzoletto pulito sotto un'ascella, dentro la camicia. In seguito deve prendere il fazzoletto e usarlo per ventilarsi dicendo di avere caldo. In tal modo egli diffonde il suo odore apocrino verso la ragazza, che ne viene subito sedotta».Il primo bacio di Andrea Camilleri fu a 14 anni con una compagna di classe ad Agrigento: «Mi sporcai di rossetto e col fazzoletto mi pulii. Mio padre mi venne a prendere per riportarmi al paese e mi vide un po' stravolto. Siccome avevo con lui una confidenza straordinaria, glielo raccontai e, con orgoglio virile, gli dissi, da uomo a uomo: “Guarda il fazzoletto". “Madonna", mi rispose, “se tua madre ti scopre con un fazzoletto sporco di rossetto fa il diavolo a quattro. Dàllo a me: a me non dice niente". E se lo mise in tasca». Ancora meglio andò a Cesare Zavattini che trovò moglie grazie a un fazzoletto: «Mi rifugiai sotto un portone, dalla casa di fronte venivano le note di un valzer, la pioggia cessò e al balcone di quella casa apparve una giovanetta bruna vestita di giallo. Non la vedevo bene lassù, non avrei potuto dire, “le sue narici rosa", ma m'innamorai […]. Alla fanciulla cadde dal balcone un fazzoletto, corsi a raccoglierlo e via dentro il portone su per le scale. Al sommo delle quali aspettava la fanciulla: “Grazie", disse. “Come ti chiami?", domandai ansimando. “Anna", rispose e sparì. Le scrissi una lettera che non ho mai più scritto nella vita, dopo un anno era mia moglie. Siamo felici, ci viene spesso a trovare Maria, la sorella di Anna, si amano e si somigliano anche nel volto. Un giorno, si parlò di quel pomeriggio d'estate, come Anna e io ci eravamo conosciuti. “Ero al balcone", raccontò Maria, “a un tratto mi cadde il fazzoletto. Anna suonava il piano. Le dissi: 'Mi è caduto il fazzoletto, uno sta riportandolo'. Essa, meno timida di me, ti venne incontro e vi conosceste, lo ricordo come fosse ieri, avevamo entrambe il vestito giallo"».«Un fazzoletto che cade può essere per il poeta la leva con la quale solleverà tutto l'universo» (Guillaume Apollinaire).
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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